L'Assemblea annuale degli imprenditori tenutasi il 28 maggio all'Expo è stata, con la relazione del presidente della Confindustria Squinzi, in cui tutti i presenti si sono riconosciuti, una sorta di manifesto/programma dei padroni, rivolto al governo, a tutto il mondo industriale e finanziario, ai sindacati confederali.
La relazione è una ripresa di identità, orgoglio della propria categoria, della propria classe: "L'industria chiave di svolta nel paese", "impresa come patrimonio"; una rivendicazione della propria "gloriosa" storia: ("La prima vera grande fabbrica la mondo fatta da noi a Venezia, centinaia di anni in anticipo sulla prima rivoluzione industriale, fondando nel 1104 l'Arsenale..."). La storia fatta dai padroni che affossa l'altra storia, quella vera, della classe proletaria che è la stragrande maggioranza in questa società: la storia del duro sfruttamento dei lavoratori, delle lotte proletarie delle sue conquiste ottenute anche con il sangue, ma anche delle sue perdite, oggi sempre più, dei licenziamenti, dei morti sul lavoro, dei territori inquinati...
L'Assemblea è stata un ricompattarsi dei padroni contro tutti quelli che "fanno cultura anti impresa" (tra i primi posti: il sistema giudiziario), distinguendo Renzi, su cui vi è un sostanziale giudizio positivo, dall'insieme del governo, del parlamento, su cui le lamentale sono ancora varie, per le complicanze normative tuttora vigenti, per i progetti fumosi, per quelli rimasti nel cassetto, per "una dialettica farraginosa tra imprese ed esecutivo", ecc. Quando, invece - dice Squinzi - serve un "abito" a misura per le imprese" - cioè il vecchio ma sempre valido Stato, parlamento, governo come "comitato d'affari della borghesia"
"Lasciateci fare" è il loro messaggio al governo e al paese tutto. L'idea - da non mettere in discussione - espressa nella relazione dell'assemblea è che "senza le imprese e le loro libere associazioni, democrazia e sviluppo non si possono realizzare", riproponendo con forza che l'impresa è tutto, che i capitalisti, gli interessi della loro classe determinano l'interesse generale, non solo sul piano economico, ma anche politico; che la "democrazia", quindi, coincide con la "democrazia" delle leggi a favore dei profitti, con lo sfruttamento senza ostacoli degli operai, l'attacco ai diritti fondamentali dei lavoratori.
'Aiutateci a fare liberandoci dalle zeppe legislative' - dice l'assemblea degli industriali - perchè sia possibile la "compatibilità tra costi e ricavi"; perchè quindi possiamo fare più profitti senza lacci e lacciuoli - e qui citando in particolare le normative sul falso in bilancio, sulle nuove autorizzazioni di varia natura, il canone sugli imbullonati (sui grandi macchinari industriali fissi al suolo), la Tasi sull'invenduto e - in primis - i reati ambientali (dove peraltro stanno già ottenendo non pochi risultati, vedi processo Eternit, ThyssenKruppo, vedi la nuova legge sugli ecoreati).
E uno dei principali lacci da eliminare è il contratto collettivo nazionale, perchè eventuali aumenti salariali siano solo legati alla produttività delle singole aziende e quindi alla volontà dei padroni. E legata a questo obiettivo, la legge sulla "rappresentanza" che via via formalizzi quella concezione di "sindacato unico", espressa chiaramente e grezzamente da Marchionne, appoggiata da Renzi, ma, in forme più dialettiche, sostenuta da tutti gli industriali.
Torneremo su questa assemblea e sulla relazione di Squinzi.
Nessun commento:
Posta un commento