Ai padroni, invece è stato permesso, e si continua a permettere, di procedere a delocalizzazioni, chiusure di stabilimenti, tagli di posti di lavoro, per salvaguardare i loro profitti, che hanno fatto sulla pelle di questi stessi operai.
Di Maio visitando la scorsa settimana lo stabilimento della Bekaert, aveva annunciato che col «decreto urgenze» sarebbe stata ripristinata la cassa integrazione straordinaria per cessazione. Dopo l’ok arrivato il 13 settembre da parte del Consiglio dei ministri questo provvedimento però è sparito.
"I metalmeccanici per oggi hanno promosso una giornata di mobilitazione e di scioperi ed hanno programmato un presidio a Roma davanti al ministero dello Sviluppo. Al governo avanzano una richiesta precisa, la stessa fatta al precedente governo: prolungare di almeno 12 mesi la cassa integrazione in scadenza in modo tale da poter completare i processi di riorganizzazione e di ristrutturazione aziendale in corso e le iniziative di reindustrializzazione".
I numeri della crisi
Secondo le stime di Fiom, Fim e Uilm sono circa 140mila i metalmeccanici coinvolti da situazioni di crisi in comparti che vanno dalla siderurgia agli elettrodomestici, dall’elettronica all’automotive, dall’itc alle telecomunicazioni, con 80 mila lavoratori in cassa integrazione straordinaria. Per metà sono concentrati nelle regioni del Nord, con punte di 16mila unità in Lombardia, 9.900 in Liguria, 9.800 in Piemonte e 5.900 in Veneto e un’ampia diffusione anche al Sud (14.700 in Puglia, 9.000 in Campania e 8.200 in Basilicata). Al Mise sono 144 i tavoli di crisi aziendali ancora aperti, mentre sono 31 le aziende che hanno cessato l’attività per delocalizzare le loro attività all’estero mettendo a rischio altri 30mila posti di lavoro. In tutto i i gruppi di imprese interessati da procedure di amministrazione straordinaria sono invece 147.
Si dice che per risolvere il problema servirebbero 3 miliardi, ma si aggiunge "Cifra che di questi tempi il governo farebbe molta difficoltà reperire".
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