Ci risiamo: in un processo per stupro è la vita della donna che ha subito violenza ad essere messa sotto accusa, se non hai una vita più che morigerata, non si può parlare di stupro; è la donna che deve dimostrare di essersi opposta allo stupro. Uno stupro diventa una “vicenda incresciosa”, penalmente non censurabile e con la denuncia la ragazza “voleva rimuovere quello che considerava un suo momento di debolezza e fragilità”.
L’ennesima sentenza “contro” le donne che osano denunciare, un insieme di “luoghi comuni” che, in questi anni, abbiamo spesso sentito: da come vive una donna a come si veste, se esce sola la sera…
Purtroppo, però, sentenze, dichiarazioni di personaggi istituzionali, contribuiscono ad alimentare l'humus maschilista.
Stralci da "Il fatto quotidiano" - Assolti da stupro di gruppo, giudici: “Fu momento di debolezza della ragazza”
La Corte d'Appello di Firenze ha scagionato sei imputati dall'accusa di aver violentato una 23enne dopo una festa, vicino alla Fortezza da Basso. I fatti risalgono al 2008. Nelle motivazioni si legge: "La vicenda è incresciosa, ma penalmente non censurabile. La giovane era presente a se stessa anche se probabilmente ubriaca, l'iniziativa di gruppo comunque non fu ostacolata". Difensore: "Giudizi morali"... per la Corte d’Appello la vicenda è “incresciosa”, “non encomiabile per nessuno”, ma “penalmente non censurabile“. In sostanza – ragionano i giudici nelle quattro pagine di motivazioni – la ragazza con la denuncia voleva “rimuovere” quello che considerava un suo “discutibile momento di debolezza e fragilità”.... il suo comportamento fa “supporre che, se anche non sobria” fosse comunque “presente a se stessa“... Riferendosi al rapporto, la Corte parla di una “iniziativa di gruppo comunque non ostacolata”. I giudici ritengono poi che i ragazzi possano aver “mal interpretato” la disponibilità della ragazza, me che poi non vi sia stata “alcuna cesura apprezzabile tra il precedente consenso e il presunto dissenso della ragazza, che era poi rimasta ‘in balia’ del gruppo”.
Il difensore della 23enne, l’avvocato Lisa Parrini, bolla quella della Corte come “una motivazione densa di giudizi morali“. Il legale fa riferimento anche alla definizione “vita non lineare” data dai giudici a quella della ragazza, solo perché, spiega Parrini, “ha avuto due rapporti occasionali, un rapporto di convivenza e uno omosessuale”.
“In una motivazione di sole quattro pagine – conclude l’avvocato – si sostiene che con il suo comportamento ha dato modo ai ragazzi di pensare che fosse consenziente”. In un passaggio i giudici definiscono la ragazza “un soggetto fragile, ma al tempo stesso creativo, disinibito, in grado di gestire la propria (bi)sessualità, di avere rapporti fisici occasionali di cui nel contempo non era convinta”.
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