Nessuno tocchi il PD
Partiamo
dai fatti.
Nel pomeriggio
di ieri alcune
migliaia di cittadini
milanesi hanno
sfilato per il
capoluogo lombardo
“armati” (sic!) di
scope, spazzoloni
e spugnette con
l'intento di ripulire
la città dalle scritte
lasciate sui muri
dalla May Day NoExpo del primo maggio. L'operazione, che gli
opinion-maker della politica e dei maggiori quotidiani italici si
sono affrettati a descrivere come un'attivazione spontanea e colorata
della “Milano che dice sì” contrapposta alla calata dei lanzichenecchi
del blocco nero, è stata in realtà rapidamente accolta e rilanciata
dall'amministrazione comunale che ha così trasformato la
manifestazione in un maxi evento pubblicitario per dare nuovo
lustro all'esposizione universale (a dimostrazione del fatto che, in fin
dei conti, la festa di venerdì non è poi stata questo gran successo
di cui si narra, se a rovinarla è bastata qualche bomboletta spray...).
Nel pomeriggio
di ieri alcune
migliaia di cittadini
milanesi hanno
sfilato per il
capoluogo lombardo
“armati” (sic!) di
scope, spazzoloni
e spugnette con
l'intento di ripulire
la città dalle scritte
lasciate sui muri
dalla May Day NoExpo del primo maggio. L'operazione, che gli
opinion-maker della politica e dei maggiori quotidiani italici si
sono affrettati a descrivere come un'attivazione spontanea e colorata
della “Milano che dice sì” contrapposta alla calata dei lanzichenecchi
del blocco nero, è stata in realtà rapidamente accolta e rilanciata
dall'amministrazione comunale che ha così trasformato la
manifestazione in un maxi evento pubblicitario per dare nuovo
lustro all'esposizione universale (a dimostrazione del fatto che, in fin
dei conti, la festa di venerdì non è poi stata questo gran successo
di cui si narra, se a rovinarla è bastata qualche bomboletta spray...).
“Nessuno
tocchi Milano” è stato quindi lo slogan attraverso il quale
una massa numericamente non ininfluente di persone – sarebbe
sbagliato e dannoso non prendere atto della massiccia partecipazione, anche se ovviamente 20.000 partecipanti rimane una cifra calcolata a tavolino nelle redazioni dei quotidiani – si è abbandonata ad uno spettacolo mediatico che prevedeva in primo luogo una vera e propria “identificazione della città – e dei suoi cittadini – con il suo circuito finanziario-commerciale”, come ha ben sottolineato Valeria Pinto nel suo contributo sulla giornata di ieri.
una massa numericamente non ininfluente di persone – sarebbe
sbagliato e dannoso non prendere atto della massiccia partecipazione, anche se ovviamente 20.000 partecipanti rimane una cifra calcolata a tavolino nelle redazioni dei quotidiani – si è abbandonata ad uno spettacolo mediatico che prevedeva in primo luogo una vera e propria “identificazione della città – e dei suoi cittadini – con il suo circuito finanziario-commerciale”, come ha ben sottolineato Valeria Pinto nel suo contributo sulla giornata di ieri.
Ma
a ben vedere la squallida rivendicazione di chi attribuisce un valore
enormemente più alto agli oggetti che, per dirne una, alle vite di
centinaia di migranti che affogano quotidianamente nel Mediterraneo
cercando di scappare da guerre e genocidi (a quando una mobilitazione di
indignazione popolare?) o anche solo alla vita di Klodian Elezi, caduto
da un ponteggio mentre lavorava in un cantiere dell'Expo (E chi cazzo è?!?) Potrebbero candidamente rispondere i milanesi “angeli delle vetrine”
in azione ieri) non è che uno dei dati emersi nella giornata. Questi
novelli Mazzarò, per i quali la “roba” e lo status che si consegue nel
possederla e nel mantenerla linda e ordinata, anche se si tratta di
“roba” altrui (alzi la mano chi detiene quote azionarie di una qualsiasi
banca di cui ieri è stata pulita la vetrina con il sorriso), sono la
realizzazione e la pura immedesimazione nel partito-della-nazione di
matrice renziana. E, peggio ancora, sono felici di esserlo.
