MIGRANTI
Ammassati nello scantinato senza finestre: così si accolgono i rifugiati
Il business umanitario fa sempre più gola. E così si arriva a casi come quello dei profughi alloggiati in precarie condizioni igieniche nello scantinato senza finestre di un vecchio ristorante di montagna sperduto tra i boschi della Sila. La replica dei gestori: "Vorrebbero stare qui come turisti"
DI RAFFAELLA COSENTINO
Di questi tempi, si farebbero carte false pur di aprire un centro di accoglienza e si moltiplicano i soggetti che vogliono entrare nel business “umanitario”, ormai l’unica industria che sembra capace di offrire lavoro.
Tra gli alberghi e i ristoranti in disuso riconvertiti per ospitare profughi c’è anche lo scantinato senza finestre del “Capriolo”, un vecchio ristorante di montagna, sperduto tra i boschi della Sila Grande in provincia di Cosenza. A 15 chilometri dal primo centro abitato, nel seminterrato del Capriolo, sono stipate 16 persone, tra cui 11 donne somale, che non si trovano lì per una gita di Ferragosto.
“Stiamo nel seminterrato dell’edificio, dove non ci sono neanche le finestre – dice una di
loro – abbiamo paura per l’inverno quando ci saranno ghiaccio e neve”. I migranti lo chiamano “il tunnel” o “l’underground”. Raccontano di aver subito torture in Libia e hanno diritto alla protezione internazionale perché in fuga dalla guerra in Somalia.
Il centro di accoglienza straordinaria di contrada Spineto ospita in totale circa 80 persone e dista 50 chilometri di curve di montagna dal comune di Aprigliano, nel cui territorio ricade la struttura. Migranti ammassati con i letti anche nei vani delle scale, tavole di legno a fare da separé improvvisati, bagni allagati e sudici, muri ammuffiti e sporcizia. Siamo stati al centro a Pasqua insieme agli attivisti della campagna LasciateCIEntrare e siamo tornati adesso. Ma la situazione continua a peggiorare.
“Siamo isolati e ci sentiamo abbandonati e dimenticati – è il coro unanime degli ‘ospiti’ - qui non c’è linea per il cellulare, non abbiamo assistenza legale, nonostante le nostre proteste e le promesse della prefettura di Cosenza non è cambiato nulla”. Un ragazzo ivoriano si avvicina per parlare e descrive il centro come “una prigione a cielo aperto”. “Penso di diventare matto se resto qui”, aggiunge. “Nel sotterraneo hanno messo le donne perché loro non si ribellano” dice un nigeriano con il rosario al collo.
L’associazione cosentina La Kasbah denuncia che queste persone, “tra cui 14 donne somale e nigeriane” sono “parcheggiate in mezzo alle montagne silane, senza nessuna possibilità di inserimento sociale, in condizioni deprimenti e senza tutela psicologica e legale”. Buona parte di loro sembra sia stata mandata dalla prefettura in una sorta di confino, “da Amantea, dall’ex albergo Ninfa Marina, trasferiti di forza nell’entroterra silano in seguito alla protesta dello scorso 8 ottobre per le strade della città”, scrive ancora l’associazione.
A Spineto, tra la fine di luglio e i primi di agosto, i migranti hanno protestato due volte contro i gestori, bloccando il traffico con cassonetti e materassi che poi sono stati dati alle fiamme.
Ma se si chiedono ai gestori le motivazioni, la risposta è che: “i migranti vorrebbero essere turisti invece che ‘ospiti’, vorrebbero un centro sul mare perché, secondo loro, Spineto potrebbe essere un poco lontana”. A dirlo è Carmelo Rota presidente della cooperativa Sant’Anna che ha aperto il centro di accoglienza straordinaria quasi un anno fa, ricevendo dallo Stato 29 euro al giorno a migrante ospitato, secondo una convenzione con la prefettura che viene prorogata ogni tre mesi.
