Home / Internazionale / «I can’t breathe». Esplode la protesta negli USA dopo l’assassinio di George Floyd
«I can’t breathe».
In migliaia sono scesi in piazza con cortei spontanei,
attaccando le forze dell’ordine. Un corteo si è mosso dal luogo
dell’uccisione fino al distretto di polizia, scandendo la frase “I CAN’T BREATHE”,
diventata slogan della protesta. Il sindaco ha annunciato il
“licenziamento” (sic) degli agenti coinvolti, e la stampa rende noto che
sul caso indagherà l’FBI.
Che negli USA gli abusi nei confronti
della popolazione afroamericana siano una costante, è purtroppo cosa
nota. Del resto, una protesta del genere non esplode per un semplice
“caso isolato” e sarebbe ingenuo giustificarlo in questi termini. Ogni
anno la polizia negli USA uccide arbitrariamente migliaia di persone.
Per una parte consistente, si tratta di afroamericani appartenenti alle
classi popolari, a dimostrazione di come la “questione razziale” negli USA sia legata all’oppressione di classe,
e non invece slegata da essa. Un dato che agli occhi di tutti è ormai
strutturale, consolidato: l’oppressione dei cittadini e dei lavoratori
afroamericani che vivono nelle periferie e nei ghetti degli USA non è
finita con il Civil Rights Act del 1964 che solo formalmente ha
abolito la segregazione e la discriminazione razziale. La favola di
cristallo del “sogno americano” si infrange ancora oggi sulla realtà
dell’ingiustizia e dello sfruttamento.
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