Dopo la morte di Satnam Singh, sull’onda dell’emozione
suscitata per l’atrocità del comportamento del padrone, sono momentaneamente aumentati
i controlli nelle aziende agricole e i risultati di questi controlli confermano
ancora una volta quanto sia esteso (si parla di 230mila lavoratrici e
lavoratori in agricoltura su un totale complessivo di oltre 3 milioni)
l’utilizzo del lavoro nero soprattutto per lavoratori provenienti da altri
paesi (India, Albania, Marocco, Tunisia, Senegal, Nigeria, Pakistan).
A partire dal “blitz” dell’Inps nelle campagne di Mantova,
Modena, Latina, Caserta e Foggia, dal nord al sud, pubblicato dai giornali di
oggi: su 109 aziende agricole ben 62 presentavano irregolarità (56,9%).
Per quanto concerne i lavoratori, su 505 controllati 236 i risultati irregolari
(46,7%). Questi “controlli” come gli altri sono insignificanti se si considera
il numero complessivo (circa 75.000) delle aziende coinvolte solo in queste
cinque province. Per passare poi ai 33 lavoratori indiani “scoperti” in
provincia di Verona praticamente ridotti in schiavitù che lavoravano “di fatto
senza alcuna paga, tra le 10 e le 12 ore giornaliere, 7 giorni su 7, poiché il
compenso di soli 4 euro l’ora stabilito dai responsabili veniva interamente
trattenuto fino alla totale estinzione del debito”, “debito” imposto dai
caporali per l’ingresso in Italia. Per continuare con lo “sfruttamento di
braccianti agricoli, in gran parte di origine africana, impiegati nei vigneti
delle Langhe” che venivano picchiati con i bastoni se protestavano per le
condizioni di sfruttamento … Paga di un massimo di cinque euro l’ora,
detrazione di vitto e alloggio, fino a 16 ore al giorno di lavoro per
uno stipendio di massimo 500 euro al mese”.
Ad ogni inchiesta, ad ogni ispezione saltano fuori i dati,
naturalmente sempre parziali, “su 310 aziende agricole controllate, 206 sono
risultate irregolari (66,45%)” ma si deve ricordare che le aziende agricole in
Italia sono oltre 1 milione!
Ma dopo i controlli tutto torna come prima! benché alcuni padroni siano addirittura recidivi, ben conosciuti dalla “legge” come tale “Giannico, l’imprenditore agricolo di Laterza, nel Tarantino, ora indagato per la morte del bracciante indiano Rajwinder Sidhu Singh, 38enne deceduto il 26 maggio
scorso. Dalle indagini della procura di Taranto e dei carabinieri è emerso che l’uomo era già stato arrestato nel 2020 per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.”Ma non è certo solo l’agricoltura che usa le cooperative per
trovare forza lavoro a bassissimo costo (quelli che la magistratura chiama
“serbatori di manodopera”), ci sono la moda, il turismo, l’edilizia, la logistica
fino alle multinazionali come Amazon sempre rimanendo agli ultimi fatti di
cronaca.
È nella logistica che secondo le indagini esistono i «serbatoi
di manodopera», “quei sistemi attraverso i quali le grandi aziende si
garantiscono profitto e tariffe competitive sfruttando i lavoratori tramite
cooperative e società «filtro» … un sistema che era venuto a galla anche nei
casi delle inchieste su Dhl, Gls, Uber, Lidl, Brt, Geodis, Esselunga,
Securitalia, Ups, Gs Carrefour e Gxo”, mentre nel campo della vendita online,
il cosiddetto e-commerce, troviamo la multinazionale da 1000 miliardi di dollari
Amazon che secondo un’altra inchiesta assume personale tramite cooperative ma
li gestisce direttamente tramite particolari software: l’inchiesta ha portato
la Guardia di Finanza a sequestrare 121 milioni di euro alla multinazionale
anche per non aver versato i contributi dei lavoratori. E inoltre, “il
«meccanismo fraudolento è tutt’ora in atto con rilevantissime perdite per
l’erario e situazioni di sfruttamento lavorativo che perdurano a tutto
vantaggio di Amazon Italia Transport srl» scrivono i pm Storari e Mondovì nel
decreto di sequestro.”
Anche sulla cosiddetta alta moda, per esempio, è in
corso una inchiesta che coinvolge i grandi marchi, almeno 13, che ha “portato
all’amministrazione giudiziaria delle società Giorgio Armani Operations
– che fa capo al Gruppo Armani e appalta a terzi la produzione di accessori – e
Manufactures Dior – un’azienda che fa capo alla filiale italiana della
Christian Dior. Quest’ultimo è uno dei marchi del gruppo francese del lusso Lvmh
[che capitalizza 500 miliardi di dollari] guidato da Bernard Arnault che, nel
2023, è stato nominato di nuovo l’uomo più «ricco del mondo»”, con un
patrimonio di 192 miliardi!
