venerdì 26 luglio 2024

Caporalato: dall'alta moda alle campagne, un inferno per i lavoratori che l’ultimo “blitz” dell’Inps a Mantova, Modena, Latina, Caserta e Foggia conferma ancora una volta

 

Dopo la morte di Satnam Singh, sull’onda dell’emozione suscitata per l’atrocità del comportamento del padrone, sono momentaneamente aumentati i controlli nelle aziende agricole e i risultati di questi controlli confermano ancora una volta quanto sia esteso (si parla di 230mila lavoratrici e lavoratori in agricoltura su un totale complessivo di oltre 3 milioni) l’utilizzo del lavoro nero soprattutto per lavoratori provenienti da altri paesi (India, Albania, Marocco, Tunisia, Senegal, Nigeria, Pakistan).

A partire dal “blitz” dell’Inps nelle campagne di Mantova, Modena, Latina, Caserta e Foggia, dal nord al sud, pubblicato dai giornali di oggi: su 109 aziende agricole ben 62 presentavano irregolarità (56,9%). Per quanto concerne i lavoratori, su 505 controllati 236 i risultati irregolari (46,7%). Questi “controlli” come gli altri sono insignificanti se si considera il numero complessivo (circa 75.000) delle aziende coinvolte solo in queste cinque province. Per passare poi ai 33 lavoratori indiani “scoperti” in provincia di Verona praticamente ridotti in schiavitù che lavoravano “di fatto senza alcuna paga, tra le 10 e le 12 ore giornaliere, 7 giorni su 7, poiché il compenso di soli 4 euro l’ora stabilito dai responsabili veniva interamente trattenuto fino alla totale estinzione del debito”, “debito” imposto dai caporali per l’ingresso in Italia. Per continuare con lo “sfruttamento di braccianti agricoli, in gran parte di origine africana, impiegati nei vigneti delle Langhe” che venivano picchiati con i bastoni se protestavano per le condizioni di sfruttamento … Paga di un massimo di cinque euro l’ora, detrazione di vitto e alloggio, fino a 16 ore al giorno di lavoro per uno stipendio di massimo 500 euro al mese”.

Ad ogni inchiesta, ad ogni ispezione saltano fuori i dati, naturalmente sempre parziali, “su 310 aziende agricole controllate, 206 sono risultate irregolari (66,45%)” ma si deve ricordare che le aziende agricole in Italia sono oltre 1 milione!

Ma dopo i controlli tutto torna come prima! benché alcuni padroni siano addirittura recidivi, ben conosciuti dalla “legge” come tale “Giannico, l’imprenditore agricolo di Laterza, nel Tarantino, ora indagato per la morte del bracciante indiano Rajwinder Sidhu Singh, 38enne deceduto il 26 maggio

scorso. Dalle indagini della procura di Taranto e dei carabinieri è emerso che l’uomo era già stato arrestato nel 2020 per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.”

Ma non è certo solo l’agricoltura che usa le cooperative per trovare forza lavoro a bassissimo costo (quelli che la magistratura chiama “serbatori di manodopera”), ci sono la moda, il turismo, l’edilizia, la logistica fino alle multinazionali come Amazon sempre rimanendo agli ultimi fatti di cronaca.

È nella logistica che secondo le indagini esistono i «serbatoi di manodopera», “quei sistemi attraverso i quali le grandi aziende si garantiscono profitto e tariffe competitive sfruttando i lavoratori tramite cooperative e società «filtro» … un sistema che era venuto a galla anche nei casi delle inchieste su Dhl, Gls, Uber, Lidl, Brt, Geodis, Esselunga, Securitalia, Ups, Gs Carrefour e Gxo”, mentre nel campo della vendita online, il cosiddetto e-commerce, troviamo la multinazionale da 1000 miliardi di dollari Amazon che secondo un’altra inchiesta assume personale tramite cooperative ma li gestisce direttamente tramite particolari software: l’inchiesta ha portato la Guardia di Finanza a sequestrare 121 milioni di euro alla multinazionale anche per non aver versato i contributi dei lavoratori. E inoltre, “il «meccanismo fraudolento è tutt’ora in atto con rilevantissime perdite per l’erario e situazioni di sfruttamento lavorativo che perdurano a tutto vantaggio di Amazon Italia Transport srl» scrivono i pm Storari e Mondovì nel decreto di sequestro.”

Anche sulla cosiddetta alta moda, per esempio, è in corso una inchiesta che coinvolge i grandi marchi, almeno 13, che ha “portato all’amministrazione giudiziaria delle società Giorgio Armani Operations – che fa capo al Gruppo Armani e appalta a terzi la produzione di accessori – e Manufactures Dior – un’azienda che fa capo alla filiale italiana della Christian Dior. Quest’ultimo è uno dei marchi del gruppo francese del lusso Lvmh [che capitalizza 500 miliardi di dollari] guidato da Bernard Arnault che, nel 2023, è stato nominato di nuovo l’uomo più «ricco del mondo»”, con un patrimonio di 192 miliardi!

