L'agenzia interinale ha chiesto ai dipendenti di
scaricare sul cellulare un'applicazione che, usando la mail personale, permette
di timbrare in entrata e in uscita senza usare il badge. Ma secondo i sindacati
degli lavoratori atipici lo strumento permette anche di seguire gli spostamenti
della persona nel corso della giornata lavorativa
“Mentre la
contestatissima norma del Jobs Act
che consente di controllare i dipendenti tramite videoterminali o altri
dispositivi di geolocalizzazione deve ancora entrare in vigore, c’è qualcuno che
purtroppo ha già precorso i tempi in tal senso. Si tratta di Manpower e
del sito Expo“. A lanciare l’allarme sono i sindacati dei
lavoratori atipici, Nidil Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp Uil.
Al centro del contendere c’è un’applicazione per smartphone, Peoplelink:
attraverso la mail personale del dipendente e il gps, l’azienda rileva la
presenza del lavoratore nel sito. Da parte sua, l’agenzia interinale sostiene
di agire secondo la legge e di non “spiare” i dipendenti durante la loro
attività lavorativa, aggiungendo di essere disposta a incontrare i sindacati. Come
si legge nelle stesse istruzioni fornite da Manpower ai lavoratori,
l’applicazione Peoplelink è “dedicata alla timbratura geolocalizzata”.
In poche parole, invece di passare il classico badge, il dipendente può
segnalare la sua entrata e la sua uscita dal lavoro attraverso lo smartphone.
Basta scaricare l’applicazione e seguire le istruzioni. “Per attivare i sistemi
di timbratura è necessario utilizzare la propria email personale, ovvero
quella comunicata a Manpower in fase di assunzione”, spiega l’azienda. Una
volta creato il proprio account, bisogna attivare wi-fi e gps mezz’ora prima
dell’orario di inizio turno e, al momento dell’ingresso in Expo, segnalare al
sistema che si comincia a lavorare. “Dopo aver effettuato la timbratura (di
entrata o di uscita) – proseguono le istruzioni – verranno visualizzate le
seguenti schermate con la conferma dell’orario di timbratura e la
geolocalizzazione del luogo dove è avvenuta la timbratura stessa”. Insomma, è
chiaro che Manpower ha la possibilità di individuare la posizione del
dipendente quando entra ed esce dal lavoro. Resta da capire se il personale sia
seguito anche durante la giornata lavorativa. L’azienda nega,
sostenendo che l’applicazione “rileva esclusivamente la presenza del
lavoratore presso il sito Expo al momento dell’ingresso presso il luogo di
lavoro. Ciò avviene tramite il gps dello smartphone del lavoratore. Tale
strumento non è quindi un sistema di geolocalizzazione e di conseguenza non monitora
i lavoratori durante lo svolgimento dell’attività”. Ma i sindacati contestano
questa versione. “L’azienda non l’ha scritto, ma ha chiesto a voce ai
dipendenti di tenere attivo il wi fi durante tutto il giorno – riferisce Jacopo
Gamba, segretario organizzativo Nidil Cgil Milano – Me l’hanno raccontato
gli stessi lavoratori. Non ci interessa se l’azienda dice di non utilizzare
questi dati, a noi preoccupa il fatto che possa raccoglierli. Poi non
possiamo sapere cosa ne farà”. A preoccupare i sindacalisti, è la
possibilità, negata dall’azienda, di controllare la posizione del personale. Si
tratta proprio di uno dei punti critici del
decreto sui controlli a distanza, che gli esperti hanno già segnalato come
potenzialmente anticostituzionale. Altra questione da chiarire è se
l’utilizzo della app sia stato imposto ai lavoratori o solo proposto come una
possibilità. “L’adesione a questo sistema di rilevazione della presenza sul
luogo di lavoro – sostiene Manpower – avviene su base volontaria, in
quanto a tutti i lavoratori viene lasciata la libertà di scegliere tra
l’utilizzo di questa nuova tecnologia oppure di registrare la propria presenza
tramite badge attraverso i rilevatori dislocati sul sito Expo”. Ma anche in
questo caso, i sindacati non sono convinti. “Il fatto di potere scegliere è una
bufala – attacca Gamba – Nel concreto, Manpower spinge per la soluzione
dell’app, praticando una forma di pressione psicologica“. La querelle
Peoplelink non è la prima che riguarda Manpower a Expo. I sindacati avevano già
accusato l’agenzia, o meglio la sua
controllata Manpower Solutions, di proporre ai lavoratori “contratti
pirata“, non firmati dalle sigle confederali e caratterizzati da retribuzioni
nettamente inferiori. In seguito a un accordo, l’azienda aveva poi cambiato
rotta e deciso di adottare i contratti sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil. Ma
ora, sempre su quei rapporti di lavoro, sono sorte nuove controversie. “Anziché
i contratti del commercio, – spiega Andrea Borghesi, segretario
nazionale Nidil Cgil – la società ha applicato quelli multiservizi, che
prevedono retribuzioni più basse dal 15 al 30%”.
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