Uno
dei tanti motivi per cui Expo ha finora ricevuto più critiche e
commenti scettici – al netto degli entusiasmi politici di rito – è stato
quello relativo allo sfruttamento sottopagato o per nulla pagato di
quelli che vengono venduti (o meglio, regalati) come “volontari” ma che
nei fatti si tramutano in lavoratori a tempo pieno e a salario vuoto;
insomma, che un lavoro non venga retribuito da fastidio anche al più
tiepido riformista, certamente non black bloc o presunto tale, che si
ritrovi nel limbo tra l'essere additato come “fannullone” o il doversi
piegare al ricatto del volontariato. Questo discorso, però, non vale per
le centinaia di persone scese ieri in piazza e ben contente di
aggirarsi per le strade del centro dimostrando quanta gioia si provi nel
sfregare una spugnetta contro un muro mentre il sindaco ti ricorda i
doveri civici del buon residente.
Perchè
alla reazione spontanea di chi vorrebbe semplicemente aiutare a “dare
una ripulita” si aggiunge l'ipocrisia di chi – da governante, e quindi
responsabile, almeno in teoria, di quanto accade in città – si fa
campagna elettorale riciclandosi come “salvatore della patria” davanti a
persone completamente dimentiche dello scempio di cui è stato capace
nel corso degli anni. “Basta un poco di zucchero...” e la speculazione,
il cemento e le mazzette che hanno accompagnato la nascita di Expo
scompaiono grazie a un po' di sgrassatore e un paio di selfie con le
“sciure” della Milano da Bere (o, in questo caso, da ripulire); gli
sfratti e le retate nei quartieri popolari svaniscono sotto una coltre
di ipocrisia che ci ricorda come la priorità, per chi ci governa, non
sia quella di dare una casa a chi non se la può permettere, ma pulire le
vetrate e i portoni di chi ne ha talmente tante da potersi concedere di
lucidare quelle degli altri.
Beppe
Sevegnini – secondo il quale, per un sillogismo che funziona solo nella
sua testa, le auto bruciate e le vetrine sfondate il primo maggio
sarebbero l'indicatore inequivocabile per cui “adesso l'Expo sarà
sicuramente una festa” - scrive sul Corriere della Sera
che “«Nessuno tocchi Milano» è la reazione di una città che non è
reazionaria, e non vuole diventarlo”. E' proprio qui, invece, il nodo
focale su cui bisogna concentrarsi: “Nessuno tocchi Milano” diventa
specchio inequivocabile di una parte di paese (benestante e compatibile
alla dialettica renziana) la cui unica forma di protagonismo e
riattivazione sociale sarà sempre dettata dalla reazione a movimenti di
rottura che altri hanno avuto la forza e la volontà di mettere in campo.
Altrimenti non si spiegherebbe come mai, ad un sentore diffuso e
capillare che vede nella classe politica attuale la responsabile dei
mali della società (con tutte le sfaccettature che questo sentimento può
assumere), l'unica risposta di massa (a)critica debba provenire dalla
sponsorizzazione di Pisapia e del PD milanese, vero motore della
manifestazione di ieri.
La doppiezza
del Partito Democratico – che approfitta di un'attivazione volontaria
per reindirizzarla a scopi elettorali e allo stesso tempo per ripulirsi
di fronte a una popolazione che prima o poi lo identificherebbe con un
apparato riproduttore di appalti truccati, precarietà, cemento selvaggio
e corruzione – si esplicita infine in quanto accaduto a Bologna, sempre
nel pomeriggio di ieri. Alla passerella sui navigli di
Pisapia&friends, che alternavano pose da massaie a proclami
cittadinisti, si affiancava la cartolina dalla Festa dell'Unità dove
studenti e professori venivano manganellati e pestati a sangue da quegli
stessi tutori dell'ordine che nella giornata di venerdì avevano svolto
un così mirabile lavoro “evitando che ci scappasse il morto”, come hanno
avuto a dire diversi esponenti politici.
Com'era
prevedibile nessun moto di indignazione ha scosso la piazza milanese,
troppo intenta a lustrare le facciate della città-vetrina d'Italia per
accorgersi che a pochi km di distanza lo stesso Matteo Renzi che due
giorni prima liquidava i manifestanti della May Day come “quattro
teppistelli” ordinava a dei teppisti ben più equipaggiati e pericolosi
di sopprimere ogni forma di dissenso a suon di cariche. Ecco, questa è
l'immagine più aderente alla narrazione odierna del potere: una classe
politica di intoccabili, distanti anni luce dal paese reale ma in grado
di pacificarne una fetta sufficiente ad avere la legittimità di
governare cancellando le proprie responsabilità con una manganellata da
una parte e un colpo di spugna dall'altra.
(da Infoaut)
(da Infoaut)
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