E quanto più “importanti” sono tanto più sfruttano e fanno profitti… ma di fatto stiamo parlando di una banda di ladri e truffatori secondo le stesse inchieste che raccontano le “scoperte”: “Un laboratorio clandestino poteva vendere all’intermediario-fornitore una borsa a poco più di 90 euro. La merce era venduta nei negozi col marchio Armani a 1.800 euro. Le paghe dei lavoratori collocati nell’ultimo anello della subfornitura erano «anche 2-3 euro l’ora» per un lavoro che poteva durare anche oltre le «14 ore al giorno». Una condizione che sarebbe durata dal 2017 sino ai più recenti accertamenti dello scorso febbraio, hanno sostenuto i giudici … Nel caso di Dior le borse vendute a 2.600 euro nei negozi sarebbero costate al produttore 53 euro.” E c’è pure Alviero Martini. Le indagini hanno portato a “ipotesi di sfruttamento del lavoro nero, con migranti – alcuni senza permesso di soggiorno – impiegati con disponibilità 24 ore su 24 e su macchinari da cu erano stati tolti i sistemi di sicurezza. Il tutto allo scopo di velocizzare e massimizzare le produzioni…”

In uno di questi “opifici” “i carabinieri avevano trovato una coppia cinese con 17 operai cinesi e 5 filippini. In maggioranza gli operai non avevano un contratto regolare, mangiavano e dormivano in un capannone con un cucinino, sette stanze e due bagni in condizioni igieniche da «minimo etico».”

Questi “grandi marchi” di sfruttatori capitalisti-imperialisti usano il sistema del “disaccoppiamento”, cioè due canali, uno formale per il “rispetto delle regole istituzionali” e uno informale per lo sfruttamento del lavoro nero.

Ma come si affronta questa piaga, questa “corsa ai margini [profitti] che dimentica l’etica”? come dice il Sole24Ore, “dimenticando” che l’unica etica, l’unica morale che capisce il capitalista è proprio il profitto.

A parte qualche manifestazione e qualche sciopero indetto dai sindacati confederali, sempre indignati e pronti a fare… niente, ma facendo finta di fare! Una iniziativa curiosa, in questo senso, tra il ridicolo e il demente, ma coerente con questo fare niente, è stata presa dalla Regione Sicilia tramite la sua assessora al lavoro, Albano, che avendo a disposizione ben 1 milione e 600 mila euro di un finanziamento dell’Unione europea per combattere il caporalato (progetto P.I.U. Su.Pr.Eme- Percorsi Individualizzati di Uscita dallo Sfruttamento!!!) ha pensato di mettere su una sorta di telefono amico, un “Helpdesk Anticaporalato” al quale si dovrebbe rivolgere la vittima di caporalato!

Ma come per gli incidenti e i morti sul lavoro, il caporalato viene trattato dai politici, dai giornalisti e dai sindacalisti di regime come qualcosa di “anomalo”, di casi “singoli” per via di padroni particolarmente cattivi e magari straccioni, insomma in senso moralistico. Ma i dati che vengono fuori dicono innanzi tutto che il “fenomeno” non è affatto marginale, non è per niente anomalo e non è limitato a padroni “poveri” o cattivi, come si vede nel comparto della moda e della grande distribuzione.

Il cosiddetto caporalato è parte del sistema capitale, serve ai padroni sia per scaricarsi del rapporto diretto con i lavoratori, sia per abbassare i salari e allungare la giornata lavorativa. E da un lato negli ultimi decenni queste esigenze dei padroni sono state in parte soddisfatte dalla borghesia al governo contrattaccando sui diritti conquistati con le lotte dalla classe operaia: la cosiddetta “intermediazione di manodopera” è stata “istituzionalizzata”, imposta con le leggi dello stato italiano, intermediazione affidata ai privati come Manpower ecc. liberalizzando e precarizzando al massimo il “mercato del lavoro”, ma siccome non basta mai al Capitale, per cui il raggiungimento del massimo dei profitti non deve avere ostacoli, e i costi della forza lavoro devono essere più bassi possibili, ecco il lavoro nero nelle sue varie forme, fino alla schiavitù vera e propria.

Già Marx nel Capitale, tra l’altro, si occupa del lavoratore agricolo e del basso salario e descrive le forme del caporalato che si chiamava “gang” e il caporale “gangmaster”; con alcune ovvie differenze la situazione nella sostanza non cambia: “I campi richiedono molto lavoro leggero come la sarchiatura, la zappatura, certe operazioni per la concimazione, la raccolta delle pietre ecc. Questi lavori sono compiuti dalle gangs o bande organizzate, il cui domicilio si trova nelle località aperte …” questo sistema “Esiste per l’arricchimento del grosso fittavolo o del padrone del fondo. Per il fittavolo non v’è metodo più razionale per tenere il proprio personale da lavoro molto al di sotto del livello normale e per trovar sempre pronte, ciò malgrado, le braccia in più per ogni lavoro in più, per spremere la maggior quantità possibile di lavoro con il minimo di denaro.”

Insomma, il caporalato è una “necessità” del sistema capitalistico-imperialista e non ci sarà nessuna “legge” del governo o “tavoli”, “protocollo” tra padroni sindacati e prefetture (tutte manovre che di fatto coprono il caporalato!) che potrà farlo sparire, si deve per forza fare sparire tutto il sistema capitalista-imperialista stesso.

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