Le convulse vicende che scuotono i mercati finanziari, con epicentro in Grecia, scuotono ora tutta l'Europa.
Il legame sempre più instanteo e globalizzato del sistema capitalista-imperialista mostra tutta la sua portata nel termometro centrale di borse e mercati finanziari.
Speculatori... si certo ma come punta di iceberg di un insieme grande e fragile nello stesso tempo.
E' la crisi...bellezza!
C'è tempo per l'analisi dettagliata che nel generale colga il particolare.
Ora bisogna cogliere il senso e gli effetti immediati.
Quello che decidono nei vertici di emergenza sono sostegni alle banche e al capitale e scaricamento sui proletari e masse popolari, attraverso manovre correttive e provvedimenti di emergenza centrati fondamentalmente sul taglio della spesa pubblica, quella sociale - sanità prima di tutto - e quella in salari, stipendi, pensioni prima di tutto, con effetti recessivi quindi ancora licenziamenti e taglio del precariato nel pubblico prima di tutto.
Ordine pubblico, militare, nucleare non si toccano, anzi ..., così come sono fuori gioco per Governi di centro destra come di centrosinistra e padroni, tasse ai ricchi, politiche antievasione fiscale, taglio del costo della politica corrotta ecc.
Bene... procedete....avanti verso la esportazione della 'tragedia greca'.
Noi siamo per l'approfondimento della crisi, per lo scontro sociale, bisogna
costruire nella crisi lotte, sindacalismo di classe, opposizione sociale, ma ancor più partito proletario rivoluzionario, per difendersi e attaccare, per puntare al cambiamento e al rivolgimento necessario di parte proletaria e popolare.
Nella dichiarazione congiunta del 1 maggio sottoscritta da proletari comunisti-PCm Italia e per ora dai comunisti marxisti-leninisti-maoisti francesi,canadesi,turchi indiani-naxalbari si scrive:
"Sempre più per avanzare e rafforzarsi il movimento operaio e popolare ha bisogno di un'organizzazione rivoluzionaria e di una strategia rivoluzionaria per rovesciare la borghesia (e tutte le classi dominanti) e conquistare il potere.
Finchè il proletariato non sarà al potere, è illusorio pensare che la sua sorte possa migliorare!"
ecco appunto quello che volevamo dire e fare..facendo
proletari comunisti
8 maggio 2010
sabato 8 maggio 2010
pc quotid 8 maggio Filippine, la guerriglia maoista in azione
I guerriglieri maoisti del Nuovo Esercito del Popolo, NPA, diretto dal Partito Comunista delle Filippine hanno 'arrestato' il candidato sindaco Roberto Luna ed altri 3 suoi collaboratori a Lingig, nella provincia di Suringao a quattro giorni dalle elezioni.
L'azione ha portato anche al recupero di armi dalla polizia che lo scortava.
Luna è stato arrestato perchè accusato di appropriazione di terre e corruzione dal tribunale del popolo della zona controllata dal Governo rivoluzionario.Luna è anche indagato per gli assassini del precedente sindaco nonche per altri crimini anche dai tribunali ufficiali per ricatto, falsificazione di atti ufficiali e corruzione
pc quotid 8 maggio Nepal. Prachanda sospende lo sciopero
Dopo la grandiosa manifestazione di 500.000 persone del 1 maggio, e' cominciato dal 2 maggio lo sciopero generale indetto dai maoisti nepalesi per costringere il governo illegittimo, sostenuto da tutti i partiti reazioneari, dall'India e dall'imperialismo, a rispettare gli impegni di varare la nuova Costituzione entro il termine del 28 maggio. Lo sciopero ha paralizzato in maniera estesa il paese, vi sono stati diversi scontri a Katmandù e in altre città del Nepal.
Governo e stampa reazionaria hanno aizzato settori della popolazione contro lo sciopero, prendendo a pretesto i disagi che ne sono venuti in materia di approvvigionamenti, trasporti ecc.
Nella giornata di ieri Prachanda leader del PCU maoista ha annunciato la sospensione dello sciopero, confermando le manifestazioni per oggi e domani, così come il proseguimento del movimento di massa dell'attuale fase.
La posizione dei maoisti italiani, rappresentati da Proletari Comunisti-PCm italia
sulla situazione in Nepal in questa fase è stata espressa dalla Dichiarazione Congiunta sottoscritta per il Primo maggio, sottoscritta dai maoisti italiani, francesi, canadesi, turchi, indiani-naxalbari e che dice
...In Nepal la situazione evolve sempre più verso lo scontro tra il campo rivoluzionario (diretto dal Partito Comunista del Nepal Unificato maoista) e il campo reazionario.
Dopo 10 anni di guerra popolare e 4 anni di processo di pace il paese è ai limiti di un nuovo conflitto decisivo. Chi vincerà questo conflitto determinerà se sarà il campo del popolo o il campo della borghesia a dirigere il paese.
Vi è ugualmente il rischio di intervento straniero da parte dell'India sostenuta dagli USA.
Noi dobbiamo sostenere la rivoluzione in Nepal perchè essa si oppone all'imperialismo.....
In un meeting tenutosi il 13 marzo con i maoisti francesi, in contemporanea con un incontro promosso dai maoisti nepalesi con forze sostenitrici in Europa, è stato deciso e comunicato ai compagni nepalesi, solidarietà e impegno in una campagna di mobilitazione nazionale e internazionale il 28 maggio, ove gli eventi precipitassero.
Proletari Comunisti- PCm Italia sostiene la rivoluzione nepalese, sostiene i maoisti nel PCUmaoista del Nepal, ma non condivide le posizioni ideologiche-teoriche politiche attuali espresse da Prachanda.
proletari comunisti
8maggio2010
Governo e stampa reazionaria hanno aizzato settori della popolazione contro lo sciopero, prendendo a pretesto i disagi che ne sono venuti in materia di approvvigionamenti, trasporti ecc.
Nella giornata di ieri Prachanda leader del PCU maoista ha annunciato la sospensione dello sciopero, confermando le manifestazioni per oggi e domani, così come il proseguimento del movimento di massa dell'attuale fase.
La posizione dei maoisti italiani, rappresentati da Proletari Comunisti-PCm italia
sulla situazione in Nepal in questa fase è stata espressa dalla Dichiarazione Congiunta sottoscritta per il Primo maggio, sottoscritta dai maoisti italiani, francesi, canadesi, turchi, indiani-naxalbari e che dice
...In Nepal la situazione evolve sempre più verso lo scontro tra il campo rivoluzionario (diretto dal Partito Comunista del Nepal Unificato maoista) e il campo reazionario.
Dopo 10 anni di guerra popolare e 4 anni di processo di pace il paese è ai limiti di un nuovo conflitto decisivo. Chi vincerà questo conflitto determinerà se sarà il campo del popolo o il campo della borghesia a dirigere il paese.
Vi è ugualmente il rischio di intervento straniero da parte dell'India sostenuta dagli USA.
Noi dobbiamo sostenere la rivoluzione in Nepal perchè essa si oppone all'imperialismo.....
In un meeting tenutosi il 13 marzo con i maoisti francesi, in contemporanea con un incontro promosso dai maoisti nepalesi con forze sostenitrici in Europa, è stato deciso e comunicato ai compagni nepalesi, solidarietà e impegno in una campagna di mobilitazione nazionale e internazionale il 28 maggio, ove gli eventi precipitassero.
Proletari Comunisti- PCm Italia sostiene la rivoluzione nepalese, sostiene i maoisti nel PCUmaoista del Nepal, ma non condivide le posizioni ideologiche-teoriche politiche attuali espresse da Prachanda.
proletari comunisti
8maggio2010
pc quotidiano 8maggio PER LIBERARTI, TI REPRIMO!
Dopo i Sindaci di Varallo e Novara anche il Sindaco leghista, Claudio Corradino di Cossato nel Biellese, avvia la caccia alle donne che vestono il burqa. "Chi sarà sorpreso a muoversi a volto coperto sarà multato con una sanzione amministrativa che varia da 25 a 500 euro".
Alcuni,alcune anche da sinistra pensano che tutto sommato queste normative, come la legislazione in Belgio, in Francia, è una strada necessaria per combattare l'oppressione delle donne costrette dai loro uomini, dalla religione a dover nascondersi col burqa.
Andassero a chiederlo a quelle donne, se vogliono essere liberate da un'oppressione con un'altra oppressione/repressione!
Andassero a chiederlo alla donna che, dopo questa delibera del Sindaco, è stata chiusa in casa dal marito e se prima usciva coperta oggi non esce più!
Come mai tutta questa spinta di "libertà", di "emancipazione" da parte di sindaci che sono gli stessi che impediscono alle donne di decidere della propria maternità e del proprio corpo?
CHI HA PAURA DELLA RIBELLIONE DIRETTA DELLE DONNE, DELLE IMMIGRATE, con o senza burqa?
Come diceva una vignetta anni fa: "vengono a toglierci il burqa, ma almeno il corpo ce lo possiamo tenere?...".
MFPR.
Alcuni,alcune anche da sinistra pensano che tutto sommato queste normative, come la legislazione in Belgio, in Francia, è una strada necessaria per combattare l'oppressione delle donne costrette dai loro uomini, dalla religione a dover nascondersi col burqa.
Andassero a chiederlo a quelle donne, se vogliono essere liberate da un'oppressione con un'altra oppressione/repressione!
Andassero a chiederlo alla donna che, dopo questa delibera del Sindaco, è stata chiusa in casa dal marito e se prima usciva coperta oggi non esce più!
Come mai tutta questa spinta di "libertà", di "emancipazione" da parte di sindaci che sono gli stessi che impediscono alle donne di decidere della propria maternità e del proprio corpo?
CHI HA PAURA DELLA RIBELLIONE DIRETTA DELLE DONNE, DELLE IMMIGRATE, con o senza burqa?
Come diceva una vignetta anni fa: "vengono a toglierci il burqa, ma almeno il corpo ce lo possiamo tenere?...".
MFPR.
pc quotidiano 8 maggio CGIL, UN CONGRESSO ANTIOPERAIO
Prosegue il congresso della cgil caratterizzato da mani tese verso Confindustria, governo e Cisl e Uil; dalle blindature contro ogni dissenso - Epifani ha subito richiamato all’ordine la platea: vietato contestare!; ma soprattutto da una linea programmaticamente e organizzativamente antioperaia.
Il “piano straordinario triennale” sul lavoro, non risponde affatto all’emergenza lavoro che ogni giorno si fa più drammatica, con decine di migliaia di operai, lavoratori, lavoratrici che perdono il lavoro. Su questo nessun obiettivo, nessuna richiesta al padronato, alla presidente della Confindustria – come sarebbe normale per qualsiasi sindacato - affinché blocchino licenziamenti, cassintegrazione, riassumano gli operai messi fuori dai posti di lavoro, a fronte dell'aumento nelle fabbriche e nei vari posti di lavoro dei carichi e ritmi di lavoro di straordinari oltre ogni ragionevole limite, di condizioni di lavoro da supersfruttamento soprattutto per gli operai immigrati; a fronte di un uscita dalla crisi fatta tutta sulla pelle dei lavoratori e senza perdere un centesimo dei profitti capitalistici, ma anzi, in particolare per il grande padronato, trovando nella crisi un’opportunità per rilanciare i profitti imponendo condizioni peggiori e tagli al costo del lavoro.
Nel merito il “piano straordinario” consisterebbe in: stimoli fiscali agli investimenti in ricerca, innovazione e formazione - vale a dire, riduzione del carico fiscale alle imprese; allentamento del patto di stabilità degli Enti locali - una richiesta di via libera a opere infrastrutturali, che senza neanche dire quali, come, in una situazione in cui proprio in questi lavori sta uscendo fuori il marcio più pesante, è come fare dello spirito ad un funerale; sblocco del turn over nella pubblica amministrazione, nelle scuole, nelle università – di fatto una misera richiesta che oggettivamente contrasta con la richiesta di assunzione fatta dalle migliaia di precari che sono stati già stati tagliati nella scuola e università, con la necessità di numerose assunzioni nella sanità, e di internalizzazione dei precari che da anni vi lavorano, ecc.
Marcegaglia apprezza sulla riduzione del carico fiscale, sulle aperture verso il nuovo modello contrattuale, e verso contratti flessibili.
Ma è soprattutto sul piano organizzativo - dove la linea di Epifani sta decisamente vincendo (83%) al di là della burocratica, inutile opposizione interna - che il congresso della cgil dà un chiaro segnale che non tollererà più il dissenso. “la Cgil deve uscire dal congresso più unita di quanto vi è entrata”, ha dichiarato Epifani. Un segnale che è chiaramente un aut aut verso gli iscritti Fiom, verso i delegati di base, non tanto verso i vertici che più che rispondere con minacce impotenti “…continueremo la nostra battaglia” (Cremaschi) o con pietose richieste di “sottoporre ad una consultazione diffusa” (Podda) le aperture della Cgil al nuovo modello contrattuale, non fanno.
Il problema è più sostanziale. Nella Cgil la classe operaia non ha più diritto di voce, non parliamo di pesare, le sue rivendicazioni non devono avere possibilità di affermarsi.
Nessuno, che non abbia i paraocchi, che vuole vedere comunque la “sinistra” anche quando il socialfascismo avanza nel sindacato (vedi il Carc), può non rendersi conto che questo congresso della Cgil ha sancito anche visivamente la sua natura antioperaia. Le poche voci di delegati operai, comunque selezionati, sono mosche bianche in un congresso che ai nemici storici e attuali della classe operaia mette i tappeti d’oro e ai lavoratori mette la museruola.
Il “piano straordinario triennale” sul lavoro, non risponde affatto all’emergenza lavoro che ogni giorno si fa più drammatica, con decine di migliaia di operai, lavoratori, lavoratrici che perdono il lavoro. Su questo nessun obiettivo, nessuna richiesta al padronato, alla presidente della Confindustria – come sarebbe normale per qualsiasi sindacato - affinché blocchino licenziamenti, cassintegrazione, riassumano gli operai messi fuori dai posti di lavoro, a fronte dell'aumento nelle fabbriche e nei vari posti di lavoro dei carichi e ritmi di lavoro di straordinari oltre ogni ragionevole limite, di condizioni di lavoro da supersfruttamento soprattutto per gli operai immigrati; a fronte di un uscita dalla crisi fatta tutta sulla pelle dei lavoratori e senza perdere un centesimo dei profitti capitalistici, ma anzi, in particolare per il grande padronato, trovando nella crisi un’opportunità per rilanciare i profitti imponendo condizioni peggiori e tagli al costo del lavoro.
Nel merito il “piano straordinario” consisterebbe in: stimoli fiscali agli investimenti in ricerca, innovazione e formazione - vale a dire, riduzione del carico fiscale alle imprese; allentamento del patto di stabilità degli Enti locali - una richiesta di via libera a opere infrastrutturali, che senza neanche dire quali, come, in una situazione in cui proprio in questi lavori sta uscendo fuori il marcio più pesante, è come fare dello spirito ad un funerale; sblocco del turn over nella pubblica amministrazione, nelle scuole, nelle università – di fatto una misera richiesta che oggettivamente contrasta con la richiesta di assunzione fatta dalle migliaia di precari che sono stati già stati tagliati nella scuola e università, con la necessità di numerose assunzioni nella sanità, e di internalizzazione dei precari che da anni vi lavorano, ecc.
Marcegaglia apprezza sulla riduzione del carico fiscale, sulle aperture verso il nuovo modello contrattuale, e verso contratti flessibili.
Ma è soprattutto sul piano organizzativo - dove la linea di Epifani sta decisamente vincendo (83%) al di là della burocratica, inutile opposizione interna - che il congresso della cgil dà un chiaro segnale che non tollererà più il dissenso. “la Cgil deve uscire dal congresso più unita di quanto vi è entrata”, ha dichiarato Epifani. Un segnale che è chiaramente un aut aut verso gli iscritti Fiom, verso i delegati di base, non tanto verso i vertici che più che rispondere con minacce impotenti “…continueremo la nostra battaglia” (Cremaschi) o con pietose richieste di “sottoporre ad una consultazione diffusa” (Podda) le aperture della Cgil al nuovo modello contrattuale, non fanno.
Il problema è più sostanziale. Nella Cgil la classe operaia non ha più diritto di voce, non parliamo di pesare, le sue rivendicazioni non devono avere possibilità di affermarsi.
Nessuno, che non abbia i paraocchi, che vuole vedere comunque la “sinistra” anche quando il socialfascismo avanza nel sindacato (vedi il Carc), può non rendersi conto che questo congresso della Cgil ha sancito anche visivamente la sua natura antioperaia. Le poche voci di delegati operai, comunque selezionati, sono mosche bianche in un congresso che ai nemici storici e attuali della classe operaia mette i tappeti d’oro e ai lavoratori mette la museruola.
pcquotidiano 8 maggio - onore a Guler Zere
con tristezza, rebbia, odio contro il regime fascista turco, sostenuto dall'imperialismo USA,Italia apprendiamo dall'ASP la notizia che
Güler Zere è morta.
Güler Zere si è spenta oggi verso le 16:50 (ora turca) nel quartiere di Armutlu ad Istanbul, dopo aver combattuto a lungo contro un cancro alla bocca.
Prigioniera politica per 14 anni a causa della sua militanza nel movimento marxista DHKP-C (Partito-Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo), è morta per l’incuria delle Autorità penitenziarie e dell'Istituto di medicina legale che hanno l’hanno lasciata agonizzare in prigione, lentamente, sebbene sapessero che poteva essere liberata per motivi di salute.
L'anno scorso, dopo quattro mesi di una intensa campagna per la sua liberazione, l'opinione pubblica progressista turca ed internazionale aveva costretto le Autorità turche a liberarla.
Il 6 novembre 2009, Güler beneficierà infatti della grazia presidenziale proprio in virtù di queste pressioni democratiche.
Uscita da prigione, partecipò subito alle iniziative di solidarietà con i prigionieri malati organizzati ogni venerdì nella via Istiklal ad Istanbul.
Ma il mese scorso, il suo stato di salute si è improvvisamente deteriorato.
In una delle ultime lettere, scriveva tra l’altro: "mi hanno lasciato andare ormai prossima alla morte. Hanno usurpato il mio diritto alla vita concedendomi il diritto a morire fuori. Non lo dimenticherò.
E dire che ci sono ancora prigionieri malati."
Güler è morta all’età di 38 anni, il cuore pieno di amore e di speranza in un futuro migliore, circondata dei suoi amici e compagni.
7 maggio 2010
Fonte: Halkinsesi TV, Milliyet, NTV.
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Güler Zere è morta.
Güler Zere si è spenta oggi verso le 16:50 (ora turca) nel quartiere di Armutlu ad Istanbul, dopo aver combattuto a lungo contro un cancro alla bocca.
Prigioniera politica per 14 anni a causa della sua militanza nel movimento marxista DHKP-C (Partito-Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo), è morta per l’incuria delle Autorità penitenziarie e dell'Istituto di medicina legale che hanno l’hanno lasciata agonizzare in prigione, lentamente, sebbene sapessero che poteva essere liberata per motivi di salute.
L'anno scorso, dopo quattro mesi di una intensa campagna per la sua liberazione, l'opinione pubblica progressista turca ed internazionale aveva costretto le Autorità turche a liberarla.
Il 6 novembre 2009, Güler beneficierà infatti della grazia presidenziale proprio in virtù di queste pressioni democratiche.
Uscita da prigione, partecipò subito alle iniziative di solidarietà con i prigionieri malati organizzati ogni venerdì nella via Istiklal ad Istanbul.
Ma il mese scorso, il suo stato di salute si è improvvisamente deteriorato.
In una delle ultime lettere, scriveva tra l’altro: "mi hanno lasciato andare ormai prossima alla morte. Hanno usurpato il mio diritto alla vita concedendomi il diritto a morire fuori. Non lo dimenticherò.
E dire che ci sono ancora prigionieri malati."
Güler è morta all’età di 38 anni, il cuore pieno di amore e di speranza in un futuro migliore, circondata dei suoi amici e compagni.
7 maggio 2010
Fonte: Halkinsesi TV, Milliyet, NTV.
