In Normandia una giovane donna ha lanciato una petizione contro l’aumento del prezzo del carburante, nel momento di picco del prezzo a metà ottobre; rapidamente dei camionisti ed altre persone hanno condiviso la propria esasperazione con dei video su facebook. Questi video che avevano al centro l’aumento del prezzo del carburante, il disprezzo del governo e la sua guerra ai poveri in generale, sono stati visti milioni di volte. Rapidamente è uscita la data del 17 novembre, come la giornata d’azione, lanciata in particolare da Erik Drouet, un semplice camionista.
Subito
dopo l’annuncio di una giornata d’azione i gruppi facebook creati
per l’organizzazione dell’evento hanno fatto l’appello a
mettere un gilet giallo, di quelli che tutti devono tenere nel
cruscotto della macchina, davanti alla propria auto migliaia di
automobilisti hanno fatto questo semplice gesto simbolico che ha
permesso di rendere visibile fuori dai social la contestazione.
Delle
azioni in anteprima sono stati organizzati dai gruppi facebook che
hanno subito richiamato centinaia di persone. Questo sin dall’inizio
di novembre.
A
partire da li la maggioranza di questi gruppi facebook hanno fatto
appello a fare delle riunioni per
incontrarsi e organizzarsi concretamente il 17 novembre. I luoghi delle riunioni sono stati i parcheggi dei centri commerciali. Hanno partecipato centinaia di persone che hanno organizzato praticamente la scadenza del 17 novembre. Le persone presenti erano in generale d’accordo sul carattere cittadino, pacifico e apolitico del movimento e che non avrebbe riguardato solo il carburante ma il carovita in generale. Ci si è ripartiti i punti di blocco e le cose da fare.
incontrarsi e organizzarsi concretamente il 17 novembre. I luoghi delle riunioni sono stati i parcheggi dei centri commerciali. Hanno partecipato centinaia di persone che hanno organizzato praticamente la scadenza del 17 novembre. Le persone presenti erano in generale d’accordo sul carattere cittadino, pacifico e apolitico del movimento e che non avrebbe riguardato solo il carburante ma il carovita in generale. Ci si è ripartiti i punti di blocco e le cose da fare.
Nei
blocchi si è trovato subito di tutto: camionisti, persone isolate e
depoliticizzate che vivevano la loro prima manifestazione,
principalmente erano persone di classe media e povera delle periferie
urbane.
Le
prime iniziative sono state di distribuzione dei volantini agli
automobilisti e i momenti di tensione erano dati quando qualche
automobilista cercava di forzare i blocchi. Convivevano esasperazione
e gioia di incontrarsi e fare qualcosa insieme. Durante i blocchi non
c’erano assemblee ma vivaci discussioni. Questo fino agli sgomberi
violenti della polizia.
L’ingresso
della destra è stato quasi immediato sia per comunicare l’evento
sia per presentarsi.
Chiaramente
all’inizio erano quasi del tutto assenti migranti o persone di
colore diverso, quindi fondamentalmente errano bianchi di classe
media e bassa, e spontaneamente le idee più diffusa erano di
carattere razzista, sessista, omofoba, ma non si può dire che questo
era il centro del movimento.
La
questione che la maggior parte dei partecipanti è costretta ad usare
la macchina per andare al lavoro o per fare le faccende familiari è
stato un cemento naturale delle idee comuni che hanno caratterizzato
il movimento.
La
gente è andata ai blocchi nel tempo libero o mettendosi in malattia.
Chiaramente molto forte è stata l’adesione dei camionisti.
Nelle
città minori e nelle zone in cui si è sviluppato il movimento hanno
pesato molto fattori di deindustrializzazione che hanno impoverito le
masse in senso generale, così come l’aumento delle spese sociali
che ha esteso la fascia di persone che non ce la fa ad arrivare alla
fine del mese, che vivono a credito e hanno il conto bancario
scoperto, così come la precarietà del lavoro. Forte è stata la
denuncia dello Stato, del governo che vuole i soldi e non fa nulla e
che usa “l’ecologia” per rendere più care le tariffe e
impoverire la gente.
Complessivamente
le persone scese in piazza nell’arco dei primi sabati ha superato
il mezzo milione.
La
morte delle persone per incidenti durante i blocchi ha indurito la
protesta e aumentato la rabbia.
In
generale, finché non c‘è stato l’ingresso del movimento degli
studenti, la cui partecipazione è stata però episodica, la presenza
dei giovani è stata scarsa.
Nei
giorni successivi i punti della protesta hanno cominciato a
coalizzarsi in punti di programma, soprattutto contro la
sperequazione della ricchezza e sull’esclusione sociale e politica
delle masse che si sentono non rappresentate. Chiaramente queste
posizioni generiche sono quelle che più si prestano facilmente alla
demagogia populista delle forze politiche che appaiono fuori dal
governo o in opposizione elettorale ad esso, quindi da Le Pen a
Melenchon. Ma il populismo di queste forze è demagogico, o
apertamente reazionario Le Pen o demagogico illusorio Melenchon, e
non va confuso con le idee spontanee, anch’esse illusorie esistenti
tra le masse che dipendono in primis dalla mancata presenza della
classe operaia, dalla mancanza di esperienza e formazione nella lotta
sociale e dalla base di classe piccolo borghese o piccolo
proprietario dei partecipanti.
La
violenza di Stato ha in parte sorpreso le masse ai blocchi che
volevano essere trattate non maltrattate ed è apparsa come una
ingiustizia doppia.
Chiaramente
fortemente equivoco è stata sempre la presenza del tricolore come
pure il richiamo generico alla rivoluzione francese, alla
“marsigliese”; e al di là delle possibili giustificazione, sono
forme di espressione di sentimenti reazionari, il governo viene
attaccato perché non fa realmente gli interessi dei francesi, e
quindi contiene già in sé l’embrione del razzismo e della
xenofobia.
Per
questo è sbagliato che alcune componenti del movimento abbiano
continuato a dare una giustificazione sociologica a questa presenza
del tricolore che invece è stata sempre caratterizzazione di una
domanda arretrata di “sudditi che si fanno ascoltare dai sovrani”.
La
facile adozione del gilet gialli è stato un elemento pratico di
forza del movimento, ma anche di confusione, perché sotto il gilet
convivono settori diversi di masse, le cui ragioni di partecipazione
alla lotta sono diverse e in certa misura opposte.
Chiaramente
il tricolore invece esaltato dalle forze fasciste e populiste di
sinistra alla Melenchon, perché corrisponde alla posizione
socialsciovinista antieuropea che nel caso della Francia è pura
ipocrisia, perché la borghesia imperialista francese e la borghesia
imperialista tedesca sono l’Europa imperialista. E si deve uscire
dall’imperialismo e non è possibile uscire dall’Europa
imperialista se non uscendo dall’imperialismo, e rovesciando la
propria borghesia.
La
rivolta dell’Isola della Reunion, sia pure avvenuta nel contesto
dell’esplosione del movimento dei Gilet j, non va affatto confusa
con i gilet gialli. E’ stata una rivolta popolare anticoloniale, repressa
dallo Stato francese come “rivolta anticoloniale”. Essa va
appoggiata incondizionatamente e ha una soluzione non nelle risposte
al carovita ma nelle necessità dell’autodeterminazione nazionale e
di un nuovo potere di nuova democrazia che possa migliorare le
condizioni di vita delle masse.
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