[Bolzano] Prescrizioni, Cortei vietati, avvisi orali, fogli di via: il Questore di Bolzano perseguita chi dissente
Sabato 27 luglio partecipiamo tutti e tutte al presidio al Parco della Stazione a Bolzano.
Mercoledì 17 luglio i detenuti del carcere di Bolzano iniziano una battitura di protesta: pentole, piatti e tutto ciò che può fare rumore viene sbattuto contro le sbarre per farsi sentire fuori dalle mura, lì dove a pochi metri i bolzanini portano il cane a passeggio, sul Lungotalvera. Alcuni compagni vengono a sapere della battitura in corso e decidono di andare sotto le mura della struttura di via Dante per ascoltare e sostenere le ragioni della protesta, nel tentativo di spezzare l’isolamento dei detenuti e diffondere le loro ragioni. Si viene così a sapere che la battitura proseguirà anche nei giorni successivi; alle finestre vengono esposti lenzuoli con scritte come: “Più dignità, basta suicidi nei carceri. Noi non siamo la nostra colpa”. Il tempo di fare un veloce saluto e i solidali si allontanano ricordando che il venerdì successivo ci sarebbe stato un presidio di solidarietà già pubblicizzato da alcuni giorni. Ricordiamo come nel carcere bolzanino vi sia stata da poco un´epidemia di scabbia e di come, al 22 luglio 2024, i suicidi nelle carceri italiane nel corso dell´anno siano 58, una strage silenziosa da aggiornare di giorno in giorno.
“Più dignità, basta suicidi nei carceri, noi non siamo la nostra colpa”. Uno striscione esposto dal carcere di Bolzano durante la protesta dei detenuti
Alcuni agenti della polizia politica riprendono con una telecamera il gruppetto, che si ferma a bere qualcosa in un bar di Via Rosmini. Circa mezz’ora dopo due volanti si presentano al bar imponendo il trasporto in Questura, dove tutt* vengono fotosegnalat* e denunciati per manifestazione non
autorizzata. Oltre alla denuncia, ad un compagno bolzanino ma residente in un comune limitrofo, viene consegnato un foglio di via di due anni da Bolzano.Le carte del foglio di via contengono uno spaventoso mix di informazioni false e inventate. Ciò viene fatto notare agli agenti della polizia politica cui viene richiesto di correggere ma essi rispondono balbettando: “non lo abbiamo scritto noi”. Il compagno che ha ricevuto il foglio di via è conosciuto dalla polizia politica da oltre 20 anni quindi tali falsità sono inserite volutamente per giustificare il foglio di via.
Il presupposto per l´applicazione di tale misura é quello della pericolositá sociale del soggetto, che dovrebbe essere dimostrata “sulla base di elementi di fatto”, ma su questi elementi la discrezionalità é enorme e infatti nel provvedimento vengono elencate suggestioni, segnalazioni, denunce per le quali non é mai arrivata una condanna ma in gran parte dei casi nemmeno la conclusione delle indagini. Per cui anche reati per cui si é stati assolti o per cui non si é stati nemmeno processati vengono inseriti dal Questore – insieme a segnalazioni di polizia quindi autoreferenziali – per creare suggestioni e giustificare l´applicazione di una misura che comporta limitazioni della libertá pesantissime.
Si tratta di un evidente atto di intimidazione e persecuzione politica, a cui il Questore (di cui avevamo già parlato in un articolo precedente che potete leggere qui) ricorre facendo uso dell’enorme potere discrezionale (senza alcun contraddittorio e senza alcuna possibilità di difesa immediata) che le misure di prevenzione gli consentono di esercitare. Sartori si inserisce così nell´applicazione del diritto penale del nemico o d´autore, secondo cui l´ordinamento penale e gli apparati repressivi non colpiscono più quello che si fa, ma l´identità del soggetto, il suo percorso politico. Secondo questa teoria (che, come vediamo, si traduce in pratica) per colpire e neutralizzare questi veri e propri “nemici della società” costruiti e indicati con un abile gioco di sponda fra apparati mediatici e repressivi, è possibile derogare alle regole tipiche del “diritto” (ed alle sue garanzie pur limitate e suscettibili di un uso arbitrario) per utilizzare regole tipiche della “guerra”, in vista della neutralizzazione dell’avversario.
Una deriva repressiva che Sartori, dopo aver imposto una forte presenza mediatica e aver contribuito a costruire – con l´aiuto del principale gruppo editoriale locale – alcuni nemici pubblici da abbattere, applica non solo a chi si rende responsabili di reati piú o meno gravi, ma soprattutto nei confronti di militanti politici ma anche senzatetto, lavoratori senza una casa, immigrati senza documenti, ecc.
Ciò che non é scritto sulle carte ma che appare evidente a chiunque voglia vedere la realtà é che l´obiettivo del provvedimento é l´identità politica nonché la sua partecipazione alle lotte e mobilitazioni cittadine.
Di certo ciò che scaturisce da questo provvedimento è una serie infinita di disagi di carattere personale e famigliare, dato che tutta la vita sociale e famigliare del compagno in questione è a Bolzano.
Tale provvedimento poliziesco si inserisce in un´ondata repressiva che sta colpendo numerosi compagni e compagne che da anni stanno denunciando in piazza la deriva guerrafondaia verso cui i Governi di ogni colore ci stanno trascinando. In particolare la mobilitazione contro il genocidio in Palestina e la denuncia delle complicità italiane e delle aziende sudtirolesi in questo orrore ha saputo trovare una continuità e un´intensità che evidentemente ha infastidito i piani alti di Largo Palatucci.