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venerdì 7 maggio 2010
pc quotid 7 maggio -manifestazione per la grecia a napoli
Un'iniziativa proposta e autoconvocata d'urgenza da una serie di compagni e compagne dei movimenti e dei sindacati di base napoletani si è tenuta oggi a napoli sotto il consolato greco
dalla convocazione
......Gli scioperi e la rivolta dei lavoratori e della popolazione greca contro il piano lacrime e sangue imposto dal capitale finanziario internazionale dimostra però a tutti che è possibile ribellarsi a chi vuole far pagare ai precari, ai disoccupati, agli studenti, ai lavoratori i costi di una "crisi" su cui si continua impunemente a speculare.
Quando anche i portuali del Pireo e i lavoratori del settore elettrico forzano i cordoni della polizia intorno al Parlamento che stava approvando il piano di "Austerity", dimostrano di aver capito perfettamente la posta in palio:
accettare i piani di deflazione economica, il blocco dei salari e la distruzione del welfare, significa stringersi da soli intorno al collo il cappio di chi continua a privatizzare i profitti e socializzare le perdite per remunerare la rendita e la speculazione.
I governi e le Istituzioni transnazionali che hanno allargato la spesa pubblica a dismisura per soccorrere le Banche in crisi di liquidità e di fiducia, ora assaltano il welfare greco (ed europeo in generale) per comprimere invece la spesa e garantire la solvibilità del debito pubblico nei confronti di quegli stessi capitali finanziari (che magari hanno usato i soldi statali per nuove operazioni speculative contro i paesi da cui li hanno ricevuti...).
Un meccanismo perverso in cui la debolezza dell'economia reale alimenta gli appetiti speculativi che a loro volta peggiorano la crisi stessa.
Ma La "crisi" non è un evento "naturale": è una crisi del loro sistema e delle loro regole, votate a penalizzare le enormi potenzialità emancipative del lavoro vivo e a porre sempre più l'economia reale di interi paesi sotto il giogo della finanziarizzazione e delle banche.
Ora che la crisi si approfondisce anche nel resto d'Europa e i predatori della finanza minacciano nuove aggressioni, diventa decisiva la solidarietà tra le classi subalterne in tutto il continente! L'alternativa è tra costruire una nuova intelligenza solidale della rivolta e del comune cambiamento nella scena euromediterranea oppure subire la prevedibile esplosione delle tensioni nazionalistiche e delle guerre tra poveri che garantiscono gli interessi dei soliti noti!
Perciò manifestare oggi vicinanza a chi sciopera e si rivolta in Grecia non è solo solidarietà, ma un atto di saggezza. E di apprendistato...
NON PAGHEREMO NOI LA VOSTRA CRISI!
Compagne e compagni napoletani
dalla convocazione
......Gli scioperi e la rivolta dei lavoratori e della popolazione greca contro il piano lacrime e sangue imposto dal capitale finanziario internazionale dimostra però a tutti che è possibile ribellarsi a chi vuole far pagare ai precari, ai disoccupati, agli studenti, ai lavoratori i costi di una "crisi" su cui si continua impunemente a speculare.
Quando anche i portuali del Pireo e i lavoratori del settore elettrico forzano i cordoni della polizia intorno al Parlamento che stava approvando il piano di "Austerity", dimostrano di aver capito perfettamente la posta in palio:
accettare i piani di deflazione economica, il blocco dei salari e la distruzione del welfare, significa stringersi da soli intorno al collo il cappio di chi continua a privatizzare i profitti e socializzare le perdite per remunerare la rendita e la speculazione.
I governi e le Istituzioni transnazionali che hanno allargato la spesa pubblica a dismisura per soccorrere le Banche in crisi di liquidità e di fiducia, ora assaltano il welfare greco (ed europeo in generale) per comprimere invece la spesa e garantire la solvibilità del debito pubblico nei confronti di quegli stessi capitali finanziari (che magari hanno usato i soldi statali per nuove operazioni speculative contro i paesi da cui li hanno ricevuti...).
Un meccanismo perverso in cui la debolezza dell'economia reale alimenta gli appetiti speculativi che a loro volta peggiorano la crisi stessa.
Ma La "crisi" non è un evento "naturale": è una crisi del loro sistema e delle loro regole, votate a penalizzare le enormi potenzialità emancipative del lavoro vivo e a porre sempre più l'economia reale di interi paesi sotto il giogo della finanziarizzazione e delle banche.
Ora che la crisi si approfondisce anche nel resto d'Europa e i predatori della finanza minacciano nuove aggressioni, diventa decisiva la solidarietà tra le classi subalterne in tutto il continente! L'alternativa è tra costruire una nuova intelligenza solidale della rivolta e del comune cambiamento nella scena euromediterranea oppure subire la prevedibile esplosione delle tensioni nazionalistiche e delle guerre tra poveri che garantiscono gli interessi dei soliti noti!
Perciò manifestare oggi vicinanza a chi sciopera e si rivolta in Grecia non è solo solidarietà, ma un atto di saggezza. E di apprendistato...
NON PAGHEREMO NOI LA VOSTRA CRISI!
Compagne e compagni napoletani
pc quotidiano 7maggio grave repressione antioperaia a foggia
Una gravissima operazione repressiva è stata realizzata a Foggia contro i lavoratori in lotta per il salario e il lavoro... quattro operai della raccolta dei rifiuti urbani sono stati arrestati il 30 aprile in un blitz mattutino effettuato dalla Digos su ordinanza di custodia cautelare del gip del Tribunale di Foggia Enrico Di Dedda.
Proletari Comunisti esprime la massima solidarietà e invita a una forte denuncia e mobilitazione solidale
riprendiamo dalla denuncia dei compagni di Foggia, impegnati nella costruzione del Soccorso Rosso
...I quattro lavoratori sono accusati di essere i promotori della protesta dei dipendenti della Cooperativa Fiore Service e Daunia Ambiente, organizzata in difesa del posto di lavoro perso dopo che il Comune non ha rinnovato l’appalto da parte dell’azienda municipalizzata dei rifiuti, l’ Amica.
Le accuse sono di minacce aggravate, danneggiamento, furto, violenza privata, interruzione di pubblico servizio e resistenza a pubblico ufficiale. Trentanove loro colleghi sono indagati solo per gli ultimi due reati.
I quattro sono anche accusati del furto delle chiavi dei camion della spazzatura (una trentina di automezzi) e di aver minacciato autisti e dirigenti dell’Amica.
Le accuse sono riferite alle giornate dell’8, 9 e 10 aprile scorsi, in cui in segno di protesta è stata bloccata la raccolta della spazzatura in città ed è stato effettuato un picchetto ai cancelli dell’Amica, sgomberato con le pesanti cariche degli agenti della Digos e del reparto Prevenzione Crimine.
Tre di loro sono agli arresti domiciliari e uno con obbligo di dimora. È così che hanno trascorso il Primo Maggio questi lavoratori! è così che passa il divieto di sciopero! E chi sciopera viene anche perseguito penalmente!
È chiaro adesso a cosa serva l’aumento delle forze di polizia, di telecamere ad ogni angolo di strada, a cosa servono le ronde a piedi e a cavallo, giustificate con l’allarme criminalità!
Ma chi sono i veri criminali? I lavoratori che lottano per la sopravvivenza o i corrotti e mafiosi che finora hanno speculato sui miliardi di buco divisi tra il Comune e l’Amica in tutti questi anni? Le affermazioni del questore di Foggia Bruno D’Agostino nel definire i lavoratori che nelle scorse settimane hanno partecipato alla protesta e al blocco della raccolta dei rifiuti a Foggia sono esemplificative: “Un gruppo di delinquenti che, col pretesto della difesa del posto di lavoro, ha commesso reati gravi reati”.
Ma quale criminalità!? Siamo stufi di disoccupazione e repressione! Vogliamo lavoro non polizia!
È con la repressione che i padroni e i loro servi rispondono alla crisi che avanza e porta con sé più licenziamenti, ricatto e sfruttamento!
Ma i lavoratori non devono farsi intimorire dalla repressione! La cittadinanza ha saputo riconoscere e rispettare il loro lavoro ed è per questo che è con loro!
Solidarietà alla lotta degli operai della nettezza urbana!
Libertà per gli operai arrestati!
Solidarietà ai lavoratori indagati e alle loro famiglie!
Proletari Comunisti esprime la massima solidarietà e invita a una forte denuncia e mobilitazione solidale
riprendiamo dalla denuncia dei compagni di Foggia, impegnati nella costruzione del Soccorso Rosso
...I quattro lavoratori sono accusati di essere i promotori della protesta dei dipendenti della Cooperativa Fiore Service e Daunia Ambiente, organizzata in difesa del posto di lavoro perso dopo che il Comune non ha rinnovato l’appalto da parte dell’azienda municipalizzata dei rifiuti, l’ Amica.
Le accuse sono di minacce aggravate, danneggiamento, furto, violenza privata, interruzione di pubblico servizio e resistenza a pubblico ufficiale. Trentanove loro colleghi sono indagati solo per gli ultimi due reati.
I quattro sono anche accusati del furto delle chiavi dei camion della spazzatura (una trentina di automezzi) e di aver minacciato autisti e dirigenti dell’Amica.
Le accuse sono riferite alle giornate dell’8, 9 e 10 aprile scorsi, in cui in segno di protesta è stata bloccata la raccolta della spazzatura in città ed è stato effettuato un picchetto ai cancelli dell’Amica, sgomberato con le pesanti cariche degli agenti della Digos e del reparto Prevenzione Crimine.
Tre di loro sono agli arresti domiciliari e uno con obbligo di dimora. È così che hanno trascorso il Primo Maggio questi lavoratori! è così che passa il divieto di sciopero! E chi sciopera viene anche perseguito penalmente!
È chiaro adesso a cosa serva l’aumento delle forze di polizia, di telecamere ad ogni angolo di strada, a cosa servono le ronde a piedi e a cavallo, giustificate con l’allarme criminalità!
Ma chi sono i veri criminali? I lavoratori che lottano per la sopravvivenza o i corrotti e mafiosi che finora hanno speculato sui miliardi di buco divisi tra il Comune e l’Amica in tutti questi anni? Le affermazioni del questore di Foggia Bruno D’Agostino nel definire i lavoratori che nelle scorse settimane hanno partecipato alla protesta e al blocco della raccolta dei rifiuti a Foggia sono esemplificative: “Un gruppo di delinquenti che, col pretesto della difesa del posto di lavoro, ha commesso reati gravi reati”.
Ma quale criminalità!? Siamo stufi di disoccupazione e repressione! Vogliamo lavoro non polizia!
È con la repressione che i padroni e i loro servi rispondono alla crisi che avanza e porta con sé più licenziamenti, ricatto e sfruttamento!
Ma i lavoratori non devono farsi intimorire dalla repressione! La cittadinanza ha saputo riconoscere e rispettare il loro lavoro ed è per questo che è con loro!
Solidarietà alla lotta degli operai della nettezza urbana!
Libertà per gli operai arrestati!
Solidarietà ai lavoratori indagati e alle loro famiglie!
pc quotidiano 7 maggio - processo avni er a bari
l'udienza di oggi a bari che si sarebbe dovuta pronunciare sulla richiesta di asilo politico di avni è stata rinviata al 18 maggio per assenza degli avvocati di difesa
un presidio di oltre 40 compagni si è tenuto davanti al tribunale
info sulla vicenda avini er www.avni-zeynep.net
un presidio di oltre 40 compagni si è tenuto davanti al tribunale
info sulla vicenda avini er www.avni-zeynep.net
pc quotid 7 maggio - appello per una assemblea nazionale a Napoli disoccupati-precari...
segnaliamo e sosteniamo questo importante appello
Napoli 21 maggio ore 16 aula T3 facoltà Giurisprudenza (Via Mezzocannone).
assemblea nazionale disoccupati, precari, licenziati, immigrati
per il lavoro, per il salario garantito
La crisi economica mondiale è ancora lontana da una prossima fine.
Governi, padroni e banche ne scaricano i costi sui lavoratori, sui disoccupati, sui precari, sulle masse popolari.
Mentre migliaia di miliardi vengono stanziati per salvare le banche e puntellare le grandi multinazionali, per i proletari si è aperto un sempre più nero periodo di lacrime e sangue. Licenziamenti, abbassamento dei salari, aumento della precarietà e disoccupazione, difficoltà a farsi o mantenersi una famiglia, mettere su una casa, taglio alle spese sociali, dalla scuola alla sanità, sono diventati una dura realtà per milioni di proletari, strangolati anche da tasse, mutui multe e bollette.
L’OCSE e l’ONU ci fanno sapere che nel corso di quest’anno avremo 40 milioni di nuovi disoccupati nel mondo e centinaia di milioni saranno quelli ridotti alla fame.
In questo quadro, la situazione italiana è, checché ne dicano i Berlusca-Bossi-Tremonti ecc.ed i loro giornali-tv, tra le peggiori. La cassa integrazione ha toccato i suoi massimi dall’inizio della crisi. Secondo l’INPS la cassa integrazione ordinaria è cresciuta del 123,49% rispetto allo scorso anno: ad oggi siamo già a 179.617.307 ore. Per la cassa integrazione straordinaria va anche peggio: a febbraio è aumentata del 28,07% rispetto a gennaio. A soli tre mesi dall’inizio dell’anno, complessivamente sono un milione e duecento mila i lavoratori in cassa integrazione e per la metà di questi non c’è futuro. Sono destinati a fare la stessa fine dei 380.000 licenziati nel solo 2009 e ad incrementare i numeri della disoccupazione che continua a crescere senza sosta. Secondo l’ISTAT siamo ormai all’8,6%, che guardando ai giovani arriva al 26,8%. Dati sottostimati (la stessa Bankitalia calcola il 10% di disoccupazione che per il Sud si triplica) se si considera che sono 3 milioni gli scoraggiati a trovare il lavoro e milioni le donne che non ci provano neppure.
A pagare un prezzo molto alto sono i precari, quella marea di giovani con contratti a tempo determinato, di collaborazione (co.co.co.), a progetto, a chiamata, e tutte la altre forme atipiche introdotte prima dal pacchetto Treu -voluto dal governo di sinistra- e poi dalla legge 30 Biagi del governo Berlusconi. Una manodopera usa e getta, con un salario che è un sogno quando arriva agli 800- 900 euro, e che una volta buttata fuori non gode nemmeno degli ammortizzatori sociali. Sono decine di migliaia ora quei precari licenziati e la strage maggiore è opera dello stato con veri e propri licenziamenti di massa nella scuola insegnanti, personale ATA, ditte di pulizia e nel resto del pubblico impiego statale e degli enti locali.
Per chi un lavoro stabile ancora ce l'ha, aumenta il ricatto dei padroni-alimentato anche dalla minaccia di chiusura e/o di trasferimento delle produzioni all'estero- iper imporre tagli al salario e l'aumento dello sfruttamento mentre nel settore pubblico le varie riforme di Brunetta e soci stanno peggiorando condizioni di lavoro con ulteriori riduzioni salariali.
Padroni e governo, inoltre, usano la crisi come una clava contro i diritti dei lavoratori. Con la recente approvazione del decreto legge 1167-collegato lavoro- si smantellano tutte le barriere allo strapotere dei datori di lavoro. L'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, in difesa del quale erano scesi in piazza 3 milioni di lavoratori, viene ridotto a carta straccia grazie alla imposizione dell'arbitrato come risoluzione delle controversie di lavoro. In buona sostanza, questo cosiddetto “collegato al lavoro” trasforma in legge la deroga ai contratti nazionali attraverso la legittimazione dei contratti individuali contenenti clausole peggiorative e l'impossibilità per i lavoratori di rivolgersi al giudice per tutelare i loro diritti ed impugnare i licenziamenti. Prevede inoltre un alleggerimento delle sanzioni per il lavoro nero e le infrazioni sull'orario di lavoro, estende i soggetti autorizzati all'intermediazione di manodopera (il nuovo caporalato) e permette l'apprendistato a 15 anni come assolvimento dell'obbligo scolastico. Secondo il Ministro Sacconi questo è solo il 10 per cento di quanto hanno intenzione di fare per riformare il mercato del lavoro. “Il nostro obiettivo -ha detto- è il contratto a tempo determinato per tutti”. In altre parole, la precarietà deve diventare la norma e i diritti pari a zero. Il loro obiettivo è lo smantellamento dello Statuto dei lavoratori.
Tutto questo avviene nel silenzio, di chi dovrebbe essere controparte di padroni e governo, anzi per ampia parte del sindacato confederale e dei partiti della cosiddetta 'sinistra' questo silenzio diventa assenso. Lo smantellamento delle conquiste operato da tutti i governi dei padroni anche quelli considerati amici e la politica dei sacrifici, della compatibilità-concertazione con gli interessi delle aziende e della cosiddetta 'economia nazionale', portate avanti in tutti questi anni dai sindacati confederali, hanno determinato un arretramento non solo nelle condizioni salariali e di lavoro ma soprattutto sul piano dell'unità e della tenuta di tutta la classe operaia e le masse proletarie.
Le lotte dei disoccupati, dei precari e le lotte operaie in difesa del posto di lavoro non riescono a
diventare ancora lotta unitaria e generale, scontro frontale con padroni e governo.
Cisl-Uil si oppongono sempre più a queste lotte e la Cgil si limita a chiedere qualche ammortizzatore sociale in più o qualche illusorio e poco credibile piano aziendale alternativo, magari all'insegna del “verde” e della difesa dell’italianità della produzioni, senza disturbare troppo il manovratore. I tetti e le gru, fino in qualche caso al pacifico “sequestro” di qualche dirigente, sembrano essere l'unica chance lasciata ai lavoratori, precari e non, per attirare l'attenzione di una mano salvifica istituzionale. AI disoccupati e gli immigrati, da sempre utilizzati come arma di ricatto e di pressione nei confronti dei lavoratori ancora stabili, si chiede di arrangiarsi ed aspettare tempi migliori.
E’ ora di dire basta! Noi la crisi non la vogliamo pagare!
Noi vogliamo, lavoro, la fine della precarietà, il blocco dei licenziamenti, salari decenti, salute e sicurezza, servizi sociali scuola sanità gratuita, raccolta differenziata porta a porta, ambiente sano
Come disoccupati organizzati Banchi Nuovi di Napoli e Disoccupati Organizzati Slai cobas per il sindacato di classe Taranto stiamo lottando per questo e vogliamo contribuire allo sviluppo di un percorso unitario.
La disoccupazione, il lavoro nero, la precarietà sono le conseguenze di un sistema, quello capitalista, basato sul profitto. Non si esce dalla disoccupazione e dalla precarietà, se non si lavora per mettere fine allo sfruttamento ed a una vita di fatica combattendo e rovesciando questo sistema. Lavoratori, precari, disoccupati hanno in comune gli stessi nemici, gli stessi interessi di fondo, e l’unica prospettiva : quella di lottare insieme.
Come realtà autorganizzate siamo impegnati,sui nostri territori nella lotta per ottenere uno sbocco lavorativo o comunque un reddito. Le nostre mobilitazioni, hanno ottenuto risultati positivi sia sul piano del riconoscimento politico-sociale che su quello specifico delle vertenze, per quanto ancora siamo lontani dagli obiettivi che ci poniamo: Il nostro risultato maggiore è aver costruito una struttura organizzata e una soggettività non addomesticabile e con una attitudine unitaria rispetto alle altre lotte, legando le nostre vertenze per lo sbocco lavorativo, alle mobilitazioni per l'ambiente e la salute, contro il caro vita ed il taglio alle spese sociali, contro le spese militari e le guerre, contro il razzismo ed a fianco dei migranti. Anche per questo su di noi - come sugli altri movimenti dei disoccupati organizzati - si abbatte, una repressione sempre più forte. Preoccupano le controparti la determinazione, l’autonomia dei nostri movimenti e la volontà ad andare ben oltre le nostre vertenze locali puntando alla generalizzazione della lotta.
Oggi più che mai siamo convinti che l'intensificazione e l'allargamento della lotta autorganizzzata, l’unificazione di tutti i soggetti colpiti dalla crisi, sono non solo necessari ma l’unica via per fronteggiare gli attacchi di padroni e governo.
Per questo proponiamo un assemblea nazionale per avanzare lungo un percorso unitario con parole d’ordini unificanti.
