giovedì 16 agosto 2018

pc 16 agosto - UNA PRIMA CORRISPONDENZA DA GENOVA, SUBITO DOPO IL CROLLO DEL PONTE

DISASTRO ANNUNCIATO

Sono le ore 11:35 di martedì quattordici agosto quando Genova è il teatro di una tragedia abbondantemente annunciata: i circa duecento metri della campata centrale del ponte Morandi – il viadotto Polcevera, inaugurato nel 1967 – crollano e finiscono quarantacinque metri più sotto, su via Walter Fillak, e all’interno del torrente Polcevera.
Le consegiuenze sono tragiche; le vittime, al momento in cui scriviamo, sono almeno trentacinque, e si capisce facilmente il perché: quel tratto sospeso dell’autostrada A10 unisce il centro città con il ponente, e la sottostante strada è molto trafficata, unendo due popolari e popolosi quartieri: San Pier d’Arena e Rivarolo.
Non è certamente il momento di fare polemiche, ma una riflessione si impone: erano anni che si parlava del fatto che quella struttura fosse pericolosa, come peraltro dimostravano i continui lavori atti al suo consolidamento, ed andasse abbattuta.
A questo si aggiunga il fatto che, al momento della sua costruzione, il viadotto rispondeva ai criteri di sicurezza dell'epoca, calcolati anche in base ai flussi del traffico veicolare della fine degli anni sessanta, che non è neanche lontanamente confrontabile con quello di oggi: non ci vuole molta arguzia per comprendere che certi valori non potevano più essere soddisfacenti.
In rosa la parte del ponte crollata

Bosio (Al), 15 agosto 2018
Stefano Ghio - Proletari Comunisti Alessandria/Genova

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