E quanto più “importanti” sono tanto più sfruttano e fanno
profitti… ma di fatto stiamo parlando di una banda di ladri e truffatori
secondo le stesse inchieste che raccontano le “scoperte”: “Un laboratorio
clandestino poteva vendere all’intermediario-fornitore una borsa a poco più di
90 euro. La merce era venduta nei negozi col marchio Armani a 1.800 euro. Le
paghe dei lavoratori collocati nell’ultimo anello della subfornitura erano
«anche 2-3 euro l’ora» per un lavoro che poteva durare anche oltre le «14 ore
al giorno». Una condizione che sarebbe durata dal 2017 sino ai più recenti
accertamenti dello scorso febbraio, hanno sostenuto i giudici … Nel caso di
Dior le borse vendute a 2.600 euro nei negozi sarebbero costate al produttore
53 euro.” E c’è pure Alviero Martini. Le indagini hanno portato a
“ipotesi di sfruttamento del lavoro nero, con migranti – alcuni senza permesso
di soggiorno – impiegati con disponibilità 24 ore su 24 e su macchinari da
cu erano stati tolti i sistemi di sicurezza. Il tutto allo scopo di
velocizzare e massimizzare le produzioni…”
In uno di questi “opifici” “i carabinieri avevano trovato
una coppia cinese con 17 operai cinesi e 5 filippini. In maggioranza gli operai
non avevano un contratto regolare, mangiavano e dormivano in un capannone con
un cucinino, sette stanze e due bagni in condizioni igieniche da «minimo
etico».”
Questi “grandi marchi” di sfruttatori
capitalisti-imperialisti usano il sistema del “disaccoppiamento”, cioè due
canali, uno formale per il “rispetto delle regole istituzionali” e uno
informale per lo sfruttamento del lavoro nero.
Ma come si affronta questa piaga, questa “corsa ai
margini [profitti] che dimentica l’etica”? come dice il Sole24Ore,
“dimenticando” che l’unica etica, l’unica morale che capisce il capitalista è
proprio il profitto.
A parte qualche manifestazione e qualche sciopero indetto
dai sindacati confederali, sempre indignati e pronti a fare… niente, ma facendo
finta di fare! Una iniziativa curiosa, in questo senso, tra il ridicolo e il
demente, ma coerente con questo fare niente, è stata presa dalla Regione
Sicilia tramite la sua assessora al lavoro, Albano, che avendo a disposizione
ben 1 milione e 600 mila euro di un finanziamento dell’Unione europea per
combattere il caporalato (progetto P.I.U. Su.Pr.Eme- Percorsi Individualizzati di Uscita dallo
Sfruttamento!!!) ha pensato di mettere su una sorta di telefono amico, un
“Helpdesk Anticaporalato” al quale si dovrebbe rivolgere la vittima di
caporalato!
Ma come per gli incidenti e i morti sul lavoro, il
caporalato viene trattato dai politici, dai giornalisti e dai sindacalisti di
regime come qualcosa di “anomalo”, di casi “singoli” per via di padroni
particolarmente cattivi e magari straccioni, insomma in senso moralistico. Ma i
dati che vengono fuori dicono innanzi tutto che il “fenomeno” non è affatto
marginale, non è per niente anomalo e non è limitato a padroni “poveri” o
cattivi, come si vede nel comparto della moda e della grande distribuzione.
Il cosiddetto caporalato è parte del sistema capitale, serve
ai padroni sia per scaricarsi del rapporto diretto con i lavoratori, sia per abbassare
i salari e allungare la giornata lavorativa. E da un lato negli ultimi decenni queste
esigenze dei padroni sono state in parte soddisfatte dalla borghesia al governo
contrattaccando sui diritti conquistati con le lotte dalla classe operaia: la
cosiddetta “intermediazione di manodopera” è stata “istituzionalizzata”,
imposta con le leggi dello stato italiano, intermediazione affidata ai privati
come Manpower ecc. liberalizzando e precarizzando al massimo il “mercato del
lavoro”, ma siccome non basta mai al Capitale, per cui il raggiungimento del
massimo dei profitti non deve avere ostacoli, e i costi della forza lavoro
devono essere più bassi possibili, ecco il lavoro nero nelle sue varie forme,
fino alla schiavitù vera e propria.
Già Marx nel Capitale, tra l’altro, si occupa
del lavoratore agricolo e del basso salario e descrive le forme del caporalato
che si chiamava “gang” e il caporale “gangmaster”; con alcune ovvie differenze la
situazione nella sostanza non cambia: “I campi richiedono molto lavoro leggero
come la sarchiatura, la zappatura, certe operazioni per la concimazione, la
raccolta delle pietre ecc. Questi lavori sono compiuti dalle gangs o bande
organizzate, il cui domicilio si trova nelle località aperte …” questo sistema “Esiste
per l’arricchimento del grosso fittavolo o del padrone del fondo. Per il
fittavolo non v’è metodo più razionale per tenere il proprio personale da
lavoro molto al di sotto del livello normale e per trovar sempre pronte, ciò
malgrado, le braccia in più per ogni lavoro in più, per spremere la maggior
quantità possibile di lavoro con il minimo di denaro.”
Insomma, il caporalato è una “necessità” del sistema
capitalistico-imperialista e non ci sarà nessuna “legge” del governo o “tavoli”,
“protocollo” tra padroni sindacati e prefetture (tutte manovre che di fatto coprono
il caporalato!) che potrà farlo sparire, si deve per forza fare sparire tutto il
sistema capitalista-imperialista stesso.
Nessun commento:
Posta un commento