Ci rivolgiamo in modo particolare a tutte le realtà di disoccupati in lotta, che, come noi, hanno in atto vertenze territoriali nella consapevolezza che, di fronte alle centinaia di migliaia di posti di lavoro già persi e che si perderanno nel corso di quest'anno, le vertenze locali non bastano e rischiano di restare isolate e anche diventare preda di speculazioni clientelari e quindi di essere portate a insuccessi
Dobbiamo contrastare insieme campagne di criminalizzazione delle lotte dei disoccupati che ancora più di prima sono, infatti, utilizzate per creare contrapposizioni, concorrenza e divisioni non solo con gli altri disoccupati, ma con i nuovi settori di senza lavoro.
E', quindi, indispensabile che proprio dalle realtà organizzate, nel mentre continuano a portare avanti i percorsi avviati per ottenere risposte ai bisogni immediati dei disoccupati da essi organizzati, vengano proposte unificanti con tutti i senza lavoro.
Tra queste va rilanciata la lotta per ill Salario Garantito per tutti. Una parola d'ordine non nuova per i movimenti di disoccupati ma che fino ad ora non ha visto il coagularsi di forze capaci di imporla sul piano nazionale. Le diverse proposte di legge per il reddito sociale presentate negli anni passati non hanno approdato a nulla per l'assenza di un forte movimento generale sul piano nazionale capace di imporre questo obiettivo,
Organizziamo una assemblea nazionale per costruire insieme come disoccupati, precari, licenziati, cassintegrati, altri settori sociali in lotta studenti ,movimenti territoriali ecc questo movimento.
Tutti insieme alziamo la testa e farciamo pagare la crisi a coloro che ne sono gli unici responsabili.
....Per adesioni banchinuovi@hotmail.it cobasta@libero.it
Napoli 21 maggio ore 16 aula T3 facoltà Giurisprudenza (Via Mezzocannone).
assemblea nazionale disoccupati, precari, licenziati, immigrati
per il lavoro, per il salario garantito
La crisi economica mondiale è ancora lontana da una prossima fine.
Governi, padroni e banche ne scaricano i costi sui lavoratori, sui disoccupati, sui precari, sulle masse popolari.
Mentre migliaia di miliardi vengono stanziati per salvare le banche e puntellare le grandi multinazionali, per i proletari si è aperto un sempre più nero periodo di lacrime e sangue. Licenziamenti, abbassamento dei salari, aumento della precarietà e disoccupazione, difficoltà a farsi o mantenersi una famiglia, mettere su una casa, taglio alle spese sociali, dalla scuola alla sanità, sono diventati una dura realtà per milioni di proletari, strangolati anche da tasse, mutui multe e bollette.
L’OCSE e l’ONU ci fanno sapere che nel corso di quest’anno avremo 40 milioni di nuovi disoccupati nel mondo e centinaia di milioni saranno quelli ridotti alla fame.
In questo quadro, la situazione italiana è, checché ne dicano i Berlusca-Bossi-Tremonti ecc.ed i loro giornali-tv, tra le peggiori. La cassa integrazione ha toccato i suoi massimi dall’inizio della crisi. Secondo l’INPS la cassa integrazione ordinaria è cresciuta del 123,49% rispetto allo scorso anno: ad oggi siamo già a 179.617.307 ore. Per la cassa integrazione straordinaria va anche peggio: a febbraio è aumentata del 28,07% rispetto a gennaio. A soli tre mesi dall’inizio dell’anno, complessivamente sono un milione e duecento mila i lavoratori in cassa integrazione e per la metà di questi non c’è futuro. Sono destinati a fare la stessa fine dei 380.000 licenziati nel solo 2009 e ad incrementare i numeri della disoccupazione che continua a crescere senza sosta. Secondo l’ISTAT siamo ormai all’8,6%, che guardando ai giovani arriva al 26,8%. Dati sottostimati (la stessa Bankitalia calcola il 10% di disoccupazione che per il Sud si triplica) se si considera che sono 3 milioni gli scoraggiati a trovare il lavoro e milioni le donne che non ci provano neppure.
A pagare un prezzo molto alto sono i precari, quella marea di giovani con contratti a tempo determinato, di collaborazione (co.co.co.), a progetto, a chiamata, e tutte la altre forme atipiche introdotte prima dal pacchetto Treu -voluto dal governo di sinistra- e poi dalla legge 30 Biagi del governo Berlusconi. Una manodopera usa e getta, con un salario che è un sogno quando arriva agli 800- 900 euro, e che una volta buttata fuori non gode nemmeno degli ammortizzatori sociali. Sono decine di migliaia ora quei precari licenziati e la strage maggiore è opera dello stato con veri e propri licenziamenti di massa nella scuola insegnanti, personale ATA, ditte di pulizia e nel resto del pubblico impiego statale e degli enti locali.
Per chi un lavoro stabile ancora ce l'ha, aumenta il ricatto dei padroni-alimentato anche dalla minaccia di chiusura e/o di trasferimento delle produzioni all'estero- iper imporre tagli al salario e l'aumento dello sfruttamento mentre nel settore pubblico le varie riforme di Brunetta e soci stanno peggiorando condizioni di lavoro con ulteriori riduzioni salariali.
Padroni e governo, inoltre, usano la crisi come una clava contro i diritti dei lavoratori. Con la recente approvazione del decreto legge 1167-collegato lavoro- si smantellano tutte le barriere allo strapotere dei datori di lavoro. L'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, in difesa del quale erano scesi in piazza 3 milioni di lavoratori, viene ridotto a carta straccia grazie alla imposizione dell'arbitrato come risoluzione delle controversie di lavoro. In buona sostanza, questo cosiddetto “collegato al lavoro” trasforma in legge la deroga ai contratti nazionali attraverso la legittimazione dei contratti individuali contenenti clausole peggiorative e l'impossibilità per i lavoratori di rivolgersi al giudice per tutelare i loro diritti ed impugnare i licenziamenti. Prevede inoltre un alleggerimento delle sanzioni per il lavoro nero e le infrazioni sull'orario di lavoro, estende i soggetti autorizzati all'intermediazione di manodopera (il nuovo caporalato) e permette l'apprendistato a 15 anni come assolvimento dell'obbligo scolastico. Secondo il Ministro Sacconi questo è solo il 10 per cento di quanto hanno intenzione di fare per riformare il mercato del lavoro. “Il nostro obiettivo -ha detto- è il contratto a tempo determinato per tutti”. In altre parole, la precarietà deve diventare la norma e i diritti pari a zero. Il loro obiettivo è lo smantellamento dello Statuto dei lavoratori.
Tutto questo avviene nel silenzio, di chi dovrebbe essere controparte di padroni e governo, anzi per ampia parte del sindacato confederale e dei partiti della cosiddetta 'sinistra' questo silenzio diventa assenso. Lo smantellamento delle conquiste operato da tutti i governi dei padroni anche quelli considerati amici e la politica dei sacrifici, della compatibilità-concertazione con gli interessi delle aziende e della cosiddetta 'economia nazionale', portate avanti in tutti questi anni dai sindacati confederali, hanno determinato un arretramento non solo nelle condizioni salariali e di lavoro ma soprattutto sul piano dell'unità e della tenuta di tutta la classe operaia e le masse proletarie.
Le lotte dei disoccupati, dei precari e le lotte operaie in difesa del posto di lavoro non riescono a
diventare ancora lotta unitaria e generale, scontro frontale con padroni e governo.
Cisl-Uil si oppongono sempre più a queste lotte e la Cgil si limita a chiedere qualche ammortizzatore sociale in più o qualche illusorio e poco credibile piano aziendale alternativo, magari all'insegna del “verde” e della difesa dell’italianità della produzioni, senza disturbare troppo il manovratore. I tetti e le gru, fino in qualche caso al pacifico “sequestro” di qualche dirigente, sembrano essere l'unica chance lasciata ai lavoratori, precari e non, per attirare l'attenzione di una mano salvifica istituzionale. AI disoccupati e gli immigrati, da sempre utilizzati come arma di ricatto e di pressione nei confronti dei lavoratori ancora stabili, si chiede di arrangiarsi ed aspettare tempi migliori.
E’ ora di dire basta! Noi la crisi non la vogliamo pagare!
Noi vogliamo, lavoro, la fine della precarietà, il blocco dei licenziamenti, salari decenti, salute e sicurezza, servizi sociali scuola sanità gratuita, raccolta differenziata porta a porta, ambiente sano
Come disoccupati organizzati Banchi Nuovi di Napoli e Disoccupati Organizzati Slai cobas per il sindacato di classe Taranto stiamo lottando per questo e vogliamo contribuire allo sviluppo di un percorso unitario.
La disoccupazione, il lavoro nero, la precarietà sono le conseguenze di un sistema, quello capitalista, basato sul profitto. Non si esce dalla disoccupazione e dalla precarietà, se non si lavora per mettere fine allo sfruttamento ed a una vita di fatica combattendo e rovesciando questo sistema. Lavoratori, precari, disoccupati hanno in comune gli stessi nemici, gli stessi interessi di fondo, e l’unica prospettiva : quella di lottare insieme.
Come realtà autorganizzate siamo impegnati,sui nostri territori nella lotta per ottenere uno sbocco lavorativo o comunque un reddito. Le nostre mobilitazioni, hanno ottenuto risultati positivi sia sul piano del riconoscimento politico-sociale che su quello specifico delle vertenze, per quanto ancora siamo lontani dagli obiettivi che ci poniamo: Il nostro risultato maggiore è aver costruito una struttura organizzata e una soggettività non addomesticabile e con una attitudine unitaria rispetto alle altre lotte, legando le nostre vertenze per lo sbocco lavorativo, alle mobilitazioni per l'ambiente e la salute, contro il caro vita ed il taglio alle spese sociali, contro le spese militari e le guerre, contro il razzismo ed a fianco dei migranti. Anche per questo su di noi - come sugli altri movimenti dei disoccupati organizzati - si abbatte, una repressione sempre più forte. Preoccupano le controparti la determinazione, l’autonomia dei nostri movimenti e la volontà ad andare ben oltre le nostre vertenze locali puntando alla generalizzazione della lotta.
Oggi più che mai siamo convinti che l'intensificazione e l'allargamento della lotta autorganizzzata, l’unificazione di tutti i soggetti colpiti dalla crisi, sono non solo necessari ma l’unica via per fronteggiare gli attacchi di padroni e governo.
Per questo proponiamo un assemblea nazionale per avanzare lungo un percorso unitario con parole d’ordini unificanti.
Ci rivolgiamo in modo particolare a tutte le realtà di disoccupati in lotta, che, come noi, hanno in atto vertenze territoriali nella consapevolezza che, di fronte alle centinaia di migliaia di posti di lavoro già persi e che si perderanno nel corso di quest'anno, le vertenze locali non bastano e rischiano di restare isolate e anche diventare preda di speculazioni clientelari e quindi di essere portate a insuccessi
Dobbiamo contrastare insieme campagne di criminalizzazione delle lotte dei disoccupati che ancora più di prima sono, infatti, utilizzate per creare contrapposizioni, concorrenza e divisioni non solo con gli altri disoccupati, ma con i nuovi settori di senza lavoro.
E', quindi, indispensabile che proprio dalle realtà organizzate, nel mentre continuano a portare avanti i percorsi avviati per ottenere risposte ai bisogni immediati dei disoccupati da essi organizzati, vengano proposte unificanti con tutti i senza lavoro.
Tra queste va rilanciata la lotta per ill Salario Garantito per tutti. Una parola d'ordine non nuova per i movimenti di disoccupati ma che fino ad ora non ha visto il coagularsi di forze capaci di imporla sul piano nazionale. Le diverse proposte di legge per il reddito sociale presentate negli anni passati non hanno approdato a nulla per l'assenza di un forte movimento generale sul piano nazionale capace di imporre questo obiettivo,
Organizziamo una assemblea nazionale per costruire insieme come disoccupati, precari, licenziati, cassintegrati, altri settori sociali in lotta studenti ,movimenti territoriali ecc questo movimento.
Tutti insieme alziamo la testa e farciamo pagare la crisi a coloro che ne sono gli unici responsabili.
....Per adesioni banchinuovi@hotmail.it cobasta@libero.it
pc quotid 7 maggio al fianco di joy, hellen... appello mfpr
Appello alle femministe, alle/agli antifasciste/i, alle/agli antirazzisti per costruire un presidio al Tribunale di Milano l'8 giugno
AL FIANCO DI JOY, HELLEN...E DI TUTTE LE MIGRANTI E I MIGRANTI
Il 12 febbraio le migranti nigeriane Joy, Hellen, Priscilla, Debby, Florence di notte, sono state rilasciate dalle carceri dove stavano scontando la condanna per aver preso parte alla rivolta di tanti migranti scoppiata nel CIE di Corelli a Milano, la scorsa estate, per l'estensione della permanenza nei CIE, contro una pesante condizione di oppressione e repressione che per le donne migranti significa anche subire molestie e violenza sessuale.
Durante il processo Joy ha avuto il coraggio di denunciare il tentativo di stupro da parte dell'ispettore-capo del CIE Addesso, evitato grazie all’aiuto della sua compagna di reclusione Hellen.
Per un perverso meccanismo carcere-Cie sono state riportate in altri Cie si è temuto e si teme fortemente il rischio che vengano espulse dall’Italia e rimandate nel loro paese di origine.
Come femministe, lavoratrici abbiamo da subito, nella grandiosa manifestazione del 24 novembre 2007 a Roma, denunciato l'uso strumentale che si voleva fare delle violenze contro le donne per far passare il vergognoso pacchetto sicurezza, le politiche securitarie, razziste e moderno fasciste del governo.
NON IN NOSTRO NOME! in diverse città quest'anno, nella giornata-simbolo della violenza contro le donne del 25 Novembre, sono state denunciate le violenze subite dalle donne migranti nei CIE.
Il 12 febbraio c’è stata una forte mobilitazione delle donne, delle femministe, dei comitati antirazzisti che si sono schierati al fianco ed in difesa di Joy, Hellen e delle migranti in lotta per esprimere concreta e fattiva solidarietà; la mobilitazione continua in tante città ha contribuito a far sì che Joy, Hellen e Florence non siano ancora state deportate anche se purtroppo diversi /e uomini e donne provenienti dalla Nigeria sono stati/e rimpatriati dal Cie di Ponte Galeria.
Delle 5 donne condannate per i fatti di via Corelli a tutt'oggi solo una di loro è stata liberata.
Stanca di subire non solo la lunga detenzione, ma anche l'incertezza del suo futuro di recente Joy, per rompere l'isolamento, le attese deluse (Joy ha anche denunciato i suoi sfruttatori e avrebbe diritto, per ciò, ad un percorso di protezione) ha anche tentato il suicidio nel Centro di identificazione di Modena in cui è attualmente detenuta.
L'8 giugno si terrà l'udienza preliminare, in cui verrà sentita Joy in merito alla sua denuncia di aver subito un tentativo di stupro da parte dell'ispettore Adesso, durante la sua detenzione nel Cie di Corelli. Di seguito riportiamo stralci dell'appello lanciato non appena conosciuta la data: “..Già da oggi lanciamo la proposta di presidio per l'8 giugno davanti al Tribunale in sostegno di Joy a cui mandiamo anche in questa occasione la solidarietà. Non possiamo non denunciare come si usino demagogicamente due pesi e due misure: la ministra Carfagna si riempie tanto la bocca con il suo decreto antistalking, in difesa delle donne vittima di violenze, ma Joy che denuncia l' Ispettore di Corelli viene tenuta ancora oggi all'interno dei Cie.
Costruiamo, a partire da oggi, una manifestazione al Tribunale per l'8 giugno:
Vogliamo: Joy libera Adesso arrestato! “
E’ necessario continuare la mobilitazione per fermare le deportazioni, per richiedere a gran voce il permesso di soggiorno per Joy, Hellen, sostenendo con forza la loro denuncia contro le violenze sessuali che accadono dentro i CIE, e per tutte le migranti e i migranti perché le ragioni legittime che hanno portato le migranti e i migranti alla rivolta nel CIE di Via Corelli Milano, e non solo, sono ancora più pressanti.
Ma, sopratutto, oggi bisogna sostenere Joy nel processo per stupro: sappiamo bene già per le donne italiane quanto sia difficile fare una denuncia per stupro, quanta riprovazione, isolamento sociale ricevono a meno che gli stupratori non siano immigrati: immaginiamo cosa possa significare per Joy sostenere una denuncia per tentato stupro di un ispettore, cosa possa significare essere detenuta nel Cie.
Permesso di soggiorno per Joy e le altre
Processo per il tentato stupro
Contrastare concretamente e sul campo sessismo, razzismo, moderno fascismo!
movimento femminista proletario rivoluzionario
milano, 4 maggio 2010
Per sottoscrivere, aderire all'appello
mfprmi@libero.it
AL FIANCO DI JOY, HELLEN...E DI TUTTE LE MIGRANTI E I MIGRANTI
Il 12 febbraio le migranti nigeriane Joy, Hellen, Priscilla, Debby, Florence di notte, sono state rilasciate dalle carceri dove stavano scontando la condanna per aver preso parte alla rivolta di tanti migranti scoppiata nel CIE di Corelli a Milano, la scorsa estate, per l'estensione della permanenza nei CIE, contro una pesante condizione di oppressione e repressione che per le donne migranti significa anche subire molestie e violenza sessuale.
Durante il processo Joy ha avuto il coraggio di denunciare il tentativo di stupro da parte dell'ispettore-capo del CIE Addesso, evitato grazie all’aiuto della sua compagna di reclusione Hellen.
Per un perverso meccanismo carcere-Cie sono state riportate in altri Cie si è temuto e si teme fortemente il rischio che vengano espulse dall’Italia e rimandate nel loro paese di origine.
Come femministe, lavoratrici abbiamo da subito, nella grandiosa manifestazione del 24 novembre 2007 a Roma, denunciato l'uso strumentale che si voleva fare delle violenze contro le donne per far passare il vergognoso pacchetto sicurezza, le politiche securitarie, razziste e moderno fasciste del governo.
NON IN NOSTRO NOME! in diverse città quest'anno, nella giornata-simbolo della violenza contro le donne del 25 Novembre, sono state denunciate le violenze subite dalle donne migranti nei CIE.
Il 12 febbraio c’è stata una forte mobilitazione delle donne, delle femministe, dei comitati antirazzisti che si sono schierati al fianco ed in difesa di Joy, Hellen e delle migranti in lotta per esprimere concreta e fattiva solidarietà; la mobilitazione continua in tante città ha contribuito a far sì che Joy, Hellen e Florence non siano ancora state deportate anche se purtroppo diversi /e uomini e donne provenienti dalla Nigeria sono stati/e rimpatriati dal Cie di Ponte Galeria.
Delle 5 donne condannate per i fatti di via Corelli a tutt'oggi solo una di loro è stata liberata.
Stanca di subire non solo la lunga detenzione, ma anche l'incertezza del suo futuro di recente Joy, per rompere l'isolamento, le attese deluse (Joy ha anche denunciato i suoi sfruttatori e avrebbe diritto, per ciò, ad un percorso di protezione) ha anche tentato il suicidio nel Centro di identificazione di Modena in cui è attualmente detenuta.
L'8 giugno si terrà l'udienza preliminare, in cui verrà sentita Joy in merito alla sua denuncia di aver subito un tentativo di stupro da parte dell'ispettore Adesso, durante la sua detenzione nel Cie di Corelli. Di seguito riportiamo stralci dell'appello lanciato non appena conosciuta la data: “..Già da oggi lanciamo la proposta di presidio per l'8 giugno davanti al Tribunale in sostegno di Joy a cui mandiamo anche in questa occasione la solidarietà. Non possiamo non denunciare come si usino demagogicamente due pesi e due misure: la ministra Carfagna si riempie tanto la bocca con il suo decreto antistalking, in difesa delle donne vittima di violenze, ma Joy che denuncia l' Ispettore di Corelli viene tenuta ancora oggi all'interno dei Cie.
Costruiamo, a partire da oggi, una manifestazione al Tribunale per l'8 giugno:
Vogliamo: Joy libera Adesso arrestato! “
E’ necessario continuare la mobilitazione per fermare le deportazioni, per richiedere a gran voce il permesso di soggiorno per Joy, Hellen, sostenendo con forza la loro denuncia contro le violenze sessuali che accadono dentro i CIE, e per tutte le migranti e i migranti perché le ragioni legittime che hanno portato le migranti e i migranti alla rivolta nel CIE di Via Corelli Milano, e non solo, sono ancora più pressanti.
