mercoledì 9 marzo 2011

pc quotidiano 9 marzo - salento amianto 3 . 35% con il tumore Emigrati salentini lavoravano in Eternit

Emigrati salentini
lavoravano in Eternit
e chiedono giustizia
"Il 35% ha il tumore"


LECCE - Il Salento si scopre focolaio delle malattie polmonari legate alla
lavorazione dell'amianto. Sono circa un migliaio gli ex emigranti della
provincia di Lecce, per la maggior parte residenti nei comuni di Corsano e
Tiggiano, che nel giro di pochi anni potrebbero manifestare i sintomi delle
malattie tumorali alla pleura e ai polmoni solo perché hanno lavorato negli
stabilimenti Eternit. Nei due comuni del Capo di Leuca, infatti, lontani
centinaia e centinaia di chilometri dagli stabilimenti svizzeri di
Niederurnen, vivono (sopravvivono), persone che in quella fabbrica hanno
lavorato per anni, respirando polveri senza alcun avvertimento sui rischi
dell'esposizione, già conosciuti dal 1962.

La piccola schiera si va assottigliando mese per mese perché qualcuno viene
a mancare quando la massa tumorale esplode in tutta la sua crudeltà. Ormai
gli ex lavoratori, che hanno fatto rientro in Italia dal 1994, si conoscono
tutti tra loro e condividono le medesime ansie in attesa di un ris
arcimento. Un processo a Torino, aperto grazie alle indagini del procuratore
Raffaele Guariniello, è già in corso, e vede come imputati gli ex dirigenti
della Eternit Italia, il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, 63 anni,
e il barone belga Jean Luis Cartier De Marchienne, di 93 anni, accusati di
disastro colposo e omissione di cautele contro le malattie professionali.

Per chi ha lavorato negli stabilimenti svizzeri invece, oltre al danno la
beffa. Il danno è che il processo bis tarda ad arrivare, nonostante la
procura piemontese abbia chiesto da tempo gli atti alla Suva (l'ente per le
assicurazioni per gli infortuni sul lavoro, paragonabile al nostro Inail).
La beffa è che gli ex emigranti salentini che chiedono il riconoscimento
della malattia per causa di servizio devono aspettare che la forma tumorale
sia grave. Raggiungere quello stadio però, significa che restano al più sei
o sette mesi di vita.

Dai racconti degli ex operai, che sono partiti da questi due comuni grazie a
un passaparola tra fratelli, cugini, amici e conoscenti, traspare un'enorme
lacuna sulle norme di sicurezza in fabbrica. «Eravamo impegnati a impastare
la materia in polvere, tagliarla e forarla», spiega Mario Ricchiuto, 59 anni
di Tiggiano, «non ci hanno mai dato una mascherina oppure il latte
giornaliero previsto da contratto. Anzi, quando i dirigenti venivano a
conoscenza di un'ispezione delle autorità sanitarie ci facevano spegnere la
metà dei macchinari e ripulire la polvere».

Mario Ricchiuto, che a Niederurnen ha lavorato dal 1972 al 1984, è uno degli
ex che convive con le placche pleuriche e che si è sentito rispondere dalla
Suva con un agghiacciante «riprovi quando sarà peggiorato». Grazie a un
protocollo d'intesa tra l'associazione «Emigranti nel mondo» di Corsano,
l'Unione
dei Comuni «Terra di Leuca» e la Asl di Lecce, il servizio di pneumologia
sta esaminando gli ex operai. Su 194 visitati in questo periodo il 35 per
cento manifesta già i primi sintomi della malattia, che dovrebbe raggiungere
il suo apice tra il 2015 e il 2020.

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