(da operai contro)
..L’inasprimento della lotta avviene indubbiamente anche per il
piccolo produttore. Ma la sua «lotta» è diretta molto spesso contro il
proletariato, polche la situazione stessa del piccolo produttore fa sì
ch’egli in molte cose contrapponga nettamente i suoi interessi agli
interessi del proletariato. Generalmente parlando, il proletariato non è
affatto il «rappresentante d’avanguardia» della piccola borghesia. Se
ciò accade, accade soltanto quando il piccolo produttore acquisisce la
coscienza della inevitabilità della propria fine, quando «abbandona il
proprio modo di vedere per adottare quello del proletariato».
Proprio ora, quando l’«inasprimento della lotta» dei piccoli
produttori è accompagnata dall’«inasprimento della lotta» della «Gironda
socialista e (la tendenza opportunistica della socialdemocrazia –
n.d.r.) contro la «Montagna» (la tendenza rivoluziona. ria – n.d.r.), è
più che mai inopportuno mettere in un sol mucchio tutti gli
inasprimenti.
«… La socialdemocrazia internazionale è alla testa del movimento di emancipazione dei lavoratori e delle masse sfruttate…»
Nient’affatto. È alla testa soltanto della classe operaia, soltanto
del movimento operaio, e se a questa classe si uniscono altri elementi,
questi sono soltanto degli elementi e non delle classi. E si uniscono
completamente ed incondizionatamente soltanto quando «abbandonano il
proprio modo di vedere».
«… Essa organizza le loro forze combattive…»
Anche questo non è giusto. La socialdemocrazia non organizza in
nessun luogo le «forze combattive» dei piccoli produttori. Organizza
soltanto le forze combattive della classe operaia. La formulazione che è
stata scelta per il progetto è tanto più infelice quanto meno si ha in
vista la Russia. quanto più l’esposizione si limita alla società
borghese «sviluppata».
…Possiamo (e dobbiamo) indicare in senso assoluto il carattere
conservatore della piccola borghesia. E soltanto in forma condizionata
dobbiamo indicarne il carattere rivoluzionario. Soltanto una tale
formulazione corrisponderà esattamente allo spirito della dottrina di
Marx. Per esempio, il «Manifesto Comunista» dichiara apertamente che
«di tutte le classi che stanno di fronte alla borghesia, soltanto il proletariato è una classe veramente rivoluzionaria…
Il piccolo industriale, l’artigiano, il contadino… non sono
rivoluzionari ma conservatori. Ancora più, essi sono reazionari… Se sono
rivoluzionari («se»!), lo sono in vista del loro imminente passaggio al
proletariato, (in quanto) abbandonano il proprio modo di vedere per
adottare quello del proletariato»
E non si dica che nel mezzo secolo trascorso dall’epoca del
«Manifesto Comunista» la situazione è sostanzialmente mutata. Proprio a
questo riguardo nulla è cambiato: e i teorici hanno sempre e
costantemente accettato questa tesi (per esempio, nel 1894 Engels
confutò il programma agrario francese proprio da questo punto di vista.
Egli disse chiaro e tondo che finché il piccolo contadino non abbandona
il proprio modo di vedere, non è nostro, il suo posto è fra gli
antisemiti. Che costoro lo dirozzino, e allora verrà a noi tanto più
sicuramente quanto più sarà stato ingannato dai partiti borghesi); la
storia fino ai giorni nostri fornisce a dovizia fatti che confermano
questa teoria, e questi fatti sono confermati persino dai «nos chers
amis», i signori «critici».
A proposito. Nel progetto non si parla della dittatura del proletariato, che è di primaria importanza.
Anche se ciò è accaduto per caso, per una svista, resta tuttavia fuor
di dubbio che il concetto di «dittatura» è incompatibile con il
riconoscimento di fatto che il proletariato venga sostenuto da altri. Se
sapessimo veramente che la piccola borghesia aiuterà il proletariato a
compiere la sua rivoluzione proletaria, non si dovrebbe più parlare di
«dittatura», poiché allora ci sarebbe garantita una maggioranza così
schiacciante che potremmo benissimo fare a meno della dittatura (come
appunto vogliono far credere i «critici»).
L’ammissione dell’idea che la dittatura del proletariato è
necessaria, è connessa nel modo più stretto e indissolubile con
l’affermazione del Manifesto comunista, secondo la quale soltanto il
proletariato è mia classe veramente rivoluzionaria.
Sia detto fra parentesi: fino a qual punto fosse «scrupoloso» Engels a
questo proposito si può giudicare dal seguente passo della sua critica
del progetto di Erfurt.
«La rovina delle larghe masse popolari» dice Engels citando il progetto, e osserva:
«invece di questa frase declamatoria, con la quale sembra che non
cessiamo di affliggerci per la rovina dei borghesi e dei piccoli
borghesi (!!!), parlerei di un fatto semplice: che in conseguenza della
rovina dei ceti medi della popolazione urbana e rurale, dei piccoli
borghesi e dei piccoli contadini, si allarga o approfondisce l’abisso
tra gli abbienti e i nullatenenti»
Nota: Nel progetto di programma di Erfurt vi era questo passo:
«In questa lotta di emancipazione la socialdemocrazia non si batte
soltanto come difensore (o rappresentante) degli operai salariati, ma
anche degli sfruttati e degli oppressi in generale, difendendo le loro
rivendicazioni, le misure e gli istituti che possono migliorare la
situazione del popolo in generale e della classe operaia in particolare»
Engels consigliò, non senza ironia, di cancellare assolutamente tutto
questo passo: «il popolo in generale (chi è costui?)». E, come aveva
consigliato Engels, questo passo è stato completamente tolto; il
paragrafo nel quale si afferma che
«l’emancipazione della classe operaia può essere soltanto opera della
classe operaia, poiché tutte le altre classi restano sul terreno della
proprietà privata dei mezzi di produzione e hanno come scopo comune la
conservazione delle basi della società contemporanea»
è stato sotto la diretta influenza di Engels approvato in una forma più recisa che nel progetto iniziale.
Lenin: «Osservazioni al secondo progetto di programma di Plekhanov», 1902
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