Ma, sopratutto, oggi bisogna sostenere Joy nel processo per stupro: sappiamo bene già per le donne italiane quanto sia difficile fare una denuncia per stupro, quanta riprovazione, isolamento sociale ricevono a meno che gli stupratori non siano immigrati: immaginiamo cosa possa significare per Joy sostenere una denuncia per tentato stupro di un ispettore, cosa possa significare essere detenuta nel Cie.
Permesso di soggiorno per Joy e le altre
Processo per il tentato stupro
Contrastare concretamente e sul campo sessismo, razzismo, moderno fascismo!
movimento femminista proletario rivoluzionario
milano, 4 maggio 2010
Per sottoscrivere, aderire all'appello
mfprmi@libero.it
giovedì 6 maggio 2010
pcquotidiano 6 maggio 7 MAGGIO A ROMA, CONTRO LA "GIOVINEZZA DEL POTERE" IN PIAZZA
Venerdì 7 Maggio i neofascisti del Blocco Studentesco (organizzazione interna a Casapound) , che nei mesi scorsi aveva lanciato una manifestazione nazionale chiamata “per la giovinezza al potere”, scenderanno in piazza come preannunciato.
In seguito a varie pressioni provenienti da diverse aree di sinistra e antagoniste la Questura di Roma si è posto il problema dell’ordine pubblico, pur non avendo posto un divieto ma semplicemente il consiglio di annullare la manifestazione, com’è loro solito i “fascisti del terzo millennio” si sono messi a piagnucolare lamentandosi della mancanza di democrazia nei loro confronti additando i violenti comunisti e dei centri sociali che vorrebbero impedirgli il loro “diritto sacrosanto di espressione”.
È ridicolo sentire i fascisti inneggiare alla democrazia, proprio loro che durate il ventennio si macchiarono di crimini contro il popolo ed i lavoratori, uccidendo gli oppositori, vietando partiti e sindacati e collaborando con l’invasore nazista.
Proprio per tutto il sangue versato in nome della libertà contro il nazifascismo blocco studentesco e tutti gli altri gruppi neofascisti non hanno diritto di parola, la democrazia quella vera va difesa quotidianamente stroncando sul nascere i rigurgiti di fascismo sia che essi vengano dai palazzi del potere sia che vengano dalle fogne.
È pur vero che i suddetti palazzi e le fogne sono legate a doppio filo, anche in questa vicenda è chiaro come i sedicenti giovani ribelli del blocco in realtà al momento del bisogno si nascondano dietro il loro padrini del PDL, altro che forza antisistema!
Nel loro incontro con il Sottosegretario all’Interno Mantovano infatti, i rappresentanti del blocco accompagnati da un paio di deputati del partito di maggioranza relativa hanno avuto la copertura del governo per scendere ugualmente in piazza trasformando il corteo in sit-in.
Basterebbe applicare la costituzione dello stato borghese per sciogliere gruppi come casapound e vietare certi assembramenti squadristi, ma ancora una volta non ci meravigliamo del fatto che la borghesia viola le sue stesse leggi, fiducia nelle sue istituzioni non ne abbiamo mai avuta.
Per questo crediamo nella necessità di praticare l’antifascismo quotidianamente e a 360 gradi militante,culturale e sociale.
In questa occasione era quanto mai necessario contrastare sul campo tale infame parata convocando una manifestazione nazionale antifascista a Roma da parte delle forze antifasciste a livello nazionale e ricacciare i topi nelle fogne. Ci siamo battuti per questo in seno alla neonata Assemblea Nazionale Antifascista.
Ciononostante in tutte le città è necessario che il 7 maggio si facciano iniziative antifasciste per smascherare i topi di fogna che dietro la retorica della “giovinezza al potere” si dimostrano ancora
una volta servi del potere.
Il caso vuole che il 7 Maggio Palermo avrà il “piacere” di ospitare il Ministro della Gioventù Meloni, fascista che mai ha rinnegato le sue radici del Fronte della Gioventù (MSI) e che ha preso pubblicamente posizione a favore dei suoi cugini di blocco studentesco difendendo il loro “diritto” a scendere in piazza il 7 maggio a Roma.
Per questo in questi giorni Red Block insieme ad altre forze antifasciste cittadine si sta impegnando in una massiccia campagna di contro informazione su blocco studentesco e l’operato del governo, in particolare del ministro, tra i giovani studenti e proletari dei quartieri popolari di Ballarò e Vucciria, denunciando ancora una volta il legame che c’è tra la manovalanza fascista e i loro manovratori in doppio petto.
Contro il moderno fascismo non un passo indietro!
Ribellarsi è giusto!
Red Block
In seguito a varie pressioni provenienti da diverse aree di sinistra e antagoniste la Questura di Roma si è posto il problema dell’ordine pubblico, pur non avendo posto un divieto ma semplicemente il consiglio di annullare la manifestazione, com’è loro solito i “fascisti del terzo millennio” si sono messi a piagnucolare lamentandosi della mancanza di democrazia nei loro confronti additando i violenti comunisti e dei centri sociali che vorrebbero impedirgli il loro “diritto sacrosanto di espressione”.
È ridicolo sentire i fascisti inneggiare alla democrazia, proprio loro che durate il ventennio si macchiarono di crimini contro il popolo ed i lavoratori, uccidendo gli oppositori, vietando partiti e sindacati e collaborando con l’invasore nazista.
Proprio per tutto il sangue versato in nome della libertà contro il nazifascismo blocco studentesco e tutti gli altri gruppi neofascisti non hanno diritto di parola, la democrazia quella vera va difesa quotidianamente stroncando sul nascere i rigurgiti di fascismo sia che essi vengano dai palazzi del potere sia che vengano dalle fogne.
È pur vero che i suddetti palazzi e le fogne sono legate a doppio filo, anche in questa vicenda è chiaro come i sedicenti giovani ribelli del blocco in realtà al momento del bisogno si nascondano dietro il loro padrini del PDL, altro che forza antisistema!
Nel loro incontro con il Sottosegretario all’Interno Mantovano infatti, i rappresentanti del blocco accompagnati da un paio di deputati del partito di maggioranza relativa hanno avuto la copertura del governo per scendere ugualmente in piazza trasformando il corteo in sit-in.
Basterebbe applicare la costituzione dello stato borghese per sciogliere gruppi come casapound e vietare certi assembramenti squadristi, ma ancora una volta non ci meravigliamo del fatto che la borghesia viola le sue stesse leggi, fiducia nelle sue istituzioni non ne abbiamo mai avuta.
Per questo crediamo nella necessità di praticare l’antifascismo quotidianamente e a 360 gradi militante,culturale e sociale.
In questa occasione era quanto mai necessario contrastare sul campo tale infame parata convocando una manifestazione nazionale antifascista a Roma da parte delle forze antifasciste a livello nazionale e ricacciare i topi nelle fogne. Ci siamo battuti per questo in seno alla neonata Assemblea Nazionale Antifascista.
Ciononostante in tutte le città è necessario che il 7 maggio si facciano iniziative antifasciste per smascherare i topi di fogna che dietro la retorica della “giovinezza al potere” si dimostrano ancora
una volta servi del potere.
Il caso vuole che il 7 Maggio Palermo avrà il “piacere” di ospitare il Ministro della Gioventù Meloni, fascista che mai ha rinnegato le sue radici del Fronte della Gioventù (MSI) e che ha preso pubblicamente posizione a favore dei suoi cugini di blocco studentesco difendendo il loro “diritto” a scendere in piazza il 7 maggio a Roma.
Per questo in questi giorni Red Block insieme ad altre forze antifasciste cittadine si sta impegnando in una massiccia campagna di contro informazione su blocco studentesco e l’operato del governo, in particolare del ministro, tra i giovani studenti e proletari dei quartieri popolari di Ballarò e Vucciria, denunciando ancora una volta il legame che c’è tra la manovalanza fascista e i loro manovratori in doppio petto.
Contro il moderno fascismo non un passo indietro!
Ribellarsi è giusto!
Red Block
pc quotid 6 maggio Atene parlano i compagni del KOE
Comunicato stampa dell'Organizzazione Comunista di Grecia (KOE)
Sulla grande manifestazione di oggi e la morte di tre bancari.
l'Organizzazione Comunista di Grecia (KOE) condanna il governo FMI/UE per la sua politica di annientamento della società e l’orgia repressiva scatenata contro il popolo. La morte dei tre impiegati di banca causata da azioni pienamente deprecabili provoca dolore e rabbia, che si aggiunge al risentimento provato dall’intera società contro il governo del collaborazionista Papandreou.
Cinicamente, questo governo col supporto dei maggiori media che ci ricordano la TV dei tempi della dittatura, ha l’impudenza di addossare la responsabilità della morte dei tre impiegati alle centinaia di migliaia di manifestanti, al movimento di massa e più concretamente alla sinistra. È lo stesso Papandreou che ha innescato la tensione e la violenza con le misure adottate dal suo governo. Non importa quante scuse inventeranno in Parlamento, quanti appelli al consenso sociale faranno, Papandreou resterà nella storia come l’aspirante becchino del popolo greco.
Atene e tutto il paese hanno dato vita alle più grandi manifestazioni degli ultimi 30 anni, con mezzo milione in corteo per 6 ore nella sola Atene. Il popolo esige che Papandreou e quei parlamentari che vogliono votare a favore della trasformazione della società in una discarica di rifiuti umani rispondano dei loro crimini. Quelli che hanno consegnato il paese e il popolo alle iene del capitale e dei mercati, quelli che cercano di condannare i lavoratori e i giovani allo sterminio, ne risponderanno al popolo.
La polizia ha attaccato brutalmente le più grandi manifestazioni degli ultimi 30 anni, trasformando Atene in un’ enorme camera a gas, ha attaccato brutalmente anche i cortei di Salonicco e Patrasso. Il Ministero della Repressione risponderà di questo!
Riteniamo responsabile anche il proprietario della Marfin Bank, il “salvatore della patria” che nessuno ha richiesto, che ha obbligato i suoi impiegati a restare dentro la filiale nonostante sapesse del pericolo imminente. Ovviamente, per il capitale la vita umana vale meno dei profitti quotidiani di una filiale di banca.
Il tentativo coordinato di governo, opposizione di destra ed estrema destra di sfruttare la morte dei tre impiegati per fermare la piena della protesta popolare non resterà senza risposta. La rabbia e disperazione esistenti nella società manderanno all’inferno Papandreou e i parlamentari che voteranno a favore dell’annientamento del popolo greco.
Atene , 5 Maggio 2010
Organizzazione Comunista di Grecia, KOE
Sulla grande manifestazione di oggi e la morte di tre bancari.
l'Organizzazione Comunista di Grecia (KOE) condanna il governo FMI/UE per la sua politica di annientamento della società e l’orgia repressiva scatenata contro il popolo. La morte dei tre impiegati di banca causata da azioni pienamente deprecabili provoca dolore e rabbia, che si aggiunge al risentimento provato dall’intera società contro il governo del collaborazionista Papandreou.
Cinicamente, questo governo col supporto dei maggiori media che ci ricordano la TV dei tempi della dittatura, ha l’impudenza di addossare la responsabilità della morte dei tre impiegati alle centinaia di migliaia di manifestanti, al movimento di massa e più concretamente alla sinistra. È lo stesso Papandreou che ha innescato la tensione e la violenza con le misure adottate dal suo governo. Non importa quante scuse inventeranno in Parlamento, quanti appelli al consenso sociale faranno, Papandreou resterà nella storia come l’aspirante becchino del popolo greco.
Atene e tutto il paese hanno dato vita alle più grandi manifestazioni degli ultimi 30 anni, con mezzo milione in corteo per 6 ore nella sola Atene. Il popolo esige che Papandreou e quei parlamentari che vogliono votare a favore della trasformazione della società in una discarica di rifiuti umani rispondano dei loro crimini. Quelli che hanno consegnato il paese e il popolo alle iene del capitale e dei mercati, quelli che cercano di condannare i lavoratori e i giovani allo sterminio, ne risponderanno al popolo.
La polizia ha attaccato brutalmente le più grandi manifestazioni degli ultimi 30 anni, trasformando Atene in un’ enorme camera a gas, ha attaccato brutalmente anche i cortei di Salonicco e Patrasso. Il Ministero della Repressione risponderà di questo!
Riteniamo responsabile anche il proprietario della Marfin Bank, il “salvatore della patria” che nessuno ha richiesto, che ha obbligato i suoi impiegati a restare dentro la filiale nonostante sapesse del pericolo imminente. Ovviamente, per il capitale la vita umana vale meno dei profitti quotidiani di una filiale di banca.
Il tentativo coordinato di governo, opposizione di destra ed estrema destra di sfruttare la morte dei tre impiegati per fermare la piena della protesta popolare non resterà senza risposta. La rabbia e disperazione esistenti nella società manderanno all’inferno Papandreou e i parlamentari che voteranno a favore dell’annientamento del popolo greco.
Atene , 5 Maggio 2010
Organizzazione Comunista di Grecia, KOE
pc quotid 6 maggio NO all'espulsione di Avni er
oggi 6 maggio 2010
davanti al Tribunale civile di Bari, in Piazza Enrico De Nicola 1
dalle h. 8.30 fino alle h.16
Presidio in difesa dei diritti umani,
contro l’espulsione in Turchia!
Maggiori info su: www.avni-zeynep.net
proletari comunisti è solidale con le manifestazioni di oggi a Bari e Torino
contro l'espulsione del rivoluzionario turco Avni Er
l'espulsione per Avni con consegna al regime fascista turco significa morte
"Il primo aprile del 2004 è stato arrestato: in Turchia, Germania, Belgio, Olanda e Italia sono scattate le manette per lui e altre 150 accusati di fare parte del Dhkp-C, partito che l’Unione Europea ha inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche stilata dopo l’11 settembre. Avni è stato fermato a Perugia. Condannato per associazione sovversiva, ha scontato sei anni di carcere tra le celle di Benevento, Nuoro e Spoleto,
Dal carcere è stato trasferito al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Bari. La Turchia ha chiesto l’estradizione. Lui ha fastto domanda di asilo politico, ma gli è stato negato. Ha fatto ricorso, il giudice ha sospeso l’espulsione, ma oggi è in programma l’udienza,il possibile ultimo capitolo.
«Se mi rimpatriano, sono un uomo morto», ripete Avni. «Ho accettato il carcere per far conoscere l’ingiustizia non della Turchia, ma di una parte politica. Amo il mio paese, non odio il popolo turco. È un paese complesso, vario, ma mentre i tre milioni di turchi in Germania sanno molto di quello che accade lì, qui in Italia si sa poco. Hanno scelto me per fare da antenna in Italia delle persecuzioni politiche che dopo il 2001 si sono fatte più forti, ma sono finito in carcere. Anche i giornali scrivono poco e quello che scrivono lo prendono dalle fonti governative. E allora la rivolta in un carcere passa come la ribellione dei detenuti. La verità è che quasi mai si tratta di una ribellione, ma di un attacco dei militari. È successo nel 1984, e poi ancora nel 1995, ‘96, ‘99 e nel Duemila. Centinaia di prigionieri decine di morti».
davanti al Tribunale civile di Bari, in Piazza Enrico De Nicola 1
dalle h. 8.30 fino alle h.16
Presidio in difesa dei diritti umani,
contro l’espulsione in Turchia!
Maggiori info su: www.avni-zeynep.net
proletari comunisti è solidale con le manifestazioni di oggi a Bari e Torino
contro l'espulsione del rivoluzionario turco Avni Er
l'espulsione per Avni con consegna al regime fascista turco significa morte
"Il primo aprile del 2004 è stato arrestato: in Turchia, Germania, Belgio, Olanda e Italia sono scattate le manette per lui e altre 150 accusati di fare parte del Dhkp-C, partito che l’Unione Europea ha inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche stilata dopo l’11 settembre. Avni è stato fermato a Perugia. Condannato per associazione sovversiva, ha scontato sei anni di carcere tra le celle di Benevento, Nuoro e Spoleto,
Dal carcere è stato trasferito al Cie (Centro di identificazione ed espulsione) di Bari. La Turchia ha chiesto l’estradizione. Lui ha fastto domanda di asilo politico, ma gli è stato negato. Ha fatto ricorso, il giudice ha sospeso l’espulsione, ma oggi è in programma l’udienza,il possibile ultimo capitolo.
«Se mi rimpatriano, sono un uomo morto», ripete Avni. «Ho accettato il carcere per far conoscere l’ingiustizia non della Turchia, ma di una parte politica. Amo il mio paese, non odio il popolo turco. È un paese complesso, vario, ma mentre i tre milioni di turchi in Germania sanno molto di quello che accade lì, qui in Italia si sa poco. Hanno scelto me per fare da antenna in Italia delle persecuzioni politiche che dopo il 2001 si sono fatte più forti, ma sono finito in carcere. Anche i giornali scrivono poco e quello che scrivono lo prendono dalle fonti governative. E allora la rivolta in un carcere passa come la ribellione dei detenuti. La verità è che quasi mai si tratta di una ribellione, ma di un attacco dei militari. È successo nel 1984, e poi ancora nel 1995, ‘96, ‘99 e nel Duemila. Centinaia di prigionieri decine di morti».
pc quotidiano 6 maggio Grecia una rivolta necessaria
Lo sciopero generale di ieri in Grecia ha visto una massiccia partecipazione operaia
e popolare, in particolare dei settori più colpiti dalle misure draconiane del governo Papandreu per scaricare la devastante crisi sui proletari e masse popolari.
Una grande manifestazione ha attraversato Atene ed altre città della Grecia, settori in prevalenza della gioventù ma sostenuti da ampi settori operai e popolari attivamente o con un consenso palpabile, ha attaccato il Parlamento ed altre sedi individuate come responsabili della crisi, in primis banche.
Anche questo è giusto e necessario; non è pensabile che da questa crisi si possa uscire con una semplice richiesta di modifica delle misure del governo Papandreu.
La borghesia greca sostenuta dai capitalisti e imperialisti europei e dai loro governi non offre alla situazione altra via di uscita che il taglio di salari, pensioni, servizi sociali, in un paese già provato da sacrifici, precarietà, disoccupazione di massa. Se si vuole fermare questa strada serve lo sciopero generale e la lotta di massa che paralizzi il paese, ma serve la rivolta che assedi e attacchi i centri del capitale, del governo e delle istituzioni.
Su questo non vi possono essere equivoci e questo è indipendente dalle posizioni forze soggettive proletarie, giovanili, rivoluzionarie. E' una necessità e un compito per tutti. Chi se ne sottrae non porta avanti avanti una lotta migliore ma lascia la direzione del movimento al riformismo filo o antigovernativo che sia e la direzione e pratica della rivolta alle componenti anarchiche, che evidentemente non possono andare oltre una conmbattiva e antagonista azione senza progetto e prospettiva, divorziata programmaticamente dalla conquista, partecipazione, protagonismo diretto della classe operaia e masse proletarie.
Le forme dell'attacco, l'ideologia che lo guida e anche aspetti delle prassi 'distruttive' non sono indifferenti se si vuole raggiungere gli obiettivi e su questo tocca ai comunisti e alle avanguardie proletarie fare il primo passo e non
essere nè fuori, nè alla coda.
In Grecia serve lavorare per l'insurrezione popolare, ma come culmine e non come inizio; serve il partito, il sindacalismo di classe, il fronte unito ma tutto deve essere finalizzato alla guerra di massa prolungata che sfoci nell'insurrezione.
Il governo cavalca la tigre dei tre morti nella banca per soffocare con la forza e il sostegno di tutte le forze parlamentari la rivolta e la protesta popolare.
Noi siamo dalla parte della rivolta in tutte le sue forme e riteniamo che in queste ore in Grecia, si combatte una battaglia importante e decisiva per tutti i proletari in Europa, perchè la Grecia è come noi saremo, e noi siamo come la Grecia era, fatte le debite proporzioni nella catena dello sviluppo disuguale dell'imperialismo e la crisi
proletari comunisti
6 maggio 2010
e popolare, in particolare dei settori più colpiti dalle misure draconiane del governo Papandreu per scaricare la devastante crisi sui proletari e masse popolari.
Una grande manifestazione ha attraversato Atene ed altre città della Grecia, settori in prevalenza della gioventù ma sostenuti da ampi settori operai e popolari attivamente o con un consenso palpabile, ha attaccato il Parlamento ed altre sedi individuate come responsabili della crisi, in primis banche.
