pc 23 marzo - A proposito delle proposte di legge PD/M5stelle sul salario minimo - un intervento
Pubblichiamo questo intervento per informazione e approfondire la questione. Questo non vuol dire da parte nostra condivisione nel merito delle varie argomentazioni.
Le
proposte di legge di P.D. e di 5 Stelle. Le risposte degli industriali e
del sindacato confederale. Un decreto legge che sparirà sparite le
campagne elettorali.
Ciclicamente, in vista delle
competizioni elettorali, sia che siano nazionali regionali o europee,
dal magico cilindro dei parlamentari di turno, all’opposizione o al
governo poco importa, saltano fuori decreti legge come quello appena
presentato in senato per l’introduzione del salario minimo garantito.
Finita la buriana della campagna elettorale, termineranno anche i buoni
propositi dei decreti legge presentati e ne rimarrà traccia solo negli
atti parlamentari, trasformando la proposta del salario minimo garantito
in un fantasma che magari servirà per una prossima buona occasione
elettorale, tirato occasionalmente fuori nel tentativo di accaparrarsi i
voti di operai e di lavoratori che stanno sotto la soglia dei 9 euro
ora.
Prima proposta di legge presentata - Di questo decreto si ha già traccia
negli atti parlamentari della 17ª Legislatura e precisamente il 29
ottobre del 2013. In quella data era già stato presentato in Senato, dai
50 senatori dei 5 stelle, un articolo inserito nel DDL n. S. 1148 che
fissava: “il valore orario dello SMO per l’anno 2015 pari a 9 euro
lordi con obbligo di calcolare la retribuzione sulla base del predetto
importo, da applicare alle ore di lavoro mensili previste dal
contratto”. Decreto naturalmente finito nel nulla rimasto solo
negli atti del Senato a “prendere polvere”, ma conveniente per essere
ripresentato in occasione della prima tornata elettorale utile, come
quella di maggio in occasione delle elezioni europee.
Tranne che in Italia il salario minimo garantito per legge è obbligatorio in 21 paesi europei oltreché in USA.
Da un’indagine del Sole24 ore, il 40%
di lavoratori dipendenti a tempo pieno del settore privato sottoposti a
contratto collettivo, oltre 6,5 milioni, sono sotto la soglia dei 10
euro lordi ora. Un altro 22%, oltre 3,6 milioni (esclusi i lavoratori
del comparto agricolo e di quello domestico) sono sotto la soglia dei 9
euro ora lordi, e, addirittura il 9% ( quasi 1,5 milioni di lavoratori)
sta sotto la paga oraria di 8 euro ora sempre lordi.
Il minimo contrattuale - Se si prende il salario di un operaio
metalmeccanico di 1 livello (il livello più basso dell’inquadramento) si
riscontra che la sua paga oraria lorda sta decisamente sotto le 9 euro
(8,192 euro ora). Diversamente le retribuzioni minime per gli operai
agricoli, tra le più basse in assoluto, stabiliscono una paga oraria
minima di 6,08 euro ora lorde. Le restanti retribuzioni minime nel
settore industriale arrivano a malapena a 7,92 euro l’ora sempre al
lordo della tassazione e delle ritenute sociali.
Al senato per innalzare il salario
minimo sono stati presentati due disegni di legge, che teoricamente
dovrebbero fissare il limite sotto il quale la paga oraria non dovrebbe
scendere. Le due proposte di legge una dei 5 stelle e una del P.D.
tendono a stabilire, per scopi puramente elettoralistici, che la soglia
del salario minimo sia fissata a 9 euro ora.
Il DDL n° 658 presentato in Senato dai 5
Stelle il 12 luglio 2018, orienta il principio di fissare il salario
minimo garantito a 9 euro lorde complessive l’ora. L’altro decreto,
quella del P.D., (DDL S. 310 del 3 maggio 2018) va a fissare la paga
oraria minima a 9 euro ora nette.
La differenza tra le due proposte non è
cosa di poco conto, il ventaglio tra un salario di 9 euro nette ed uno
di 9 lorde all’ora si tradurrebbe, sul calcolo di 173 ore contrattuali,
in una differenza di circa 400 euro mensili sul salario netto.
In entrambi i casi le due proposte
assicurerebbero alle tasche degli operai dai bassi salari, un netto
innalzamento del loro salario annuale stimabile in circa 2000 euro in
più, nel caso di una soglia ai 9 euro lordi e di ben 3000 euro nel caso
di una paga di 9 euro netti. Non proprio una cosa da nulla per chi deve barcamenarsi con un salario che gli consente il mero limite della sopravvivenza.
Del resto i salari e gli stipendi degli
operai e dei lavoratori italiani sono fermi da più di vent’anni, dal
1995 al 2016 l’incremento salariale è stato appena del 7% una cifra
spropositatamente al di sotto dell’inflazione che solo nell’ultimo
decennio è stata del 12%.
