Roma, funerali di Vittorio Casamonica
La musica del padrino e
l'elicottero che getta petali di rosa sui presenti: è l'ultimo saluto ad
uno dei maggiorenti del clan Casamonica. "Hai conquistato Roma ora
conquisterai il paradiso" recita un manifesto all'entrata della chiesa
don Bosco nella Capitale. Il prefetto Gabrielli: "Non eravamo informati,
ne chiederemo conto"Sei cavalli neri che trainano una carrozza antica, una folla di gente che accompagna la bara e la banda musicale che intona il celebre motivo di Nino Rota, indimenticabile colonna sonora del Padrino di Francis Ford Coppola. Questo però non è un film e non è nemmeno un funerale di un mammasantissima nella Sicilia degli anni ’50. Siamo a Roma, nella chiesa Don Bosco, ed è qui che familiari e amici si sono radunati per dare ultimo saluto a Vittorio Casamonica , uno dei boss principali del clan che porta il suo nome.
“Hai conquistato Roma ora conquisterai il paradiso”
recita un manifesto all’entrata della chiesa. Il suo volto in primissimo
piano, vestito di bianco e con il crocifisso al collo, il Colosseo e la Cupola di San Pietro sullo sfondo, e la scritta “Re di Roma” a caratteri scatolati per omaggiare un pezzo da Novanta
del clan che nella Capitale gestisce il racket delle estorsioni e
dell’usura nella periferia sud est di Roma. Un funerale in cui la parola
d’ordine sembra essere una sola: mettere in scena tutto lo sfarzo
possibile. E infatti il feretro del boss Casamonica
viene trascinato dalla carrozza per le strade della capitale, quasi
fosse un capo di Stato, mentre un elicottero lancia petali rossi sulla
folla di presenti, che applaude e lancia grida di commiato verso la bara
del defunto. Che alla fine viene caricato su una Rolls-Royce,
come uno di quei ricevimenti funebri italo americani resi celebri da
Hollywood, mentre la banda musicale suona la colonna sonora di un altro
celebre film: “2001 Odissea nello spazio”.
Siamo alla chiesa Don Bosco, quartiere Tuscolano, la stessa che venne negata per i funerali di Pergiorgio Welby,
militante del Partito Radicale, deceduto grazie all’aiuto di sanitari
che diedero seguito alla sua volontà di porre fine alla sua lunga
agonia. Casamonica però non è morto grazie all’eutanasia: per il boss la
chiesa è aperta ed accogliente.Un funerale, quello di Vittorio
Casamonica, del quale non era stata informata la prefettura.”Di questa
vicenda la prefettura non aveva alcuna contezza. Ne chiederemo conto,
per cercare di capire, al di là dei clamori, eventuali responsabilità”,
promette il prefetto Franco Gabrielli.”È un episodio,
continua, che non va sottovalutato, ma neanche amplificato. Resta il
fatto che saranno compiuti degli accertamenti. In base all’esito sarà
presa una decisione”.
Coinvolto nell’inchiesta su Mafia capitale, indicato come uno dei quattro clan che regnano su Roma dall’inchiesta del settimanale Espresso (e in seguito alla quale sono arrivate pesanti minacce al giornalista Lirio Abbate) il clan dei Casamonica è
composto da famiglie sinti, etnia nomade ormai presente da decenni in
Italia, originario dall’Abruzzo. Poi, negli Settanta si trasferiscono a
Roma dove iniziano a specializzarsi nel racket e nell’usura nella
periferie sudest della Capitale. Negli anni Novanta fanno il salto di
qualità, s’inseriscono nel mercato degli stupefacenti, prendono il sopravvento nella zona tra Anagnina e Tuscolano, si alleano con i clan dei Castelli, con alcuni affiliati alla ‘Ndrangheta dei Piromalli e Molè, con uomini della Banda della Magliana.
Ed è proprio con la Banda che inizia il suo cursus honorum Vittorio Casamonica negli anni ’70: risultava l’addetto al recupero dei crediti, aveva rapporti con Enrico Nicoletti, il cassiere di De Pedis e soci, e
negli anni ’80 viene accusato di decine di sequestri di persona (in
seguito verrà assolto). Poi negli anni duemila il clan viene preso di
mira dalle indagini della magistratura: decine di arresti tra il 2004 e e
l’operazione Mondo di Mezzo, sequestri patrimoniali da decine di
milioni. Uno coinvolge anche lui: in casa gli trovano vasi archeologici provenienti chissà da dove. Come dire che il lusso sfarzoso
a Vittorio Casamonica è sempre piaciuto: e adesso che se ne è andato,
ha voluto ricordare a tutti di quello di cui era capace. Un addio tra
sfarzo e lacrime di familiari e amici, macchine di lusso e cavalli neri,
petali di rosa ed elicotteri: quasi fosse un principe. Anzi un re: il
Re di Roma.
Siamo alla chiesa Don Bosco, quartiere Tuscolano, la stessa che venne negata per i funerali di Pergiorgio Welby,
militante del Partito Radicale, deceduto grazie all’aiuto di sanitari
che diedero seguito alla sua volontà di porre fine alla sua lunga
agonia. Casamonica però non è morto grazie all’eutanasia: per il boss la
chiesa è aperta ed accogliente.Un funerale, quello di Vittorio
Casamonica, del quale non era stata informata la prefettura.”Di questa
vicenda la prefettura non aveva alcuna contezza. Ne chiederemo conto,
per cercare di capire, al di là dei clamori, eventuali responsabilità”,
promette il prefetto Franco Gabrielli.”È un episodio,
continua, che non va sottovalutato, ma neanche amplificato. Resta il
fatto che saranno compiuti degli accertamenti. In base all’esito sarà
presa una decisione”.
Sabato 29 agosto al via la due giorni del giornale sull’Isola Tiberina. Ma chi dirige la kermesse non vuole che vengano recitate le telefonate (già ampiamente pubbliche) dell’inchiesta sul “mondo di mezzo”
Leggere le intercettazioni di
Mafia Capitale non si può. In pubblico, poi: figurarsi. Gli
organizzatori del festival romano “L’isola del cinema” vogliono impedire
al Fatto Quotidiano la lettura delle telefonate di Buzzi, Carminati e
sodali. Sabato 29 agosto il nostro giornale apre la sua festa romana
sull’Isola Tiberina. Due giorni di incontri e spettacoli gratuiti,
organizzati da tempo. Il programma è stato messo nero su bianco in una
convenzione firmata in luglio con “L’isola del cinema”. Ora però il
direttore Giorgio Ginori minaccia di impedire al Fatto di svolgere la
sua festa: o si cancella la lettura delle intercettazioni oppure l’Isola
Tiberina, per il nostro giornale, resterà chiusa
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