Anche questo è giusto e necessario; non è pensabile che da questa crisi si possa uscire con una semplice richiesta di modifica delle misure del governo Papandreu.
La borghesia greca sostenuta dai capitalisti e imperialisti europei e dai loro governi non offre alla situazione altra via di uscita che il taglio di salari, pensioni, servizi sociali, in un paese già provato da sacrifici, precarietà, disoccupazione di massa. Se si vuole fermare questa strada serve lo sciopero generale e la lotta di massa che paralizzi il paese, ma serve la rivolta che assedi e attacchi i centri del capitale, del governo e delle istituzioni.
Su questo non vi possono essere equivoci e questo è indipendente dalle posizioni forze soggettive proletarie, giovanili, rivoluzionarie. E' una necessità e un compito per tutti. Chi se ne sottrae non porta avanti avanti una lotta migliore ma lascia la direzione del movimento al riformismo filo o antigovernativo che sia e la direzione e pratica della rivolta alle componenti anarchiche, che evidentemente non possono andare oltre una conmbattiva e antagonista azione senza progetto e prospettiva, divorziata programmaticamente dalla conquista, partecipazione, protagonismo diretto della classe operaia e masse proletarie.
Le forme dell'attacco, l'ideologia che lo guida e anche aspetti delle prassi 'distruttive' non sono indifferenti se si vuole raggiungere gli obiettivi e su questo tocca ai comunisti e alle avanguardie proletarie fare il primo passo e non
essere nè fuori, nè alla coda.
In Grecia serve lavorare per l'insurrezione popolare, ma come culmine e non come inizio; serve il partito, il sindacalismo di classe, il fronte unito ma tutto deve essere finalizzato alla guerra di massa prolungata che sfoci nell'insurrezione.
Il governo cavalca la tigre dei tre morti nella banca per soffocare con la forza e il sostegno di tutte le forze parlamentari la rivolta e la protesta popolare.
Noi siamo dalla parte della rivolta in tutte le sue forme e riteniamo che in queste ore in Grecia, si combatte una battaglia importante e decisiva per tutti i proletari in Europa, perchè la Grecia è come noi saremo, e noi siamo come la Grecia era, fatte le debite proporzioni nella catena dello sviluppo disuguale dell'imperialismo e la crisi
proletari comunisti
6 maggio 2010
pc quotid 6maggio CONGRESSO CGIL: EPIFANI, SVOLTA SI', MA DECISAMENTE A DESTRA
Ieri si è aperto il 16° congresso della Cgil ed Epifani ha dato subito il segno di quale deve essere la linea che ne deve uscire. E' un segnale per l'esterno, di decisa apertura e disponibilità verso il padronato, il governo, cisl e uil; ma è anche un segnale/diktat verso l'interno, in particolare nella Fiom, per portare all'ordine ogni "velleità di fare un sindacato conflittuale".
La parola d'ordine è che la Cgil deve rientare in campo; ma il campo è appunto quello dei tavoli di concertazione con padroni e governo; alcune esclusioni dei mesi scorsi, come i contrasti con cisl e uil, hanno posto in serio allarme la Cgil che potesse effettivamente essere isolata.
Per questo anche visivamente il congresso sancisce il repentino dietrofront: Epifani non parla agli iscritti e tantomeno ai lavoratori, ma parla e si riferisce alla Pres. della Confindustria, Marcegaglia, al governo, al ministro Sacconi, ai segretari di cisl e uil, invitati d'onore.
E loro gliene danno atto:
La presidente della Confindustria, partecipando per la prima volta ad un congresso della cgil e riconoscendo alla cgil che pur non avendo sottoscritto l'accordo sul nuovo modello di contrattazione, ha poi firmato tutti i rinnovi contrattuali (meno quello dei metalmeccanici) e tutti gli accordi locali e aziendali , soprattutto quelli su cassintegrazione, licenziamenti, ristrutturazione all'insegna della difesa dei padroni dalla crisi, improntati su questo nuovo modello e alcuni - come quello dei Chimici, o l'accordo per gli esuberi della Triumph - fortemente improntati da una logica e posizione socialfascista, corporativa.
Il Governo, che vede ora nella linea di Epifani una effettiva possibilità di dialogo costruttivo sull'operazione che Sacconi si accinge a fare di revisione/cancellazione dello Statuto dei Lavoratori e dei diritti fondamentali dei lavoratori.
Non è un caso - e mai come in questo caso le parole hanno un enorme peso - che Cgil, padroni e governo si trovino uniti nel parlare di "lavoro" ("piano del lavoro") che vuole mettere nella stessa barca gli interessi dei lavoratori con quelli dei capitalisti, e non di "lavoratori". Le proposte di politica economica indicate da Epifani "per far crescere di più il nostro Pil e ridurre il tasso di disoccupazione" - a cominciare da un piano per le infrastrutture, non possono che essere musica per imprenditori, governativi o di opposizione che siano; ma nulla possono dire agli operai, a tutti i lavoratori che stanno perdendo o hanno perso il lavoro.
Cisl e uil, che vedono nella mano tesa di Epifani, nella sua disponibilità a discutere la verifica della modifica del sistema contrattuale, la conferma che loro avevano ragione.
Chiaramente questa cgil deve trasformare decisamente anche la sua composizione interna di iscritti (una trasformazione già in corso, ma che ora deve diventare programmatica). Nella "nuova Cgil" si dice deve crescere il peso delle donne, dei migranti e dei lavoratori terziari". A parte il fatto che anche donne, migranti, lavoratori terziari non hanno alcun peso e i loro effettivi interessi vengono cancellati (di esempi ne potremmo fare a chili, soprattutto sulle donne), la cgil usa in maniera ultrastrumentale questi lavoratori, lavoratrici, per mettere decisamente una parola fine ad una "vecchia" cgil, che ancora si porta dietro "residui di classe", fine al peso della classe operaia, per ultraridimensionare la Fiom.
Infine, non è un caso che chi sostituirà Epifani al vertice della Cgil è una decisamente di destra (la conoscono bene gli operai della Fait di Torino), Susanna Camusso.
Ma questa è un'altra storia che racconteremo dopo.
La parola d'ordine è che la Cgil deve rientare in campo; ma il campo è appunto quello dei tavoli di concertazione con padroni e governo; alcune esclusioni dei mesi scorsi, come i contrasti con cisl e uil, hanno posto in serio allarme la Cgil che potesse effettivamente essere isolata.
Per questo anche visivamente il congresso sancisce il repentino dietrofront: Epifani non parla agli iscritti e tantomeno ai lavoratori, ma parla e si riferisce alla Pres. della Confindustria, Marcegaglia, al governo, al ministro Sacconi, ai segretari di cisl e uil, invitati d'onore.
E loro gliene danno atto:
La presidente della Confindustria, partecipando per la prima volta ad un congresso della cgil e riconoscendo alla cgil che pur non avendo sottoscritto l'accordo sul nuovo modello di contrattazione, ha poi firmato tutti i rinnovi contrattuali (meno quello dei metalmeccanici) e tutti gli accordi locali e aziendali , soprattutto quelli su cassintegrazione, licenziamenti, ristrutturazione all'insegna della difesa dei padroni dalla crisi, improntati su questo nuovo modello e alcuni - come quello dei Chimici, o l'accordo per gli esuberi della Triumph - fortemente improntati da una logica e posizione socialfascista, corporativa.
Il Governo, che vede ora nella linea di Epifani una effettiva possibilità di dialogo costruttivo sull'operazione che Sacconi si accinge a fare di revisione/cancellazione dello Statuto dei Lavoratori e dei diritti fondamentali dei lavoratori.
Non è un caso - e mai come in questo caso le parole hanno un enorme peso - che Cgil, padroni e governo si trovino uniti nel parlare di "lavoro" ("piano del lavoro") che vuole mettere nella stessa barca gli interessi dei lavoratori con quelli dei capitalisti, e non di "lavoratori". Le proposte di politica economica indicate da Epifani "per far crescere di più il nostro Pil e ridurre il tasso di disoccupazione" - a cominciare da un piano per le infrastrutture, non possono che essere musica per imprenditori, governativi o di opposizione che siano; ma nulla possono dire agli operai, a tutti i lavoratori che stanno perdendo o hanno perso il lavoro.
Cisl e uil, che vedono nella mano tesa di Epifani, nella sua disponibilità a discutere la verifica della modifica del sistema contrattuale, la conferma che loro avevano ragione.
Chiaramente questa cgil deve trasformare decisamente anche la sua composizione interna di iscritti (una trasformazione già in corso, ma che ora deve diventare programmatica). Nella "nuova Cgil" si dice deve crescere il peso delle donne, dei migranti e dei lavoratori terziari". A parte il fatto che anche donne, migranti, lavoratori terziari non hanno alcun peso e i loro effettivi interessi vengono cancellati (di esempi ne potremmo fare a chili, soprattutto sulle donne), la cgil usa in maniera ultrastrumentale questi lavoratori, lavoratrici, per mettere decisamente una parola fine ad una "vecchia" cgil, che ancora si porta dietro "residui di classe", fine al peso della classe operaia, per ultraridimensionare la Fiom.
Infine, non è un caso che chi sostituirà Epifani al vertice della Cgil è una decisamente di destra (la conoscono bene gli operai della Fait di Torino), Susanna Camusso.
Ma questa è un'altra storia che racconteremo dopo.
mercoledì 5 maggio 2010
PC Quotidiano 5 Maggio: Gli parano il culo
Avevamo lasciato a Sabato 10 Aprile 2010 le vergognose news che la procura fornisce sulle cause della morte del giovane Cucchi ( ucciso in carcere ndr)
http://proletaricomunisti.blogspot.com/2010/04/e-forse-una-routine.html (Articolo 10/04/2010)
Oggi giungono ulteriori notizie, che per assurdo, cominciano a far sorridere per le cazzate.
Cessa l’accusa di omicidio colposo per le guardie carcerarie, si parla solo di abuso di potere, e siccome un capro espiatorio bisogna comunque trovarlo peggiora l’accusa dei medici che rischiano come pena massima 8 anni di carcere.
Secondo la Procura della Repubblica Stefano Cucchi è stato abbandonato dai medici e si poteva salvare somministrandogli semplicemente dell’acqua e un po’ di zucchero.
Non aver concesso cure mediche adeguate e abbandono, per i medici è sicuramente una colpa e devono pagare ma ciò non può distogliere l’attenzione dal vero motivo per cui Stefano Cucchi è morto, il pestaggio in carcere.
Basta cazzate, ma quale acqua e zucchero, basta i se e i ma inutili, usiamoli solo per dire
MA SE Stefano non veniva picchiato in carcere non moriva poi in ospedale.
Le guardie carcerarie sono e resteranno gli assassini di Stefano comunque vada il processo.
Ci dispiace tantissimo sentire le dichiarazioni della sorella di Stefano che si congratula con i pm per le indagini che si stanno svolgendo, non ha capito ancora che gli assassini resteranno impuniti perché gli parano il culo.
http://proletaricomunisti.blogspot.com/2010/04/e-forse-una-routine.html (Articolo 10/04/2010)
Oggi giungono ulteriori notizie, che per assurdo, cominciano a far sorridere per le cazzate.
Cessa l’accusa di omicidio colposo per le guardie carcerarie, si parla solo di abuso di potere, e siccome un capro espiatorio bisogna comunque trovarlo peggiora l’accusa dei medici che rischiano come pena massima 8 anni di carcere.
Secondo la Procura della Repubblica Stefano Cucchi è stato abbandonato dai medici e si poteva salvare somministrandogli semplicemente dell’acqua e un po’ di zucchero.
Non aver concesso cure mediche adeguate e abbandono, per i medici è sicuramente una colpa e devono pagare ma ciò non può distogliere l’attenzione dal vero motivo per cui Stefano Cucchi è morto, il pestaggio in carcere.
Basta cazzate, ma quale acqua e zucchero, basta i se e i ma inutili, usiamoli solo per dire
MA SE Stefano non veniva picchiato in carcere non moriva poi in ospedale.
Le guardie carcerarie sono e resteranno gli assassini di Stefano comunque vada il processo.
Ci dispiace tantissimo sentire le dichiarazioni della sorella di Stefano che si congratula con i pm per le indagini che si stanno svolgendo, non ha capito ancora che gli assassini resteranno impuniti perché gli parano il culo.
pc quotidiano 5 maggo: Primo maggio rosso e internazionalista a Parigi
Una delegazione di maoisti italiani ha partecipato quest’anno alla manifestazione del Primo Maggio a Parigi, nel corpo di uno spezzone internazionalista folto, festoso e comunicativo.
I suoni dell’Internazionale in italiano, di Bella Ciao in turco, la musica, le danze popolari collettivamente ballate in strada, gli slogan dell’internazionalismo proletario, del primo maggio rosso, della rivoluzione e liberazione dei popoli, contro la barbarie genocida del capitalismo e dell’imperialismo in crisi, hanno ben distinto il pezzo internazionalista dalla marcia rituale dei partiti e sindacati ufficiali, centrato sulle rivendicazioni sindacali per le pensioni.
Un popolo di diverse migliaia di comunisti turchi, francesi, kurdi, italiani raccolti sotto le bandiere delle loro organizzazioni e partiti maoisti e rivoluzionari, ma anche di Tamil e Kurdi in costumi tradizionali dietro le insegne dei movimenti di liberazione nazionali, hanno vissuto una giornata segnata dallo spirito internazionalista proletario, dalla solidarietà tra proletari e popoli oppressi.
In questo contesto, la realizzazione di un contingente maoista unitario è stato il passo seguente il meeting internazionale promosso dai PC maoisti di Italia, Francia e Turchia/Nord Kurdistan tenutosi sempre a Parigi a fine gennaio e l’avvio della nuova rivista internazionale marxista-leninista-maoista MAOIST ROAD, il cui numero 0, dedicato al dibattito e le decisioni dello stesso meeting internazionale, è già disponibile nelle edizioni francese e italiana, in uscita in inglese e in progetto di essere tradotta anche in altre lingue.
Proprio la propaganda e messa in pratica delle decisioni del meeting internazionale è stato il focus principale del nostro primo maggio a Parigi.
Il numero 0 di MAOIST ROAD è stata presentato e diffuso tra tutte le organizzazioni presenti, insieme alla riedizione del numero storico per il decennale del PCm Italia.
Diverse migliaia di copie della dichiarazione comune dei PC maoisti di Francia, Italia, del PCR Canada e del PC (ML) India- Naxalbari, largamente il materiale più presente e diffuso nella manifestazione.
Sue due grandi e vistosi striscioni rossi campeggiavano le parole d’ordine della dichiarazione comune – Dalle rivolte operaie alla rivoluzione proletaria – e delle campagne internazionali lanciate a Parigi – Sostenere la rivoluzione in Nepal, sostenere la guerra popolare in India!
Avanza così, nella coerenza tra parole e fatti, tra piani e iniziative il nuovo percorso internazionalista inaugurato a gennaio, sulla scia dei precedenti meeting sulla rivolta delle Banlieues e sul moderno fascismo, al servizio della costruzione di partiti comunisti di nuovo tipo, maoisti, in tutti i paesi, nella prospettiva di un nuovo passo in avanti verso una nuova Internazionale Comunista.
Parigi, 1.5.2010
pc quotid FIAT: dopo Termini Imerese toccherà a Pomigliano?
Comincia con una “Fumata nera” come dice il sole24ore di oggi l’accordo per la ristrutturazione dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco.
“Non è stato possibile raggiungere un accordo - dice in una nota l’azienda torinese. I tempi stanno diventando sempre più stretti e l’attrezzamento delle linee per la produzione della Nuova Panda non può essere rimandato”. “La trattativa proseguirà nei prossimi giorni con ulteriori contatti informali con le singole organizzazioni sindacali per verificare se ci siano le condizioni per elaborare un documento conclusivo, che rappresenti il massimo livello di consenso possibile.”
Infatti, la richiesta più forte e devastante, una vera provocazione, a parte la chiusura di Termini Imerese, è quella per Pomigliano, dove secondo Marchionne in cambio dell’investimento di 700 milioni di euro gli operai dovrebbero concedere il massimo di flessibilità.
Il Piano/Ricatto presentato da Marchionne è un classico esempio di abilità del padrone di “cogliere l’opportunità della crisi” per una profonda ristrutturazione degli impianti e battere la concorrenza…
Con il progetto "Fabbrica Italia", il gruppo Fiat prevede, infatti, investimenti in Italia per 26 miliardi di euro entro il 2014, più altri quattro in ricerca e sviluppo, per un totale di 30 miliardi di euro.
di raddoppiare la produzione di auto in Italia, portandola dalle 650.000 unità del 2009 a 1,4 milioni di auto nel 2014, oltre a 250mila veicoli commerciali. Secondo i piani presentati da Marchionne, il 65% della produzione verrà esportato, contro il 40% del 2009. Entro il 2012, inoltre, l'Alfa Romeo sarà negli Usa, forse con una spider.
I concorrenti della Fiat a proposito di questo piano “Certamente moriranno dalle risate” dice Marchionne “e poi sarà il mercato a fargli cambiare idea”. Noi pensiamo che nonostante il suo ottimismo i concorrenti abbiano ragione perché Marchionne l’americano sembra non tenere conto proprio del mercato che ancora non esce dalla crisi ma soprattutto sembra non tenere conto della produzione cinese (e di quella indiana) che quest’anno da sola ha superato i 13 milioni di veicoli, altro che 6 milioni per restare sul mercato…
Ma questo, dice Marchionne, «non è un piano di sacrifici, io parlo di impegno. Non ci sarà alcun taglio, ma anzi incremento degli organici» con la piena utilizzazione degli impianti, cioè il ricorso ai 18 turni, l’abbassamento dei minuti di pausa da 40 a 30, lo spostamento della mezzora di mensa a fine turno, il ricorso al raddoppio delle ore straordinarie obbligatorie, da 40 a 80, il rigoroso contenimento del costo del lavoro, la flessibilità nella risposta ai bisogni del mercato, l'accesso a periodi temporanei di messa a riposo durante la fase di industrializzazione, cioè tutta la cassa integrazione che sarà necessaria! Significa essere spremuti come limoni dicono gli operai!
E se non si accetta questo piano c’è sempre pronto il piano B e cioè “il trasferimento della baracca da un’altra parte” dice senza vergogna Marchionne forte del sostegno del governo e di quello sindacale che con i soliti finti distinguo e la promessa di non firmare sotto dettatura hanno dichiarato il pieno appoggio al piano.
Forse mai come in questa occasione il padrone ha avuto la strada così spianata nell’applicazione dei propri piani, sicuro di non trovare ostacoli, mettendo sotto gli occhi dei sindacati confederali avidi di miliardi di investimenti, diventati come Marchionne “americani”, che parlano di grande occasione da non lasciarsi sfuggire e che sbandiereranno addirittura ai lavoratori come vittoria, ma che sperano gli serva soprattutto a scongiurare “il conflitto sociale”… sul quale gli operai, come tradizione, devono avere l’ultima parola!
“Non è stato possibile raggiungere un accordo - dice in una nota l’azienda torinese. I tempi stanno diventando sempre più stretti e l’attrezzamento delle linee per la produzione della Nuova Panda non può essere rimandato”. “La trattativa proseguirà nei prossimi giorni con ulteriori contatti informali con le singole organizzazioni sindacali per verificare se ci siano le condizioni per elaborare un documento conclusivo, che rappresenti il massimo livello di consenso possibile.”
Infatti, la richiesta più forte e devastante, una vera provocazione, a parte la chiusura di Termini Imerese, è quella per Pomigliano, dove secondo Marchionne in cambio dell’investimento di 700 milioni di euro gli operai dovrebbero concedere il massimo di flessibilità.
Il Piano/Ricatto presentato da Marchionne è un classico esempio di abilità del padrone di “cogliere l’opportunità della crisi” per una profonda ristrutturazione degli impianti e battere la concorrenza…
Con il progetto "Fabbrica Italia", il gruppo Fiat prevede, infatti, investimenti in Italia per 26 miliardi di euro entro il 2014, più altri quattro in ricerca e sviluppo, per un totale di 30 miliardi di euro.
di raddoppiare la produzione di auto in Italia, portandola dalle 650.000 unità del 2009 a 1,4 milioni di auto nel 2014, oltre a 250mila veicoli commerciali. Secondo i piani presentati da Marchionne, il 65% della produzione verrà esportato, contro il 40% del 2009. Entro il 2012, inoltre, l'Alfa Romeo sarà negli Usa, forse con una spider.