La Sant’Anna fornisce servizi nell’ambito della sanità pubblica e privata e non ha precedenti esperienze nel settore dell’immigrazione. La cooperativa ha sede nel comune di Pedace, dove Rota è assessore eletto con il Pd (“da indipendente”, precisa lui).
Tra i tre membri del consiglio d’amministrazione figura anche Marco Morrone, classe 1978, imprenditore con interessi nel settore delle case di cura private di Cosenza e provincia, da Villa Sorriso a Casa Serena, alla San Bartolo a Villa San Nicola, attualmente in liquidazione. Morrone è fratello gemello di Luca, presidente del consiglio comunale di Cosenza e figlio di Giuseppe Ennio Morrone ex deputato con l’Udeur, passato poi a Forza Italia con cui è stato capogruppo al consiglio regionale con la presidenza di Giuseppe Scopelliti.
“Queste sono solo strumentalizzazioni, non c’è nessun legame. Il figlio non è nemmeno in politica – dice al telefono Rota - Spero non esca un articolo minatorio su questo fatto dei Morrone”. Secondo il presidente della Sant’Anna il centro non è isolato e nemmeno sovraffollato. “Il problema sono i facinorosi tra i migranti, ma noi li abbiamo denunciati per minacce e danneggiamenti – continua – perché i servizi che forniamo sono quelli previsti dalla convenzione con il Ministero dell’Interno. È un appalto in affidamento diretto sub-emergenza”.
Alle domande sulle qualifiche degli operatori assunti e sul numero preciso di migranti e di donne ospitate, Rota risponde di essere “impreparato” perché lassù al centro non vuole andare, in quanto si sente “intimorito da alcuni migranti” di cui aveva chiesto l’allontanamento.
Regna il mistero sull’agibilità della struttura, che è composta di due stabili, uno costruito negli anni Sessanta su tre piani e un altro, che negli anni Novanta era una sala ricevimenti, un piano con il seminterrato. Attualmente ci sono posti letto in ogni angolo.
Secondo Rota le carte sono a posto. Ma dagli uffici tecnici del comune di Aprigliano trapela che c’è il segreto istruttorio. Sarebbero in corso indagini della squadra mobile di Cosenza. Esiste un certificato del 2004 che dichiara la struttura inagibile e uno del 2007 secondo cui, invece, è agibile. “Questa agibilità riguarda solo una parte degli edifici, c’è il secondo o il terzo piano inagibile – spiega, interpellato, Pier Giorgio Le Pera, sindaco di Aprigliano - non è comunque agibile il seminterrato. Non può essere usato per tenerci ospiti”.
I tafferugli sui monti della Sila hanno creato disagi. “Le proteste sono per il sovraffollamento, non si possono tenere lì 80 persone, quel posto può accoglierne al massimo la metà, altrimenti le condizioni diventano poco dignitose – continua il primo cittadino - inoltre è disagiato per gli spostamenti. È troppo distante, per cui ogni cosa è veramente difficile da fare”.
Dopo le proteste c’è stato un incontro in prefettura tra una delegazione dei migranti e i gestori, a cui ha partecipato anche il sindaco. “Le richieste dei migranti erano di avere una maggiore abitabilità, quindi le stanze meno affollate e più pulite. Avere più spesso il medico e le medicine quando servivano, andare a Cosenza più facilmente – spiega il primo cittadino - Il prefetto ha chiarito che la cooperativa deve migliorare la pulizia, il vitto, la situazione nelle stanze. Entro 20 giorni il prefetto farà una verifica a sorpresa, ma ha detto ai migranti che sono cittadini liberi e se non si trovano bene non hanno l’obbligo di restare là”.
Intanto l’unico cambiamento visibile è la presenza di un operatore di un’altra cooperativa cosentina, Il Delfino, che ha iniziato a gestire centri di accoglienza dentro gli alberghi ai tempi dell’emergenza Nord Africa, nel 2011. Viene pagato dalla Sant’Anna e nega che ci siano persone che dormono nel seminterrato.
Nessun commento:
Posta un commento