La riunione infinita dei
capi di governo europei sul “futuro” della Grecia è ancora in corso e si
prospetta come una vera e propria vendetta contro il no al referendum espresso
dalle masse popolari greche. Nel frattempo, come avevamo detto in un precedente
articolo, i padroni in Grecia si stanno arrabbiando e minacciano fuoco e
fiamme, se su di loro, come prospettato dal piano economico presentato dal
governo Tsipras, cadrà una parte del “peso” delle tasse, in particolare quelle
sulle navi! E le cifre fornite dai loro stessi “centri studi” danno il senso
degli interessi in ballo.
“CADONO LE AGEVOLAZIONI
SULLA FLOTTA PIU’ GRANDE DEL MONDO
“E gli armatori
minacciano di abbandonare il Pireo” titolava ieri La Repubblica, ma questo è
tutto da vedere, cioè questo accadrà se il governo manterrà questo punto del
programma resistendo appunto agli armatori che scateneranno la guerra.
“Il programma del
governo è chiaro: il costo del salvataggio deve essere spostato dalle spalle
dei lavoratori dipendenti a quelle di chi finora non ha pagato pedaggi alla
crisi. E il punto 3 della bozza inviata all’Eurogruppo individua senza ombra di
dubbio tra gli obiettivi del nuovo fisco targato Syriza i proprietari di
barche. La frase che ha fatto saltare sulla
sedia gli Onassis ellenici arriva a metà capitolo: “La tassa sul tonnellaggio
delle navi sarà rivista al rialzo”, è il primo punto. E fin qua, dicono
loro, può ancora andare bene, si tratta
di qualche decina di milioni l’anno. Il colpo basso è il seguito: “Verrà eliminato ili trattamento erariale agevolato
per l’industria del trasporto marittimo”. La posto in gioco in questo caso è
altissima.
“Gli armatori ellenici controllano una flotta di 4.707 supernavi, la più
grande del mondo e il 16% del mercato globale. Il business tira e macina utili
(140 miliardi solo tra 2000 e 2010 secondo l’unica stima ufficiale redatta
dall’associazione di settore). Ma grazie all’articolo 89 della Costituzione,
sui profitti generati all’estero – la stragrande maggioranza – non si versano
tasse.
“A farle pagare prima
di Tsipras ci hanno provato quasi tutti i governi. Senza successo. “Diamo
lavoro a 250mila persone – dicono le aziende marittime del Pireo – generiamo il
7% del Pil del paese. E se cercate di
spremerci con nuovi balzelli in 24 ore trasferiamo tutta l’attività a Cipro, Singapore
e Dubai”. Lo stesso Antonis Samaras, dopo aver ventilato una stretta
fiscale, ha fatto una poderosa marcia indietro. Accontentandosi di un
contributo di solidarietà volontario di 500milioni
in cinque anni, quantificato e versato senza batter ciglio dalle 50-60 famiglie
che dominano il business. Si vedrà se questa volta Syriza avrà più fortuna.
Difficile invece che le sfuggano gli armatori per caso, comandanti di gusci di
noce oltre i 5 metri. “Un colpo durissimo per le imbarcazioni da diporto, una
delle poche industrie che ancora funziona”, protestavano ieri gli imprenditori
di settore.
La Repubblica 12/7/15
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