I concorrenti della Fiat a proposito di questo piano “Certamente moriranno dalle risate” dice Marchionne “e poi sarà il mercato a fargli cambiare idea”. Noi pensiamo che nonostante il suo ottimismo i concorrenti abbiano ragione perché Marchionne l’americano sembra non tenere conto proprio del mercato che ancora non esce dalla crisi ma soprattutto sembra non tenere conto della produzione cinese (e di quella indiana) che quest’anno da sola ha superato i 13 milioni di veicoli, altro che 6 milioni per restare sul mercato…
Ma questo, dice Marchionne, «non è un piano di sacrifici, io parlo di impegno. Non ci sarà alcun taglio, ma anzi incremento degli organici» con la piena utilizzazione degli impianti, cioè il ricorso ai 18 turni, l’abbassamento dei minuti di pausa da 40 a 30, lo spostamento della mezzora di mensa a fine turno, il ricorso al raddoppio delle ore straordinarie obbligatorie, da 40 a 80, il rigoroso contenimento del costo del lavoro, la flessibilità nella risposta ai bisogni del mercato, l'accesso a periodi temporanei di messa a riposo durante la fase di industrializzazione, cioè tutta la cassa integrazione che sarà necessaria! Significa essere spremuti come limoni dicono gli operai!
E se non si accetta questo piano c’è sempre pronto il piano B e cioè “il trasferimento della baracca da un’altra parte” dice senza vergogna Marchionne forte del sostegno del governo e di quello sindacale che con i soliti finti distinguo e la promessa di non firmare sotto dettatura hanno dichiarato il pieno appoggio al piano.
Forse mai come in questa occasione il padrone ha avuto la strada così spianata nell’applicazione dei propri piani, sicuro di non trovare ostacoli, mettendo sotto gli occhi dei sindacati confederali avidi di miliardi di investimenti, diventati come Marchionne “americani”, che parlano di grande occasione da non lasciarsi sfuggire e che sbandiereranno addirittura ai lavoratori come vittoria, ma che sperano gli serva soprattutto a scongiurare “il conflitto sociale”… sul quale gli operai, come tradizione, devono avere l’ultima parola!
pc quotid 5 maggio IERI A DIFESA DEI NOSTRI CONFINI, OGGI A DIFESA DELLA PACE
Queste sono la parole d’ordine che fanno da contorno alla parata degli alpini che si terra a Bergamo dal 7 al 9 maggio, una città assediata con tanto di zona rossa, come chiamare altrimenti 3 giorni di occupazione della città in cui ci saranno deroghe speciali per l’apertura dei negozi fino alle 2 di notte, mentre i locali frequentati dai giovani e quelli degli immigrati come i kebab o altro si impongono chiusure o limitazioni alle 22 della sera per tutto l’anno, con migliaia di bandiere tricolori messe dagli alpini in ogni angolo e spuntate anche su case e negozi, proprio a voler caratterizzare questo evento come chiara propaganda, a sostegno dell’ imperialismo del governo italiano che da un lato, all’esterno, con le missioni militari Irak, Afganistan etc., fa la guerra ai popoli nel mondo per salvaguardare gli interessi dei padroni italiani e dall’altro all’interno fa la guerra quotidiana ai lavoratori e alla popolazione con licenziamenti e repressione, provvedimenti razzisti e politiche fasciste.
Non si può far passare gli alpini come difensori della pace, quando oggi sono impegnati come militari a compiere quotidianamente rastrellamenti e guerre terroristiche all’estero, così come sono impegnati, con i carabinieri, nelle vie della città a far applicare lo sciagurato pacchetto sicurezza del governo facendo le ronde con la jeep, a caccia di immigrati senza documenti da sbattere nei cie, come successo ad una giovane badante boliviana incinta che si è fatta 3 mesi al cie di roma, fermata mentre tornava dal lavoro e scendeva dal bus, notizia uscita dopo molto tempo e in tono pietistico su l’eco di bg, quotidiano dei poteri forti, padroni e chiesa, che da il suo contributo quotidiano nel far passare la stessa politica repressiva e antimmigrati e mettere al centro dio-patria-famiglia….
Eppure questa mistificazione attraverso l’immagine “bonaria dell’alpino” non solo serve a far prendere confidenza alla popolazione della presenza dei militari nelle strade come una normalità per garantire la loro “sicurezza”, ma sopratutto per sviare l’attenzione dal reale aumento dell’insicurezza quella dei licenziamenti e della mancanza di lavoro, dove “il territorio bergamasco è stato duramente colpito dalla crisi” e come ci conferma monsignor Gervasoni presidente Caritas Bg, diventa prioritario: “….dare speranza e fiducia per non lasciare le persone nella disperazione e nella rabbia. Ho un grandissimo timore di sviluppi violenti: questo va evitato a tutti i costi.”
Questa politica è condivisa in maniera bipartisan da pd e pdl locali che hanno condannato le giuste contestazioni di anarchici e antimilitaristi durante la cerimonia del 25 aprile verso le forze armate e il sindaco fascista Tentorio e dove per questo sono stati identificati e tenuti sotto pressione dalla digos,
che si inseguono nelle ordinanze contro abusivi e mendicanti, che cacciano gli immigrati con i ricatti dell’acqua a Zingonia grazie al sindaco del PD enea bagini,
che hanno consiglieri nei comuni che fanno il saluto romano in rete sul proprio profilo di face book,
che hanno condannato gli antifascisti e legittimato l’apertura di una sede di FN in città,
per questo oltre a ricordare il presidio del 13 maggio al tribunale di bergamo per processo a 2 compagni fermati in quei giorni, vogliamo rilanciare la necessità di contrastare su tutti questi fronti la marcia reazionaria con un’azione costante da rete antifascista e antirepressione sul territorio.
Non si può far passare gli alpini come difensori della pace, quando oggi sono impegnati come militari a compiere quotidianamente rastrellamenti e guerre terroristiche all’estero, così come sono impegnati, con i carabinieri, nelle vie della città a far applicare lo sciagurato pacchetto sicurezza del governo facendo le ronde con la jeep, a caccia di immigrati senza documenti da sbattere nei cie, come successo ad una giovane badante boliviana incinta che si è fatta 3 mesi al cie di roma, fermata mentre tornava dal lavoro e scendeva dal bus, notizia uscita dopo molto tempo e in tono pietistico su l’eco di bg, quotidiano dei poteri forti, padroni e chiesa, che da il suo contributo quotidiano nel far passare la stessa politica repressiva e antimmigrati e mettere al centro dio-patria-famiglia….
Eppure questa mistificazione attraverso l’immagine “bonaria dell’alpino” non solo serve a far prendere confidenza alla popolazione della presenza dei militari nelle strade come una normalità per garantire la loro “sicurezza”, ma sopratutto per sviare l’attenzione dal reale aumento dell’insicurezza quella dei licenziamenti e della mancanza di lavoro, dove “il territorio bergamasco è stato duramente colpito dalla crisi” e come ci conferma monsignor Gervasoni presidente Caritas Bg, diventa prioritario: “….dare speranza e fiducia per non lasciare le persone nella disperazione e nella rabbia. Ho un grandissimo timore di sviluppi violenti: questo va evitato a tutti i costi.”
Questa politica è condivisa in maniera bipartisan da pd e pdl locali che hanno condannato le giuste contestazioni di anarchici e antimilitaristi durante la cerimonia del 25 aprile verso le forze armate e il sindaco fascista Tentorio e dove per questo sono stati identificati e tenuti sotto pressione dalla digos,
che si inseguono nelle ordinanze contro abusivi e mendicanti, che cacciano gli immigrati con i ricatti dell’acqua a Zingonia grazie al sindaco del PD enea bagini,
che hanno consiglieri nei comuni che fanno il saluto romano in rete sul proprio profilo di face book,
che hanno condannato gli antifascisti e legittimato l’apertura di una sede di FN in città,
per questo oltre a ricordare il presidio del 13 maggio al tribunale di bergamo per processo a 2 compagni fermati in quei giorni, vogliamo rilanciare la necessità di contrastare su tutti questi fronti la marcia reazionaria con un’azione costante da rete antifascista e antirepressione sul territorio.
martedì 4 maggio 2010
pc quotid 5 maggio Il Congresso della Cgil e la responsabilità di Epifani
La Cgil di Epifani non finisce mai di stupire la borghesia perché domani 5 maggio all’apertura del 16° congresso della Cgil ci saranno invitati d’eccezione, la Marcegaglia, presidente di Confindustria, e il ministro Sacconi, tra gli altri, “presenze impensabili fino a qualche mese fa”, commenta il sole24ore. Non per Epifani che ha affermato che “anche la cgil deve sedersi al tavolo e trattare… la contrattazione fa parte dell’identità di un sindacato”. Contrattazione di cosa?...
“Quattro anni fa - ha spiegato Epifani - lanciavamo al Congresso un ‘Progetto Paese’ che puntava sui diritti, sul lavoro, sulla libertà e la democrazia. Anche questa volta chiediamo un progetto che punti ad affrontare la crisi”.
Un “progetto paese” che, è davanti agli occhi di tutti, ha fatto bene solo ai ricchi, ai padroni, che hanno aumentato i loro profitti e i redditi personali, e al governo che ha goduto della pace sociale; un progetto di cui le masse pagano il conto abbastanza salato.
Ma Epifani fa finta che in questi 4 anni non sia successo niente e guarda al presente dicendo che “nel nostro Paese manca ancora un'idea su quello che si deve fare, una proposta programmatica per superare la crisi”. Lui un’idea ce l’ha e la vuole trasmettere direttamente ai padroni e ai ministri perché bisogna dialogare.
Chi pensasse che Epifani non sia lucido sbaglia, lui sa che: “Ci aspetta un periodo di lacrime e sangue più che di risorse per i contatti pubblici…”; “il decreto sull’arbitrato mina il diritto costituzionale dei cittadini di ricorrere al giudice per veder riconosciuti i loro diritti.”; si tratta di “un sistema che trasferisce gran parte della contrattazione sul territorio e nelle aziende istituendo una sorta di federalismo sindacale”, e ancora “Temiamo nei prossimi due anni una ripresa senza il lavoro, [con aziende che fanno utili e ristrutturano] per questo cercheremo di mettere a fuoco proposte per l'occupazione, per una riforma dei diritti, a partire dagli ammortizzatori sociali e, più in generale, una proposta programmatica per il Paese che abbia il lavoro al centro”.
Il lavoro, appunto, non i lavoratori! E sul lavoro i padroni hanno idee ben precise come insiste a ricordarcelo uno dei loro portavoce, Dell’Aringa, mentre fa i complimenti a Epifani: “tutte le categorie e le organizzazioni territoriali della cgil, che si sono liberate dall’assedio della Fiom, hanno continuato in questi mesi a contrattare insieme con Uil e Cisl sia i rinnovi dei contratti nazionali di lavoro sia l’utilizzo degli ammortizzatori sociali; … sono poi sul tappeto altre importanti questioni da affrontare come quella dell’arbitrato che vede ancora la Cgil su rigidissime posizioni.[!] Altre questi si apriranno nei prossimi mesi come il nuovo statuto dei lavori. La riforma degli ammortizzatori sociali, il rilancio dei servizi all’impiego e della formazione, le regole della rappresentanza e le norme sulla partecipazioni dei lavoratori in azienda. Per non parlare delle riforme in campo economico e delle misure da prendere per accelerare la ripresa produttiva.”
Contratti
Ammortizzatori Sociali
Arbitrato
Statuto dei lavori
Servizi per l’impiego
Formazione
Regole sulla rappresentanza
Partecipazione lavoratori in azienda
Riforme in campo economico
Misure per accelerare la ripresa produttiva
Hanno le idee molto chiare sul loro programma i padroni! E festeggiano!
E festeggiano anche il loro centenario con soldi pubblici (la Marcegaglia ha chiesto e ottenuto 120.000 euro!!!), e si rallegrano del fatto che sta aumentando l’utilizzo dei “contratti spot”, quelli precari della legge Biagi e di altre leggi.
Insomma Epifani è lucido ma sorvola su quello che Dell’Aringa dice apertamente a nome dei padroni. E di questo è grata la Confindustria che sul Sole 24 Ore di oggi ribadisce il “senso di responsabilità che presidente Marcegaglia in quest’ultimo anno ha ripetutamente riconosciuto alla Cgil, in privato e in pubblico” perché “Ci sono sul tavolo i grandi temi della crisi, le difficoltà delle fabbriche, l’occupazione, il fisco… questioni delicate che gestire con il conflitto sarebbe più difficile…”.
Sarà stato il caffè che Epifani e la Marcegaglia hanno preso in diverse occasioni, sarà stato l’invito ricevuto in occasione del convegno degli industriali di Parma, dove Epifani sedeva accanto all’amministratore delegato della Fiat, Marchionne, sarà perché Epifani non ha mai dimenticato il patto tra produttori che ha proposto già nel 2004 a Montezemolo, fatto è che l’aria sembra serena… tranne che per i metalmeccanici “l’ala più intransigente della confederazione che non ha firmato il rinnovo del contratto”: la Fiom.
I padroni si sentono abbastanza sicuri dato che pensano che quello della Cgil sarà “un congresso dal quale uscirà un Confederazione più riformista e dialogante, con la mozione di maggioranza del segretario che ha incassato l’83% dei consensi”, ma “Epifani il responsabile” ha pensato anche a questo: prima ha “strigliato la Fiom”, come ha detto un giornale, ricordando che “la contrattazione fa parte dell’identità di un sindacato” e poi ha cercato di isolarla ancora di più… ma quella dell’“anomalia” Fiom è un’altra storia…
“Quattro anni fa - ha spiegato Epifani - lanciavamo al Congresso un ‘Progetto Paese’ che puntava sui diritti, sul lavoro, sulla libertà e la democrazia. Anche questa volta chiediamo un progetto che punti ad affrontare la crisi”.
Un “progetto paese” che, è davanti agli occhi di tutti, ha fatto bene solo ai ricchi, ai padroni, che hanno aumentato i loro profitti e i redditi personali, e al governo che ha goduto della pace sociale; un progetto di cui le masse pagano il conto abbastanza salato.
Ma Epifani fa finta che in questi 4 anni non sia successo niente e guarda al presente dicendo che “nel nostro Paese manca ancora un'idea su quello che si deve fare, una proposta programmatica per superare la crisi”. Lui un’idea ce l’ha e la vuole trasmettere direttamente ai padroni e ai ministri perché bisogna dialogare.
Chi pensasse che Epifani non sia lucido sbaglia, lui sa che: “Ci aspetta un periodo di lacrime e sangue più che di risorse per i contatti pubblici…”; “il decreto sull’arbitrato mina il diritto costituzionale dei cittadini di ricorrere al giudice per veder riconosciuti i loro diritti.”; si tratta di “un sistema che trasferisce gran parte della contrattazione sul territorio e nelle aziende istituendo una sorta di federalismo sindacale”, e ancora “Temiamo nei prossimi due anni una ripresa senza il lavoro, [con aziende che fanno utili e ristrutturano] per questo cercheremo di mettere a fuoco proposte per l'occupazione, per una riforma dei diritti, a partire dagli ammortizzatori sociali e, più in generale, una proposta programmatica per il Paese che abbia il lavoro al centro”.
Il lavoro, appunto, non i lavoratori! E sul lavoro i padroni hanno idee ben precise come insiste a ricordarcelo uno dei loro portavoce, Dell’Aringa, mentre fa i complimenti a Epifani: “tutte le categorie e le organizzazioni territoriali della cgil, che si sono liberate dall’assedio della Fiom, hanno continuato in questi mesi a contrattare insieme con Uil e Cisl sia i rinnovi dei contratti nazionali di lavoro sia l’utilizzo degli ammortizzatori sociali; … sono poi sul tappeto altre importanti questioni da affrontare come quella dell’arbitrato che vede ancora la Cgil su rigidissime posizioni.[!] Altre questi si apriranno nei prossimi mesi come il nuovo statuto dei lavori. La riforma degli ammortizzatori sociali, il rilancio dei servizi all’impiego e della formazione, le regole della rappresentanza e le norme sulla partecipazioni dei lavoratori in azienda. Per non parlare delle riforme in campo economico e delle misure da prendere per accelerare la ripresa produttiva.”
Contratti
Ammortizzatori Sociali
Arbitrato
Statuto dei lavori
Servizi per l’impiego
Formazione
Regole sulla rappresentanza
Partecipazione lavoratori in azienda
Riforme in campo economico
Misure per accelerare la ripresa produttiva
Hanno le idee molto chiare sul loro programma i padroni! E festeggiano!
E festeggiano anche il loro centenario con soldi pubblici (la Marcegaglia ha chiesto e ottenuto 120.000 euro!!!), e si rallegrano del fatto che sta aumentando l’utilizzo dei “contratti spot”, quelli precari della legge Biagi e di altre leggi.
Insomma Epifani è lucido ma sorvola su quello che Dell’Aringa dice apertamente a nome dei padroni. E di questo è grata la Confindustria che sul Sole 24 Ore di oggi ribadisce il “senso di responsabilità che presidente Marcegaglia in quest’ultimo anno ha ripetutamente riconosciuto alla Cgil, in privato e in pubblico” perché “Ci sono sul tavolo i grandi temi della crisi, le difficoltà delle fabbriche, l’occupazione, il fisco… questioni delicate che gestire con il conflitto sarebbe più difficile…”.
Sarà stato il caffè che Epifani e la Marcegaglia hanno preso in diverse occasioni, sarà stato l’invito ricevuto in occasione del convegno degli industriali di Parma, dove Epifani sedeva accanto all’amministratore delegato della Fiat, Marchionne, sarà perché Epifani non ha mai dimenticato il patto tra produttori che ha proposto già nel 2004 a Montezemolo, fatto è che l’aria sembra serena… tranne che per i metalmeccanici “l’ala più intransigente della confederazione che non ha firmato il rinnovo del contratto”: la Fiom.
I padroni si sentono abbastanza sicuri dato che pensano che quello della Cgil sarà “un congresso dal quale uscirà un Confederazione più riformista e dialogante, con la mozione di maggioranza del segretario che ha incassato l’83% dei consensi”, ma “Epifani il responsabile” ha pensato anche a questo: prima ha “strigliato la Fiom”, come ha detto un giornale, ricordando che “la contrattazione fa parte dell’identità di un sindacato” e poi ha cercato di isolarla ancora di più… ma quella dell’“anomalia” Fiom è un’altra storia…
pc quotidiano 4 maggio processi thyssen e eternit a torino
Continuano a svolgersi settimanalmente a torino due processi per morti sul lavoro e da lavoro molto importanti, ma che non godono dell'attenzione che meriterebbero
a torino sono seguiti stabilmente dalla rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro, che ha già fatto due manifestazioni nazionali intorno a queste vicende
il 6 dicembre 2008 a un anno dalla strage della thissenkrupp e il 10 dicembre 2010 in occasione della apertura del processo Eternit.
svolgono anche una denuncia politica sistematica i compagni di Torino del collettivo comunista piemontese.
La rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro ha informato che vista della prevedibile conclusione entro giugno del processo Thyssen, in occasione della udienza conclusiva in cui ci sarà la sentenza, organizzerà una presenza di operai e lavoratori della Rete prevalentemente del Nord per dare valore alla sentenza e poter subito esprimere la propria posizione a sostegno degli operai e familiari interessati al processo
pubblichiamo in seguito le cronache a cura di un compagno della Rete di Torino, delle udienze tenutesi il 3 e 4 maggio per i due processi
PROCESSO ETERNIT: UDIENZA DEL 3 MAGGIO
La udienza si apre alle ore 9:30 con la lettura, da parte del giudice Giuseppe Casalbore, di una ordinanza che rigetta in toto tutte le eccezioni espresse nella scorsa seduta dalle difese.
Subito dopo viene sentita la consulente tecnico del pm, dottoressa - geologa per la precisione - Cecconi, che illustra, con lo aiuto di alcune immagini, i cambiamenti morfologici sopravvenuti nel territorio di Casale Monferrato, lungo le sponde del Po, a causa degli apporti detritici provenienti dallo stabilimento Eternit e degli eventi alluvionali; da questo studio si evince che la Eternit ha disperso nel Po, in maniera continuativa, venti tonnellate di materiale contenente amianto.
