EGITTO, dove lo stupro è di Stato
L’ultimo rapporto della FIDH parla dell’uso “sistematico” della violenza sessuale da parte delle forze di sicurezza. Abusi quasi mai denunciati, usati per mettere a tacere il dissenso
di Sonia Grieco
Roma, 25 settembre 2015, Nena News – La statistica è carente, ma le testimonianze non mancano e quelle raccolte nel rapporto dell’International Federation for Human Rights (FIDH) dipingono un quadro a tinte fosche dell’Egitto e del grado di tutela dei diritti umani nel Paese.
In particolare, dai racconti è emerso un uso “sistematico” dello stupro da parte delle forze di sicurezza, che godono di una quasi totale impunità per gli abusi e le torture che anche altre organizzazioni hanno denunciato negli ultimi anni. Uno strapotere della polizia che ha fatto
parlare attivisti e analisti di “Stato di polizia” e che si è rafforzato dopo il golpe del luglio 2013, quando l’ex presidente eletto Mohamed Morsi, esponente dei Fratelli Musulmani, è stato scacciato da Al Sisi, un militare.
parlare attivisti e analisti di “Stato di polizia” e che si è rafforzato dopo il golpe del luglio 2013, quando l’ex presidente eletto Mohamed Morsi, esponente dei Fratelli Musulmani, è stato scacciato da Al Sisi, un militare.
Da allora sono state arrestate 16mila persone (le Ong parlano di 40mila) e il rapporto di FIDH arriva a ipotizzare che tutti coloro che sono passati nelle carceri e nelle caserme egiziane potrebbero aver subito una qualche forma di violenza. Persino i parenti dei detenuti, sottoposti a perquisizioni particolari dai secondini. Non solo, molte testimonianze parlano di abusi anche per strada, come ha raccontato al sito Middle East Eye una ragazza: mentre era vicino all’università di al-Azhar ha avuto un battibecco con un poliziotto che allungava le mani su una donna e l’agente l’ha trascinata nella camionetta insieme con altri colleghi, e lì l’hanno picchiata e stuprata. Il rapporto della FIDH invece parla di due ragazzi molestati in una caserma dopo l’arresto durante una manifestazione anti-governativa.
Le proteste che sono seguite al golpe del 2013 sono state represse nel sangue, con centinaia di vittime, migliaia di arresti che ancora continuano, processi nei tribunali militari che hanno comminato centinaia di condanne a morte, leggi liberticide che hanno imbavagliato la stampa e i dissidenti. La repressione ha generato un clima di terrore alimentato dai racconti di chi è stato in carcere e ha subito torture e abusi, e dalla onnipresenza di agenti nelle strade, con i loro controlli assillanti. La percezione di essere sempre sotto il controllo della polizia, o dell’intelligence che monitora internet e cellulari degli egiziani, unita al tabù che vige intorno al sesso nella società egiziana e al fatto che chi dovrebbe proteggere la popolazione invece la vessa, fanno sì che le denunce siano pochissime. Di qui la mancanza di dati, di numeri che potrebbero raccontare di un atteggiamento brutale diffuso tra i membri delle forze dell’ordine. Un ricorso all’abuso che non si manifesta soltanto contro gli esponenti o i simpatizzanti dei Fratelli Musulmani, messi al bando da Al Sisi e diventai il nemico numero uno dell’Egitto del nuovo faraone. Le speranze e le aspettative di democrazia e di libertà di quelli che erano scesi in piazza nel gennaio del 2011, riuscendo a rovesciare il regime decennale di Hosni Mubarak, sono svanite o sono state messe a tacere con il golpe del 2013.
Le forze di sicurezza umiliate dalla folla di Piazza Tahrir nel 2011, adesso si prendono la loro vendetta, sicure che la passeranno liscia. È questo che pensano alcuni. Dopo una serie di denunce per molestie sessuali avvenute proprio nella famosa piazza da cui era partita la rivolta degli egiziani, nel 2014 il presidente aveva ammonito i responsabili e aveva invocato una “moralizzazione della società”, inoltre, aveva istituito un ufficio per la protezione delle donne. Ma “c’è stato un solo caso di civili incriminati per violenza sessuale e nessun agente è mai stato coinvolto in casi del genere”, ha detto il portavoce di FIDH.
Stupri e molestie erano diffusi pure sotto Mubarak, ma c’è stato un boom anche secondo Amnesty International: “Le forze di sicurezza usano la forza per tenere le persone sotto controllo e punirle se osano contestare l’autorità”. Lo stupro è un’arma potente, che umilia e di cui non si parla apertamente. Tuttavia, non è l’unico mezzo usato nelle caserme, dove oltre alle torture, si continuano a praticare gli ormai famosi test di verginità. Una violenza di Stato, inutile e ingiustificata, applicata a chi va a manifestare in piazza, a che si occupa di diritti, di lavoro, di informazione. L’opposizione non ha alcuno spazio per esprimersi.
È l’altra faccia dell’Egitto, quella che si cerca di tenere sotto il tappeto, mostrando invece le grandi opere e i traguardi economici del Paese dopo la rivoluzione del 25 gennaio. Allora molti egiziani sperarono di essersi sbarazzati di un regime oppressivo, mentre oggi non sono in pochi a pensare che Al Sisi sia peggiore di Mubarak. Ma al pari del faraone che l’ha preceduto, Al Sisi è il benvenuto in tutte le cancellerie occidentali, è considerato un alleato prezioso e un altrettanto prezioso partner commerciale. Salvo qualche dichiarazione istituzionale e l’impegno delle Ong e delle associazioni, i diritti delle donne e degli uomini egiziani sono finiti in fondo alla lista. Nena News
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