Licenziamento discriminatorio per ex dipendente Uil, “ma nessun risarcimento”
Una sentenza passata in giudicato obbliga Unione
Italiana del Lavoro della provincia di Arezzo a risarcire l’ex dipendente con
una cifra che “supera i 100mila euro”. Ma l'uomo sostiene di non averne visto
ancora uno. “Non mi sono occupata in prima persona del caso – precisa a il
segretario generale della Uil Toscana, Francesca Cantini – So, però, che non si
è reso disponibile a un accordo e che ha già ricevuto una parte dei soldi che
gli spettano. Col tempo avrà anche gli altri”
“Qual è la vera
Uil? Quella che nelle interviste dice di battersi in difesa dei lavoratori
o quella che, condannata per ‘licenziamento discriminatorio’ non paga
nemmeno le spese processuali ai suoi ex dipendenti?”. È questa la domanda che Francesco
Brizzi, ex responsabile dell’Unione Italiana del Lavoro della provincia di
Arezzo, si pone a otto anni dal suo licenziamento. Un allontanamento giudicato
però ingiusto da una sentenza passato in giudicato della Corte d’Appello di
Firenze (in quanto non appellata in Cassazione) che obbliga la Uil di Arezzo a
risarcire l’ex dipendente con una cifra che “supera i 100mila euro”. Ma
Brizzi di euro dice di non averne visto ancora uno: “La sezione aretina del
sindacato è stata commissariata dalla sovrastruttura nazionale per debito
eccessivo – racconta a ilfattoquotidiano.it – e io non sono ancora riuscito
ad avere giustizia”. “Non mi sono occupata in prima persona del caso –
precisa a il segretario generale della Uil Toscana, Francesca Cantini –
So, però, che Brizzi non si è reso disponibile a un accordo e che ha già
ricevuto una parte dei soldi che gli spettano. Col tempo avrà anche gli altri”.
I problemi per Brizzi iniziano nel 2004, quando i vertici del sindacato
decidono il commissariamento della sezione aretina. “A quel punto – continua
l’ex dipendente – la gestione viene affidata a Vito Marchiani. Il nostro non è
stato un buon rapporto perché non volevo svolgere l’attività del patronato
fuori dalle regole imposte dal ministero del Lavoro, anche se erano
più proficue per la Uil”. Il rapporto si deteriora fino a quando, nel luglio
del 2007, nell’arco di una settimana Brizzi riceve, prima, una lettera di contestazione
disciplinare e, poi, quella di licenziamento. “In realtà – risponde Marchiani,
allora segretario generale Uil Toscana– la richiesta di licenziamento è
arrivata dalla segreteria sindacale di Arezzo dopo scambi di accuse, anche per
sms, con Brizzi”. Dopo un fallito tentativo di conciliazione, parte la
causa di lavoro che, nel 2013, arriverà a sentenza definitiva: licenziamento
discriminatorio. “Nel frattempo – continua Brizzi – ero stato assunto da un
importante patronato e, quindi, ho deciso di optare per il risarcimento
piuttosto che per il reintegro. Ma dei soldi nemmeno l’ombra”. Cantini, che nei
mesi scorsi si è spesa in prima persona per una rivoluzione e riorganizzazione
territoriale del sindacato che prevede anche il rilancio della sezione aretina,
non vuole entrare nei meriti della questione: “È una faccenda di cui si è occupata
la gestione post commissariamento – dice – C’è stato un processo e dei
giudici che hanno fatto le loro valutazioni”. Queste valutazioni, però, hanno
stabilito che Brizzi debba essere risarcito, ma il Tribunale non ha accesso ad
alcun bene di proprietà del sindacato da poter usare come forma di compenso
o risarcimento per i creditori. La maggior parte degli immobili che ospitano le
sedi e gli uffici del sindacato, compreso quello di Arezzo, è di proprietà
della Labor s.p.a, una società controllata al 100% dal sindacato ma che da
questo riscuote gli affitti sui fondi che ospitano le sedi della Uil. “Labor
società controllata? È un soggetto diverso dal sindacato, noi paghiamo l’affitto
dei locali che non sono di nostra proprietà – ribatte Cantini – Se un operaio
Fiat viene licenziato ingiustamente deve chiedere i soldi all’azienda, non a
Marchionne. Stessa cosa vale nel nostro caso”. Brizzi sostiene che, in una
situazione del genere, con la sezione aretina commissariata per debito
eccessivo e nessun bene dal quale poter attingere, i creditori come lui non
hanno possibilità di riavere ciò che spetta loro: “Di fronte alle telecamere la
Uil si batte in difesa dei lavoratori – conclude – Quando, poi, sono i suoi
dipendenti a subire delle ingiustizie li mette alla porta”. “Sono nella
Uil da tanti anni – dice Marchiani – e non credo che si possa dire che il
sindacato abbandoni i propri dipendenti. So che a Brizzi è stato proposto un
accordo per una cifra intorno ai 15mila euro e l’ha rifiutato. Recentemente so
che è stato fatto un altro tentativo per trovare un punto d’incontro, con
un’offerta migliore, ma anche quello è fallito. Il licenziamento di
Brizzi è stato ingiusto, ma questo muro contro muro gioverà né a lui né
al sindacato”.
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