A seguire tocca ai due sindaci attualmente in carica nei Comuni piemontesi sedi di stabilimenti della Eternit: il dottor Demezzi per il comune di Casale Monferrato, e il dottor Sampò per quello di Cavagnolo.
Ambedue ribadiscono quanto affermato dalle deposizioni già raccolte, aggiungendo i dati dei costi (centinaia di milioni di Euro) della bonifica dei siti produttivi abbandonati in fretta e furia dalla azienda subito dopo la dichiarazione di fallimento, ma lasciati in condizioni igienico-sanitarie terribili, con tonnellate di materiale contenente amianto ancora presente in aree di stoccaggio a cielo aperto; aggiungono inoltre la completa indisponibilità, da parte della Eternit, di farsi carico - fosse anche in minima parte - dei relativi costi.
A chiudere le deposizioni odierne è poi il turno del signor Attardo, ex lavoratore - fino al 1986 - dello stabilimento di Casale Monferrato: dopo pochi minuti interviene la difesa degli imputati che fa notare alla Corte come questo sia il terzo operaio ad essere ascoltato, quando lo stesso collegio giudicante ha ammesso soltanto due testimoni per ogni tema di prova; il giudice Casalbore, dopo aver ammesso che si tratta di un errore (causato dal fatto che il signor Pondrano - che sarebbe uno degli altri due operai unitamente con il signor Buffa - era stato ascoltato principalmente come sindacalista), sospende la deposizione e congeda il testimone.
Subito dopo aggiorna la seduta a lunedì 10 maggio, data nella quale ascolterà: gli ex sindaci di Casale Monferrato Coppo e Mascarino, i due presidenti della regione - quello in carica e quella precedente, il signor Patrucco, la signora Sella, e forse il signor Bagno.
Torino, 03 maggio 2010
PROCESSO THYSSENKRUPP: UDIENZA DEL 4 MAGGIO
La udienza odierna si apre con la lettura, da parte della presidente della Corte Maria Iannibelli, di un dispositivo di ordinanza in merito alla richiesta del pm di acquisire nove traduzioni di documenti, tradotti in italiano dal consulente tecnico di parte ingegner Cavallaro, più un file in tedesco: non essendoci accordo tra le parti, la Corte dispone la nomina di due periti che procederanno alla traduzione.
Interviene Audisio che, a sua volta, chiede di produrne altri trentuno - dei quali otto in tedesco - di cui tre differenti da quelli del pm; a questo punto nasce una schermaglia su tutte le acquisizioni, che porta la Corte a sospendere la seduta per circa quarantacinque minuti: la diatriba viene successivamente risolta con la nomina dei traduttori, che dovranno consegnare i loro elaborati entro giovedì 10 giugno, per poi essere ascoltati, insieme con l'ingegner Cavallaro, nella seduta fissata per il giorno successivo.
Tutto questo è propedeutico alla successiva audizione - mercoledì 30 giugno e venerdì 9 luglio - dei consulenti tecnici di parte della difesa i quali, se non fossero intervenuti questi nuovi fatti, sarebbero dovuti essere ascoltati mercoledì 12 maggio.
Alle ore 11:30 inizia la ormai abituale sfilata di ben nove testimoni della difesa: da parte di tutti loro c'è la dichiarazione comune che lo ad Harald Espenhan - durante gli incontri giornalieri con i capi area denominati "short meeting" - è molto attento alla sicurezza, al limite del maniacale; peccato che poi tutti - incalzati dalle domande del pm Guariniello - ammettono di non essere in grado di riferire quali sono le iniziative concrete da lui prese in merito a questa questione.
Ci sorge il dubbio, per non dire la certezza, che tutti questi "signori" siano stati istruiti dai vertici della Thyssenkrupp e dal collegio difensivo: questo anche perché sono tutti, attualmente, dirigenti di varie aree dell'azienda a Terni (Cardinali, centro di figura; Siano, produzione; signora Caporusso, capacità produttiva; signora Ferrandi, programmazione della produzione; Scoppi, spedizioni e trasporti; Luffredduzzi, capacità produttive della area a freddo) o di sue controllate (Calderini, Sammarco, Daunucci).
Alle ore 13:50 la presidente sospende la seduta, aggiornandola a mercoledì 12 maggio quando verranno sentiti gli ultimi due testimoni della lista presentata dallo avvocato Audisio e dalla difesa in generale: Di Bitonto e Raffaelli; si tratta di due "recuperi" di chi non si era presentato alla udienza in cui era stato citato.
Torino, 04 maggio 2010
Stefano Ghio - Rete sicurezza Torino
a torino sono seguiti stabilmente dalla rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro, che ha già fatto due manifestazioni nazionali intorno a queste vicende
il 6 dicembre 2008 a un anno dalla strage della thissenkrupp e il 10 dicembre 2010 in occasione della apertura del processo Eternit.
svolgono anche una denuncia politica sistematica i compagni di Torino del collettivo comunista piemontese.
La rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro ha informato che vista della prevedibile conclusione entro giugno del processo Thyssen, in occasione della udienza conclusiva in cui ci sarà la sentenza, organizzerà una presenza di operai e lavoratori della Rete prevalentemente del Nord per dare valore alla sentenza e poter subito esprimere la propria posizione a sostegno degli operai e familiari interessati al processo
pubblichiamo in seguito le cronache a cura di un compagno della Rete di Torino, delle udienze tenutesi il 3 e 4 maggio per i due processi
PROCESSO ETERNIT: UDIENZA DEL 3 MAGGIO
La udienza si apre alle ore 9:30 con la lettura, da parte del giudice Giuseppe Casalbore, di una ordinanza che rigetta in toto tutte le eccezioni espresse nella scorsa seduta dalle difese.
Subito dopo viene sentita la consulente tecnico del pm, dottoressa - geologa per la precisione - Cecconi, che illustra, con lo aiuto di alcune immagini, i cambiamenti morfologici sopravvenuti nel territorio di Casale Monferrato, lungo le sponde del Po, a causa degli apporti detritici provenienti dallo stabilimento Eternit e degli eventi alluvionali; da questo studio si evince che la Eternit ha disperso nel Po, in maniera continuativa, venti tonnellate di materiale contenente amianto.
A seguire tocca ai due sindaci attualmente in carica nei Comuni piemontesi sedi di stabilimenti della Eternit: il dottor Demezzi per il comune di Casale Monferrato, e il dottor Sampò per quello di Cavagnolo.
Ambedue ribadiscono quanto affermato dalle deposizioni già raccolte, aggiungendo i dati dei costi (centinaia di milioni di Euro) della bonifica dei siti produttivi abbandonati in fretta e furia dalla azienda subito dopo la dichiarazione di fallimento, ma lasciati in condizioni igienico-sanitarie terribili, con tonnellate di materiale contenente amianto ancora presente in aree di stoccaggio a cielo aperto; aggiungono inoltre la completa indisponibilità, da parte della Eternit, di farsi carico - fosse anche in minima parte - dei relativi costi.
A chiudere le deposizioni odierne è poi il turno del signor Attardo, ex lavoratore - fino al 1986 - dello stabilimento di Casale Monferrato: dopo pochi minuti interviene la difesa degli imputati che fa notare alla Corte come questo sia il terzo operaio ad essere ascoltato, quando lo stesso collegio giudicante ha ammesso soltanto due testimoni per ogni tema di prova; il giudice Casalbore, dopo aver ammesso che si tratta di un errore (causato dal fatto che il signor Pondrano - che sarebbe uno degli altri due operai unitamente con il signor Buffa - era stato ascoltato principalmente come sindacalista), sospende la deposizione e congeda il testimone.
Subito dopo aggiorna la seduta a lunedì 10 maggio, data nella quale ascolterà: gli ex sindaci di Casale Monferrato Coppo e Mascarino, i due presidenti della regione - quello in carica e quella precedente, il signor Patrucco, la signora Sella, e forse il signor Bagno.
Torino, 03 maggio 2010
PROCESSO THYSSENKRUPP: UDIENZA DEL 4 MAGGIO
La udienza odierna si apre con la lettura, da parte della presidente della Corte Maria Iannibelli, di un dispositivo di ordinanza in merito alla richiesta del pm di acquisire nove traduzioni di documenti, tradotti in italiano dal consulente tecnico di parte ingegner Cavallaro, più un file in tedesco: non essendoci accordo tra le parti, la Corte dispone la nomina di due periti che procederanno alla traduzione.
Interviene Audisio che, a sua volta, chiede di produrne altri trentuno - dei quali otto in tedesco - di cui tre differenti da quelli del pm; a questo punto nasce una schermaglia su tutte le acquisizioni, che porta la Corte a sospendere la seduta per circa quarantacinque minuti: la diatriba viene successivamente risolta con la nomina dei traduttori, che dovranno consegnare i loro elaborati entro giovedì 10 giugno, per poi essere ascoltati, insieme con l'ingegner Cavallaro, nella seduta fissata per il giorno successivo.
Tutto questo è propedeutico alla successiva audizione - mercoledì 30 giugno e venerdì 9 luglio - dei consulenti tecnici di parte della difesa i quali, se non fossero intervenuti questi nuovi fatti, sarebbero dovuti essere ascoltati mercoledì 12 maggio.
Alle ore 11:30 inizia la ormai abituale sfilata di ben nove testimoni della difesa: da parte di tutti loro c'è la dichiarazione comune che lo ad Harald Espenhan - durante gli incontri giornalieri con i capi area denominati "short meeting" - è molto attento alla sicurezza, al limite del maniacale; peccato che poi tutti - incalzati dalle domande del pm Guariniello - ammettono di non essere in grado di riferire quali sono le iniziative concrete da lui prese in merito a questa questione.
Ci sorge il dubbio, per non dire la certezza, che tutti questi "signori" siano stati istruiti dai vertici della Thyssenkrupp e dal collegio difensivo: questo anche perché sono tutti, attualmente, dirigenti di varie aree dell'azienda a Terni (Cardinali, centro di figura; Siano, produzione; signora Caporusso, capacità produttiva; signora Ferrandi, programmazione della produzione; Scoppi, spedizioni e trasporti; Luffredduzzi, capacità produttive della area a freddo) o di sue controllate (Calderini, Sammarco, Daunucci).
Alle ore 13:50 la presidente sospende la seduta, aggiornandola a mercoledì 12 maggio quando verranno sentiti gli ultimi due testimoni della lista presentata dallo avvocato Audisio e dalla difesa in generale: Di Bitonto e Raffaelli; si tratta di due "recuperi" di chi non si era presentato alla udienza in cui era stato citato.
Torino, 04 maggio 2010
Stefano Ghio - Rete sicurezza Torino
pc quotidiano 4maggio operai cantieri navali blocco al porto di napoli
le lotte operaie devono intensificarsi uscire fuori dai binari, autorganizzarzi
questa mattina un forte sciopero ai cantieri navali di napoli
A scendere in piazza e a bloccare la viabilità interna allo scalo - con rimorchi e muletti messi di traverso - sono stati i lavoratori dei cantieri del Mediterraneo che hanno vivacemente protestato sotto la sede dell'Autorità portuale. Puntavano il dito contro il presidente Luciano Dassatti colpevole, a loro dire, di ridurre sempre più gli spazi per la cantieristica per privilegiare le attività legate alla crocieristica e ai trasporti containers. In un volantino distribuito nel porto, Dassatti viene etichettato come un presidente che «non solo le regole non le rispetta, ma le riscrive su ordine degli amici. In questo modo calpesta la dignità del lavoro nel porto e dei lavoratori compromettendo il futuro delle imprese che stanno investendo nel porto di Napoli ma che non sono gradite a lui e ai suoi amici».
I trecento lavoratori manifestano, in particolar modo, contro il nuovo regolamento dell’ente portuale per l’accesso ai bacini di carenaggio della cantieri del Mediterraneo. Un regolamento che porta la data del 27 aprile scorso e che, sostengono i manifestanti, «è stato inviato a tutte le aziende del comparto soltanto ieri, nonostante ci sia stato la scorsa settimana il comitato portuale. In quella sede - dice uno dei partecipanti alla protesta - il problema è stato affrontato in modo molto marginale». I lavoratori sospettano che in questo modo si favoriscano armatori stranieri.
il blocco di piazzale Pisacane e della viabilità portuale ha provocato profonde ripercussioni sul traffico in città per l'intera mattinata. Ingorghi fino a San Giovanni a Teduccio con i tir in fila che bloccavano la circolazione, paralisi anche sull'autostrada Roma-Napoli con tutti i mezzi pesanti incolonnati che impedivano l'accesso alla città.
questa mattina un forte sciopero ai cantieri navali di napoli
A scendere in piazza e a bloccare la viabilità interna allo scalo - con rimorchi e muletti messi di traverso - sono stati i lavoratori dei cantieri del Mediterraneo che hanno vivacemente protestato sotto la sede dell'Autorità portuale. Puntavano il dito contro il presidente Luciano Dassatti colpevole, a loro dire, di ridurre sempre più gli spazi per la cantieristica per privilegiare le attività legate alla crocieristica e ai trasporti containers. In un volantino distribuito nel porto, Dassatti viene etichettato come un presidente che «non solo le regole non le rispetta, ma le riscrive su ordine degli amici. In questo modo calpesta la dignità del lavoro nel porto e dei lavoratori compromettendo il futuro delle imprese che stanno investendo nel porto di Napoli ma che non sono gradite a lui e ai suoi amici».
I trecento lavoratori manifestano, in particolar modo, contro il nuovo regolamento dell’ente portuale per l’accesso ai bacini di carenaggio della cantieri del Mediterraneo. Un regolamento che porta la data del 27 aprile scorso e che, sostengono i manifestanti, «è stato inviato a tutte le aziende del comparto soltanto ieri, nonostante ci sia stato la scorsa settimana il comitato portuale. In quella sede - dice uno dei partecipanti alla protesta - il problema è stato affrontato in modo molto marginale». I lavoratori sospettano che in questo modo si favoriscano armatori stranieri.
il blocco di piazzale Pisacane e della viabilità portuale ha provocato profonde ripercussioni sul traffico in città per l'intera mattinata. Ingorghi fino a San Giovanni a Teduccio con i tir in fila che bloccavano la circolazione, paralisi anche sull'autostrada Roma-Napoli con tutti i mezzi pesanti incolonnati che impedivano l'accesso alla città.
pc quotidiano 4 maggio taranto, sgomberata la tenda per il lavoro
il sindaco 'buono' vendolian-fifondativo Stefano sgombera la tenda per il lavoro
segue il primo comunicato stampa dei disoccupati organizzati dello slai cobas per il sindacato di classe taranto
comunicato stampa
uno sgombero incivile e violento della tenda per il lavoro in piazza
castello è stato attuato dai vigili e polizia questa mattina
i disoccupati organizzati dello slai cobas per il sindacato di classe hanno
opposto una tenace, dignitosa, civile resistenza a tutto questo
convinti come sono che si vuole torglierli di mezzo, impedirgli che la loro
presenza quotidiana e costante
alla tenda tenesse alta l'attenzione alla necessità del lavoro subito per
chi in questa città non ne ha, non lo ha mai avuto, lo ha perso
pur avende famiglie e figli da mantenere
si vuole impedire la pressione quotidiana verso Sindaco,
giunta, istituzioni, per rispettare impegni
subito e dare soluzioni parziali e generali al problema
i disoccupati organizzati in questi giorni sono stati giorno e notte alla
tenda con
grandi sacrifici in particolare delle donne disoccupate, non hanno fatto
alcun atto di violenza o di inciviltà mentre ne hanno subiti parecchi in
tutta questa lotta
ieri quando hanno buttato la spazzatura dei cassonetti davanti al portone
del comune,
lo hanno fatto per mostrare alla cittadinanza e alla stampa cosa è la
raccolta differenziata, come si fa non certo per sporcare il comune
hanno fatto una protesta creativa e civile come se ne fanno tante nel nostro
paese
hanno voluto per l'ennesima volta evidenziare che in questa città la pulizia
della città e la raccolta differenziata non è presa sul serio, e che i piani
che chiediamo e promessi da Vendola, finanziati dalla Regione, approvati da
Provincia e ATO sono urgenti e necessari e richiedono un passo davvero più
serio e deciso per dare lavoro a 200 disoccupati
a questa protesta si è risposto con la violenza dello sgombero e il sindaco
Stefano è direttamente responsabile di questo e ne deve rispondere non solo
ai disoccupati organizzati dello slai cobas per il sindacato di classe , ma
a tutta la città
a casa non ce ne andiamo la tenda la rivogliamo
chi semina vento raccoglie tempesta
la lotta per il lavoro si ferma con il lavoro non con la repressione
oggi alle 17 assemblea generale alla TENDA SGOMBERATA in piazza Castello per
decidere le nuove iniziative insieme a tutti
coloro che vorranno solidarizzare e lottare con noi
disoccupati organizzati
slai cobas per il sindacato di classe
tenda sgomberata taranto
347-5301704
4 maggio 2010
segue il primo comunicato stampa dei disoccupati organizzati dello slai cobas per il sindacato di classe taranto
comunicato stampa
uno sgombero incivile e violento della tenda per il lavoro in piazza
castello è stato attuato dai vigili e polizia questa mattina
i disoccupati organizzati dello slai cobas per il sindacato di classe hanno
opposto una tenace, dignitosa, civile resistenza a tutto questo
convinti come sono che si vuole torglierli di mezzo, impedirgli che la loro
presenza quotidiana e costante
alla tenda tenesse alta l'attenzione alla necessità del lavoro subito per
chi in questa città non ne ha, non lo ha mai avuto, lo ha perso
pur avende famiglie e figli da mantenere
si vuole impedire la pressione quotidiana verso Sindaco,
giunta, istituzioni, per rispettare impegni
subito e dare soluzioni parziali e generali al problema
i disoccupati organizzati in questi giorni sono stati giorno e notte alla
tenda con
grandi sacrifici in particolare delle donne disoccupate, non hanno fatto
alcun atto di violenza o di inciviltà mentre ne hanno subiti parecchi in
tutta questa lotta
ieri quando hanno buttato la spazzatura dei cassonetti davanti al portone
del comune,
lo hanno fatto per mostrare alla cittadinanza e alla stampa cosa è la
raccolta differenziata, come si fa non certo per sporcare il comune
hanno fatto una protesta creativa e civile come se ne fanno tante nel nostro
paese
hanno voluto per l'ennesima volta evidenziare che in questa città la pulizia
della città e la raccolta differenziata non è presa sul serio, e che i piani
che chiediamo e promessi da Vendola, finanziati dalla Regione, approvati da
Provincia e ATO sono urgenti e necessari e richiedono un passo davvero più
serio e deciso per dare lavoro a 200 disoccupati
a questa protesta si è risposto con la violenza dello sgombero e il sindaco
Stefano è direttamente responsabile di questo e ne deve rispondere non solo
ai disoccupati organizzati dello slai cobas per il sindacato di classe , ma
a tutta la città
a casa non ce ne andiamo la tenda la rivogliamo
chi semina vento raccoglie tempesta
la lotta per il lavoro si ferma con il lavoro non con la repressione
oggi alle 17 assemblea generale alla TENDA SGOMBERATA in piazza Castello per
decidere le nuove iniziative insieme a tutti
coloro che vorranno solidarizzare e lottare con noi
disoccupati organizzati
slai cobas per il sindacato di classe
tenda sgomberata taranto
347-5301704
4 maggio 2010
pc quotid 4 maggio grecia sciopero generale !
la crisi economica devastante che colpisce la Grecia è la punta di iceberg dell'arrivo nei paesi, dai più deboli ai più forti dell'onda lunga della crisi generale
i governi in grecia si sono dati il cambio, quello di centrodestra ha affondato il paese nella crisi, quello di centrosinistra la deve scaricare sui proletari e le masse popolari
salari, pensioni, spese sociali tagliate per salvare l'economia nazionale, ovvero
padroni multinazionali e nazionali, banche, interessi degli imperialisti e dei capitalisti europei, che sono quelli che hanno goduto e mangiato sulla pelle dei proletari greci e ora non vogliono perderci o rivogliono i loro soldi, cioè quelli frutto del sangue succhiato del paese
a questo i proletari si ribellano, usano le loro organizzazioni sindacali e politiche
per opporsi, per scendere in piazza
e scendono in piazza tutti e scendono in piazzi i giovani, che per primi si erano ribellati nel novembre 2008 e che non hanno mai smesso di combattere, ogni qualvolta
vi è stata una occasione
è questa fusione tra lotte proletarie e di massa e ribellione giovanile che serve per trasformare la protesta in qualcosa di più grande che metta a rischio realmente l'assetto statale della borghesia
proletari comunisti e tutti i proletari avanzati, le forze proletaie e rivoluzionarie autentiche sono in queste ore solidali e partecipi con lo scontro che si svolge in grecia
la borghesia italiana,il governo Berlusconi,la falsa opposizione parlamentare, i sindacati confederali sono in queste ore pieni di preoccupazioni, vogliono evitare che il nostro paese finisca come la Grecia e sono dalla parte delle misure del governo - tifano Papandreu
noi tifiamo ..rivolta e ci aggingiamo a fare la nostra parte a sostegno ovunque noi siamo
proletari comunisti
i governi in grecia si sono dati il cambio, quello di centrodestra ha affondato il paese nella crisi, quello di centrosinistra la deve scaricare sui proletari e le masse popolari
salari, pensioni, spese sociali tagliate per salvare l'economia nazionale, ovvero
padroni multinazionali e nazionali, banche, interessi degli imperialisti e dei capitalisti europei, che sono quelli che hanno goduto e mangiato sulla pelle dei proletari greci e ora non vogliono perderci o rivogliono i loro soldi, cioè quelli frutto del sangue succhiato del paese
a questo i proletari si ribellano, usano le loro organizzazioni sindacali e politiche
per opporsi, per scendere in piazza
e scendono in piazza tutti e scendono in piazzi i giovani, che per primi si erano ribellati nel novembre 2008 e che non hanno mai smesso di combattere, ogni qualvolta
vi è stata una occasione
è questa fusione tra lotte proletarie e di massa e ribellione giovanile che serve per trasformare la protesta in qualcosa di più grande che metta a rischio realmente l'assetto statale della borghesia
proletari comunisti e tutti i proletari avanzati, le forze proletaie e rivoluzionarie autentiche sono in queste ore solidali e partecipi con lo scontro che si svolge in grecia
la borghesia italiana,il governo Berlusconi,la falsa opposizione parlamentare, i sindacati confederali sono in queste ore pieni di preoccupazioni, vogliono evitare che il nostro paese finisca come la Grecia e sono dalla parte delle misure del governo - tifano Papandreu
noi tifiamo ..rivolta e ci aggingiamo a fare la nostra parte a sostegno ovunque noi siamo
proletari comunisti
pc quotidiano 4 maggio via scaiola,via berlusconi !