Questo foglio di via non è il primo che viene dato a compagni in città: in seguito alla manifestazione contro gli antiabortisti del 15 giugno fuori dall’ospedale di Bolzano due compagni residenti nella zona di Bressanone hanno ricevuto la stessa misura (per tre anni!), da leggere anch’essa come un atto di repressione e persecuzione politica che va a colpire la partecipazione alle lotte e alle mobilitazioni antimilitariste in Provincia nonché il pensiero e una certa tensione ad agire per cambiare le cose anziché delegare e aspettare la propria fine.
Negli ultimi mesi, oltre ai fogli di via almeno altri 5 compagni hanno ricevuto invece un avviso orale da parte del Questore. Formalmente esso consiste in “un’esortazione a mutare condotta”, rivolta alla persona considerata connotata da un profilo di “pericolosità sociale”. Questo provvedimento, che non comporta alcun effettivo restringimento della libertà personale, contiene però la minaccia di richiesta di sorveglianza speciale da parte del Questore.
Anche qui siamo di fronte a uno strumento di polizia discrezionale che la Questura di Bolzano sta utilizzando con grande disinvoltura. Quale sarebbe la condotta da mutare? Appare evidente come la costante mobilitazione su vari temi in città negli ultimi anni abbia dato fastidio a chi vorrebbe rassegnazione generale fra le classi subalterne e che quindi venisse garantita “la tranquillità pubblica” senza cortei, presidi e interventi al megafono che denunciano pubblicamente le responsabilità del Governo italiano nel genocidio a Gaza, nella guerra fra Russia e NATO in Ucraina, nel sostegno ai movimenti cosiddetti pro-life oppure riguardo l’ecatombe di suicidi che si verifica ogni anno nelle carceri.
Perchè Sartori utilizza (e pubblicizza con tanta enfasi sui media) in modo così spregiudicato le misure di prevenzione?
Perchè esse sono funzionali alla narrazione mediatica che ha adottato fin da subito. Agire sulla percezione delle persone, fornire informazioni e notizie consumabili sui social network, rastrellare rapidi elogi, mettere i problemi sotto il tappeto e colpire la conseguenza anziché la causa dei problemi. Dare l’impressione che qualcosa sia cambiato mentre la vita delle persone in realtà è sempre più difficile a causa di affitti da strozzinaggio, spese mediche alle stelle, salari insufficienti. Come avevamo scritto nell’articolo precedente: “Il popolo ha fame? Dategli un Sartori che distribuisce fogli di via e avvisi orali”.
Uno striscione esposto durante una manifestazione di protesta contro il gruppo Athesia, in particolare i giornali Alto Adige e Dolomiten
Queste misure sono caratterizzate da procedure di applicazione particolarmente sommarie che ne consentono l’irrogazione in tempi brevi (anche pochi minuti come molti casi dimostrano), con una sostanziale inversione dell’onere della prova a carico del soggetto “proposto”, prescindendo da un preventivo accertamento giurisdizionale circa l’effettiva commissione di reati da parte del destinatario. Dato che ad essere colpiti da queste misure sono nella grandissima parte proletari o sottoproletari va da sè che, anche per questioni economiche, per molti diventa quasi impossibile fare ricorso, pagare un avvocato, le spese processuali, ecc. Si tratta quindi di misure vessatorie e arbitrarie (non è previsto alcun controllo giudiziario nell’immediato) che per il Questore non comportano alcun impegno e/o costo mentre per la persona colpita, in particolare nel caso dei fogli di via, si tratta di una misura che condiziona e distrugge relazioni e socialità.
I fogli di via e gli avvisi orali consegnati ai compagni e alle compagne sudtirolesi rappresentano un grave atto di repressione politica che si inserisce in un clima generale in cui il dissenso, specie se viene dal basso, è sempre più sotto attacco. Sono atti intimidatori che, accompagnati dalla criminalizzazione mediatica, hanno l’obiettivo di spaventare chiunque intenda lottare contro la guerra, il genocidio a Gaza e in generale per ogni istanza di classe. Non possiamo dimenticare infatti come nel corso degli anni le Questure di tutta Italia abbiano utilizzato in modo massiccio questo strumento per reprimere le lotte del Movimento NO TAV, per sfiancare il sindacalismo di base, in particolare i lavoratori del SICOBAS. Oppure, piú recentemente contro il movimento ambientalista Extinction Rebellion, colpito da centinaia di denunce e fogli di via in tutta Italia, oltre che di provvedimenti legislativi ad hoc.
Oltre a queste misure di prevenzione (anzi di repressione) della Polizia va ricordato come il 28 giugno il Questore si sia reso protagonista di un altro atto repressivo gravissimo e senza precedenti analoghi in città, almeno negli ultimi due decenni, ovvero il divieto per la manifestazione PRIOT che avrebbe dovuto attraversare le strade del centro storico e che invece è stata costretta da un massiccio dispiegamento di reparti celere a rimanere bloccata nel parco della stazione di Bolzano. I motivi per tali prescrizioni? Ordine pubblico ça va sans dire!!
E’ fondamentale che tutti e tutte sappiano cosa sta accadendo in questa città. Questi abusi di potere e atti intimidatori nei confronti di chi lotta non devono passare, rompiamo il silenzio, costruiamo la solidarietà.
Deve essere chiaro che questi provvedimenti repressivi riguardano tutti e tutte.
La migliore risposta a queste misure repressive é continuare la lotta contro il genocidio del popolo palestinese, contro la deriva verso la terza guerra mondiale in cui anche il Governo italiano ci sta trascinando. Contro razzismo e sfruttamento.
Sabato 27 luglio partecipiamo tutti e tutte al presidio al Parco della Stazione a Bolzano. Denunciamo la repressione che sta colpendo i compagni e le compagne in città. Fermiamo il genocidio del popolo palestinese, fermiamo la guerra al dissenso portata avanti dalla Questura di Bolzano.
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