I padroni inviperiti - La Confindustria e le associazioni
padronali di categoria di fronte a questi disegni di legge si sono sono
subito inviperiti sollevandosi in “drammatiche” dichiarazioni: “9 euro l’ora è un livello fuori dalla realtà” – ha subito ribadito Pierangelo Albini (direttore dell’area lavoro di confindustria) - “il minimo di retribuzione fissato ai livelli più bassi dai contratti di lavoro si aggira sui 7,5 euro lordi”.
Ammettendo di fatto che ci sono operai e lavoratori con un salario al
di sotto di quello stabilito dai contratti firmati dalle organizzazioni
sindacali. Secondo Confindustria, che si è schierata al completo contro
la proposta di legge del salario minimo, i livelli salariali degli
operai sono ampiamente adeguati. Sì, adeguati ad un esistenza vissuta da
poveri che consente ai moderni schiavi delle galere industriali di
campare a pane e acqua.
Contro anche i sindacati Confederali - La contrarietà ai DDL del sindacato
confederale (CGIL; CISL e UIL) è sulla stessa linea di Confindustria. La
memoria espressa e depositata in commissione parlamentare, è
altrettanto straordinariamente scandalosa. Nel loro solito linguaggio burocratico
sindacalese hanno manifestato la loro contrarietà all’introduzione DDL
del salario minimo garantito.
Infatti nelle loro miserabili locuzioni costruite ad arte si legge: “la
sola definizione di un salario minimo legale orario, se non dovesse
riconoscere valore legale ai minimi salariali predisposti dai CCNL, ben
difficilmente riuscirebbe a garantire quel ‘trattamento economico
complessivo’ che la contrattazione collettiva ha ormai sancito in ogni
comparto lavorativo, così come le forti tutele normative da essa
garantite”. E ancora: “l’introduzione del salario minimo orario
legale diverso da quanto predisposto dai CCNL potrebbe favorire una
fuoriuscita dall’applicazione dei CCNL rivelandosi così uno strumento
per abbassare salari e tutele delle lavoratrici e dei lavoratori”. La
furbizia con cui sono costruite queste dichiarazioni è l’esempio di
come al solito tentino di mischiare le carte in tavola per sottrarsi
alle loro responsabilità contrattuali. Come se i confederali in questi
anni non avessero avuto nessuna responsabilità nella stagnazione dei
salari, come se non fosse loro la diretta responsabilità di non aver
garantito con la contrattazione collettiva adeguati aumenti salariali.
Mentono sapendo di mentire. Per il loro tornaconto hanno fatto in modo
che i salari non solo non aumentassero ma addirittura, oltre che
rimanere fermi, si abbassassero sotto la soglia dell’inflazione. Per
stessa ammissione delle associazioni padronali i salari sono fermi a
vent’anni fa, altro che “garanzia di trattamento economico complessivo”.
Salario minimo o paga oraria globale di fatto? - L’unica perplessità del decreto una
volta approvato può stare nel fatto che i padroni e le loro associazioni
possano far diventare il salario minimo orario la paga oraria
comprensiva di tutti gli istituti contrattuali, inglobando tredicesima,
quattordicesima ed eventuali premi di produzione. Per evitare questa
possibile stortura il sindacato, al posto di dichiarare la sua
contrarietà al DDL, potrebbe mettere in campo tutto il suo peso
contrattuale per fare in modo che il salario minimo diventi
esclusivamente la mera paga base di riferimento. In questo modo il
salario degli operai degli strati bassi farebbe realmente un salto in
avanti, ma questo con molta probabilità è chiedere troppo ad un sindacato compromesso.
Riguardo al fatto che il richiamo
all’introduzione del salario minimo garantito potrebbe portare i padroni
ad uscire dalla contrattazione nazionale bisognerebbe ricordare alla
triplice che Fiat è uscita dal CCNL e con il contratto applicato al
posto del CCNL, firmato da CISL e da UIL, i salari si sono oltremodo
abbassati, costringendo gli operai a lavorare in condizioni salariali
penose. Le bugie hanno le gambe corte, con tutta probabilità i
confederali, se dovesse passare il salario minimo, verrebbero
ridimensionati nel loro ruolo di negoziatori al ribasso di salario. La
legge se mai venisse alla luce li scavalcherebbe, la base delle
richieste di aumenti dovrebbero salire verso l’alto, cosa impossibile da
fare per sindacalisti asserviti alle necessità delle imprese e dei loro
profitti. Invece di usare il salario minimo garantito come mezzo utile
per aumentare i salari lo combattono come fanno i padroni per lasciare i
salari fermi al livello miserabile di oggi. Ma non si devono
preoccupare, la promessa del salario minimo sta solo nelle promesse
elettorali, e mai nè il PD, nè i 5 stelle costringeranno “gli
imprenditori” ad aumentare i salari per legge.
D.C.
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