Il ministro scaiola è un ministro bugiardo e corrotto, degno partecipe di una combriccola di ministri e sottoministri di questo governo, più volti presi da magistrati e giornali con le mani nel sacco, ma che generalmente restano al loro posto e impuniti, perchè usano il potere del governo per farla franca e continuare sulla stessa strada.
la buttano in politica.. processo mediatico, magistrati di sinistra, garantismo... ma si tratta di affari affari privati e quando ci sono in mezzo le escort affari privatissimi
Lenin ci ha insegnato che i governi della borghesia, altro non sono che comitati di affari della borghesia, ma pensava a una visione un po' più nobile e decente degli affari.. quelli che erano gli interessi generali e particoli della borghesia e delle sue fazioni, quelli ammantati da interessi generali mentre si trattava di interessi particolari della propria classe dominante .. ma non pensavano che ci fossimo ridotti
a un ignobile omucolo di razza democristiana come Scaiola e i suoi bassi interessi di avere anche una casa pagata di fronte al Colosseo
forse è meglio usare la categoria di Lenin di imperialismo parassitario e putrescente applicato agli uomini e in particolare agli uomini di questo governo
All'ostentata arroganza di questi signori si aggiunge la sconfinata ricchezza che fa a pugni con l'immiserimento di operai, lavoratori, precari che non ce la fanno a mangiare e vivere e si vedono strozzati da multe e mutui e vedono il loro futuro ancora più nero
questo grida vendetta e giustifica le forme di lotta più radicali che vanno intraprese
questo esigeva che Scaiola si dimettesse subito ma tutta la compagine governativa è fatta di tanti Scaiola, il cui capo è lo stesso Berlusconi e quindi tutto il governo si deve dimettere
ma sopratutto questo chiama tutti i proletari, noi comunisti per primi, a fare di più e meglio non solo sul fronte delle lotte , ma sopratutto sul fronte della costruzione delle condizioni ideologiche, politiche e organizzative per rovesciare non solo questo governo, ma tutti i governi dei padroni e tutto il sistema che li produce per governi nelle mani degli operai e degli sfruttati
proletari comunisti
la buttano in politica.. processo mediatico, magistrati di sinistra, garantismo... ma si tratta di affari affari privati e quando ci sono in mezzo le escort affari privatissimi
Lenin ci ha insegnato che i governi della borghesia, altro non sono che comitati di affari della borghesia, ma pensava a una visione un po' più nobile e decente degli affari.. quelli che erano gli interessi generali e particoli della borghesia e delle sue fazioni, quelli ammantati da interessi generali mentre si trattava di interessi particolari della propria classe dominante .. ma non pensavano che ci fossimo ridotti
a un ignobile omucolo di razza democristiana come Scaiola e i suoi bassi interessi di avere anche una casa pagata di fronte al Colosseo
forse è meglio usare la categoria di Lenin di imperialismo parassitario e putrescente applicato agli uomini e in particolare agli uomini di questo governo
All'ostentata arroganza di questi signori si aggiunge la sconfinata ricchezza che fa a pugni con l'immiserimento di operai, lavoratori, precari che non ce la fanno a mangiare e vivere e si vedono strozzati da multe e mutui e vedono il loro futuro ancora più nero
questo grida vendetta e giustifica le forme di lotta più radicali che vanno intraprese
questo esigeva che Scaiola si dimettesse subito ma tutta la compagine governativa è fatta di tanti Scaiola, il cui capo è lo stesso Berlusconi e quindi tutto il governo si deve dimettere
ma sopratutto questo chiama tutti i proletari, noi comunisti per primi, a fare di più e meglio non solo sul fronte delle lotte , ma sopratutto sul fronte della costruzione delle condizioni ideologiche, politiche e organizzative per rovesciare non solo questo governo, ma tutti i governi dei padroni e tutto il sistema che li produce per governi nelle mani degli operai e degli sfruttati
proletari comunisti
lunedì 3 maggio 2010
Può un reality sostituire la lotta di classe?
Mentre i padroni fanno i loro profitti e gli operai si lamentano via web!
Non deve prevalere lo stato confusionale che porta molti lavoratori a scegliere altre strade per eludere la soluzione del problema centrale che rimane sempre quello: costruire, attraverso le lotte, gli stumenti necessari a cambiare i rapporti di forza tra operai e padroni. Senza sindacato di classe e partito comunista per la rivoluzione gli operai saranno sempre preda facile di false illusioni, non potranno mai sentirsi appartenenti ad una stessa classe sfruttata che forma le sue avanguardie per prendere il potere ed edificare una nuova società.
Perciò si devono combattere linee sbagliate tra le fila operaie come quella che il fenomeno mediatico possa fare a meno di una lotta vera. Ci riferiamo all'isola dei cassintegrati dell'Asinara di cui si occupano tutti i giornali, dalla stampa reazionaria a l'Unità, il Fatto, il manifesto e da quelli dei partiti della sinistra ex parlamentare.
Non è un caso che queste idee vengono sostenute e propagandate dalla sinistra riformista e dai confederali per rincoglionire gli operai, perchè sono proprio loro i principali responsabili delle sconfitte della classe operaia.
Il giornale del PD, per esempio, plaude all'"uso intelligente dei diabolici incroci dei meccanismi dell'informazione con quelli della politica" (G. M. Bellu, condirettore de l'Unità) e gli fanno eco gli operai che dicono che "l'obiettivo è quello di mettere al centro della discussione della politica il lavoro".
Ma chi l'ha detto che, per avere ascolto, bisogna essere "cittadini famosi" rinunciando alla lotta?
Partiamo dalla realtà che conosciamo meglio, quella di Ravenna dove siamo presenti. Tutti i quotidiani riportano la notizia che "sette dipendenti in cassa integrazione dello stabilimento Vinyls di Ravenna saranno il primo maggio all'isola dell'Asinara per dare sostegno ai loro colleghi sardi che, da più di sessanta giorni, stanno occupando l'ex carcere di massima sicurezza per sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti della loro difficile situazione lavorativa".
Ora, è dal giugno 2009, che la Vinyls (ex EVC, poi INEOS) è in amministrazione straordinaria e che, dal novembre dello stesso anno, i 53 dipendenti dello stabilimento di Ravenna sono in cassa integrazione a rotazione.
Nella delegazione ravennate ci sono anche sindacalisti che avevano già sottoscritto l'accordo per la chiusura degli impianti di CVM, che avevano appoggiato il "piano" (?) Sartor, quel padrone spacciato come l'erede di grandi capitani di industria come Ferruzzi e Gardini, salutato dal premier Silvio Berlusconi - alla vigilia delle elezioni regionali in Sardegna - come il «validissimo imprenditore che salva la chimica sarda, veneta ed italiana», ha acquistato INEOS per 200 milioni di euro senza avere alcuna esperienza nella chimica e che, dopo poco più di un mese, ha chiuso per fallimento volontario perchè non ce la fa a pagare i rincari dell'ENI del prezzo del dicloretano e dell'etilene. Sono gli stessi confederali che erano andati tra gli operai a portare le promesse senza garanzie certe del governo Berlusconi-Scajola di salvataggio della chimica. Come non bastasse hanno continuato a mendicare alla politica locale vuote promesse, con le istituzioni soddisfatte che il sito di Ravenna sia un modello per la "significativa limitazione della conflittualità interna alle imprese stesse" (dichiarazione dell'assessore alle Attività produttive, Matteo Casadio).
Per concludere sorge spontanea una domanda: ma in tutti questi mesi non si potevano organizzare veri scioperi in tutto il gruppo e dare vita a rivolte e lotte autorganizzate?
03/05/2010
prolcomra@gmail.com
VOGLIONO SGOMBERARE LA TENDA PER IL LAVORO A TARANTO, MA PERCHE' FA PAURA?
Questa mattina, dopo una azione dimostrativa fatta dai Disoccupati Organizzati slai cobas per il sindacato di classe di Taranto in cui sono stati rovesciati dei cassonetti davanti al portone del Comune per denunciare il vergognoso mancato avvio, dopo mesi di parole, della raccolta differenziata e delle assunzioni dei disoccupati, il vicesindaco ha comunicato che nelle prossime ore si vuole sgomberare la "Tenda per il Lavoro" che dal 20 aprile giorno e notte sta sotto il Comune.
Perchè fa paura questa Tenda?
Perchè è un assedio permanente, una costante "spina nel fianco" delle istituzioni, ma anche uno smascheramento continuo della politica di rappresentanti istituzionali, come Vendola, il Sindaco di Taranto, Stefano, che a parole di sinistra non possono far corrispondere atti di "sinistra";
perchè, in una realtà in cui altri lavoratori, precari, pur in lotta si affidano ai politici, ai partiti parlamentari, delegano di fatto ai sindacati confederali, si lamentano ma si rassegnano alla realtà, i Disoccupati Organizzati invece li combattono, li sfidano, tengono loro testa, mostrano la superiorità dei proletari quando lottano;
perchè la Tenda si pone e rischia di diventare realmente a Taranto un punto di riferimento, di unità di tutti i lavoratori che perdono il lavoro, che vedono peggiorare ogni giorno le loro condizioni dei precari, degli operai in cigs, dei lavoratori che vedono cancellati i loro diritti, ecc;
perchè i Disoccupati Organizzati sono attualmente l'avanguardia del fronte dei lavoratori in lotta, perchè esprimono una coscienza di classe, che va al di là della loro condizione,
perchè sono i Disoccupati organizzati che hanno manifestato per il 25 aprile, per il 1° maggio rosso.
Perchè alla loro testa ci sono i comunisti rivoluzionari, i maoisti che fanno di questo scontro per il lavoro e il salario garantito uno scontro tra una società fondato sulla ricchezza di pochi e la distruzione del lavoro, il supersfruttamento della maggioranza e la necessità di una nuova società basata sul potere dei proletari.
Tutto questo rende "insopportabile" la Tenda per il Lavoro.
Ma se faranno lo sgombero, sarà la classica pietra che gli ricadrà sui piedi!
Perchè fa paura questa Tenda?
Perchè è un assedio permanente, una costante "spina nel fianco" delle istituzioni, ma anche uno smascheramento continuo della politica di rappresentanti istituzionali, come Vendola, il Sindaco di Taranto, Stefano, che a parole di sinistra non possono far corrispondere atti di "sinistra";
perchè, in una realtà in cui altri lavoratori, precari, pur in lotta si affidano ai politici, ai partiti parlamentari, delegano di fatto ai sindacati confederali, si lamentano ma si rassegnano alla realtà, i Disoccupati Organizzati invece li combattono, li sfidano, tengono loro testa, mostrano la superiorità dei proletari quando lottano;
perchè la Tenda si pone e rischia di diventare realmente a Taranto un punto di riferimento, di unità di tutti i lavoratori che perdono il lavoro, che vedono peggiorare ogni giorno le loro condizioni dei precari, degli operai in cigs, dei lavoratori che vedono cancellati i loro diritti, ecc;
perchè i Disoccupati Organizzati sono attualmente l'avanguardia del fronte dei lavoratori in lotta, perchè esprimono una coscienza di classe, che va al di là della loro condizione,
perchè sono i Disoccupati organizzati che hanno manifestato per il 25 aprile, per il 1° maggio rosso.
Perchè alla loro testa ci sono i comunisti rivoluzionari, i maoisti che fanno di questo scontro per il lavoro e il salario garantito uno scontro tra una società fondato sulla ricchezza di pochi e la distruzione del lavoro, il supersfruttamento della maggioranza e la necessità di una nuova società basata sul potere dei proletari.
Tutto questo rende "insopportabile" la Tenda per il Lavoro.
Ma se faranno lo sgombero, sarà la classica pietra che gli ricadrà sui piedi!
DOMENICA 2 MAGGIO: la Milano antifascista e antirazzista libera per un giorno il quartiere S. Siro
Dopo due settimane di mobilitazioni contro il, malcelato, tentativo dei vari rappresentanti istituzionali del Pdl di legittimare-finanziare la settimana nera dei vari gruppi neofascisti e nazisti, ieri ha raggiunto il suo punto più alto. In un quartiere militarizzato come e peggio che in occasione di vertici come il G8, una serie di realtà dai centri sociali, presenti le varie anime, ai comitati per la casa, amici di Abba, collettivi studenteschi, sezioni Anpi, partiti –da Sinistra Critica a Rifondazione, dai Carc a proletari comunisti al Pcl-, al comitato antirazzista, a militanti della MayDay, ha dato vita ad un corteo che ha attraversato le strade del quartiere San Siro, per denunciare che a due passi dal Cantiere si stava consumando l’ennesimo sfregio alla Resistenza e memoria storica di questa città sotto la copertura e protezione delle istituzioni, Comune e Provincia in testa. Ma anche del Prefetto che, come un novello Ponzio Pilato, si è messo sotto i piedi il dettato costituzionale che prevede il divieto di ogni manifestazione di stampo fascista, e invece come un qualsiasi ragioniere, guidato dal motto “tanto pagano”, ha autorizzato il torneo di calcio e concerto abbellito da croci celtiche e inni razzisti Un corteo che ha ribadito che queste prove di regime non passeranno senza incontrare la determinazione e la mobilitazione degli antifascisti e antirazzisti. Davanti la nutrita presenza di giornalisti, TV e radio, si è materializzato non tanto e non solo una manifestazione militante, ma un corteo intelligente che ha parlato al popolo multietnico di S. Siro, legando le ragioni dell’antifascismo alle lotte per i diritti alla casa, al lavoro, allo studio, per tutti i diseredati, immigrati o italiani che siano. Un corteo che si è ingrossato strada facendo, dai 5/700 iniziali si è arrivati a 1/1500, “arruolando” giovani immigrati-anziani-bambini-donne, usciti da casa per unirsi alla manifestazione. Un corteo che ha saputo respingere l’ultima provocazione orchestrata dalla Questura, ovvero quella di far terminare il corteo in Piazza Selinunte e non farlo ritornare indietro. Con determinazione e al grido di Milano Libera e al canto di Bella Ciao che si alzavano dal corteo, i dirigenti della digos hanno dovuto togliere l’assedio e abbandonare il campo, facendo scorrere il corteo “non autorizzato”. A fine manifestazione dai microfoni si è denunciato “l’antifascismo” dei vari Rosati (Cgil)-Pizzinato (Anpi) che non solo non si sono mobilitati contro la settimana nera, ma che il 25 Aprile hanno tacciato come teppisti chi denunciava le coperture politiche e la connivenza di Lega e Pdl. Un’altra buona giornata, un altro tassello a cui tutti i partecipanti dovranno dare un seguito, pregi e difetti di due settimane di mobilitazioni da analizzare e consolidare, per costruire unità politica-culturale-militante, a partire da una delle parole d’ordine scritte su uno striscione: 1945-2010 il nuovo millennio ha bisogno di nuovi Partigiani.
Dopo due settimane di mobilitazioni contro il, malcelato, tentativo dei vari rappresentanti istituzionali del Pdl di legittimare-finanziare la settimana nera dei vari gruppi neofascisti e nazisti, ieri ha raggiunto il suo punto più alto. In un quartiere militarizzato come e peggio che in occasione di vertici come il G8, una serie di realtà dai centri sociali, presenti le varie anime, ai comitati per la casa, amici di Abba, collettivi studenteschi, sezioni Anpi, partiti –da Sinistra Critica a Rifondazione, dai Carc a proletari comunisti al Pcl-, al comitato antirazzista, a militanti della MayDay, ha dato vita ad un corteo che ha attraversato le strade del quartiere San Siro, per denunciare che a due passi dal Cantiere si stava consumando l’ennesimo sfregio alla Resistenza e memoria storica di questa città sotto la copertura e protezione delle istituzioni, Comune e Provincia in testa. Ma anche del Prefetto che, come un novello Ponzio Pilato, si è messo sotto i piedi il dettato costituzionale che prevede il divieto di ogni manifestazione di stampo fascista, e invece come un qualsiasi ragioniere, guidato dal motto “tanto pagano”, ha autorizzato il torneo di calcio e concerto abbellito da croci celtiche e inni razzisti Un corteo che ha ribadito che queste prove di regime non passeranno senza incontrare la determinazione e la mobilitazione degli antifascisti e antirazzisti. Davanti la nutrita presenza di giornalisti, TV e radio, si è materializzato non tanto e non solo una manifestazione militante, ma un corteo intelligente che ha parlato al popolo multietnico di S. Siro, legando le ragioni dell’antifascismo alle lotte per i diritti alla casa, al lavoro, allo studio, per tutti i diseredati, immigrati o italiani che siano. Un corteo che si è ingrossato strada facendo, dai 5/700 iniziali si è arrivati a 1/1500, “arruolando” giovani immigrati-anziani-bambini-donne, usciti da casa per unirsi alla manifestazione. Un corteo che ha saputo respingere l’ultima provocazione orchestrata dalla Questura, ovvero quella di far terminare il corteo in Piazza Selinunte e non farlo ritornare indietro. Con determinazione e al grido di Milano Libera e al canto di Bella Ciao che si alzavano dal corteo, i dirigenti della digos hanno dovuto togliere l’assedio e abbandonare il campo, facendo scorrere il corteo “non autorizzato”. A fine manifestazione dai microfoni si è denunciato “l’antifascismo” dei vari Rosati (Cgil)-Pizzinato (Anpi) che non solo non si sono mobilitati contro la settimana nera, ma che il 25 Aprile hanno tacciato come teppisti chi denunciava le coperture politiche e la connivenza di Lega e Pdl. Un’altra buona giornata, un altro tassello a cui tutti i partecipanti dovranno dare un seguito, pregi e difetti di due settimane di mobilitazioni da analizzare e consolidare, per costruire unità politica-culturale-militante, a partire da una delle parole d’ordine scritte su uno striscione: 1945-2010 il nuovo millennio ha bisogno di nuovi Partigiani.
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