L’ingresso delle truppe italiane con
l’impiego sul campo di forze speciali è un salto di qualità nello
scontro militare nell’area.
Con la sanità al
collasso, con i lavoratori e le masse su cui viene massicciamente
scaricata la crisi che la pandemia ha accellerato, il governo Conte,
con il ministro Di Maio e Guerini, predispone la partecipazione
militare in due missioni militari, una a guida francese, l’altra a
guida UE (coordinata con gli USA), missioni che vengono descritte
come “alto rischio” a cui l’Italia darà il suo contributo con
elicotteri nella missione “Takuba” nel triangolo
Niger/Mali/Burkina Faso (chiamata Liptako) e con navi militari nel
Golfo di Guinea dove l’ENI ha le sue piattaforme per l’estrazione
del petrolio.
La presenza militare
italiana nel Sahel non è certo una novità nei piani della strategia
della borghesia imperialista che è già presente nella regione:
soltanto in Niger sono già attivi 290 militari italiani, mentre 500
operano in una missione di sostegno e addestramento all’ esercito e
polizia in Mali.
La pandemia ha
rallentato i tempi delle scelte ma non di certo gli obiettivi dettati
dalla contesa
imperialista che riguardano sempre più Mediterraneo ed Africa, nel contesto di una crisi mondiale e delle difficoltà militari che gli imperialisti stanno incontrando sul campo come in Libia e nel Sahel. Il terreno è sempre quello “contaminato” dal colonialismo di un secolo fa che le potenze imperialiste hanno sempre alimentato e quelle posizioni storicamente dominanti si stanno trasformando ora in nuove alleanze. Più che di nuove conquiste, gli imperialisti Italia e Francia rafforzano quelle vecchie.
imperialista che riguardano sempre più Mediterraneo ed Africa, nel contesto di una crisi mondiale e delle difficoltà militari che gli imperialisti stanno incontrando sul campo come in Libia e nel Sahel. Il terreno è sempre quello “contaminato” dal colonialismo di un secolo fa che le potenze imperialiste hanno sempre alimentato e quelle posizioni storicamente dominanti si stanno trasformando ora in nuove alleanze. Più che di nuove conquiste, gli imperialisti Italia e Francia rafforzano quelle vecchie.
La Francia ormai da
anni è presente in quei paesi. In Niger la Orano ex Areva,
multinazionale francese dell’energia, estrae l’uranio usato poi
dall’industria nucleare civile in Francia per produrre energia.
La missione
“Takuba”, in affiancamento alla missione “Barkhane”(4.500
soldati nella regione), era già nei piani dell’Italia ben prima
della richiesta della Francia che, nel territorio del Sahel, sta
dimostrando tutto il suo fallimento di fronte al pesante attacco
delle milizie islamiche. Così come l’alleanza del G5-Sahel
(Burkina Faso, Ciad, Niger, Mali e Mauritania), stati-fantoccio
dell’imperialismo francese, non è riuscita a battere i gruppi
jihadisti.
Nella dichiarazione
congiunta rilasciata al termine del vertice italo-francese di Napoli
di fine febbraio è stata infatti ufficializzata la partecipazione di
forze speciali italiane alla Task Force Takuba, assieme allo sblocco
joint venture Fincantieri Stx France.
La Francia ha
chiesto un reparto di elicotteri con compiti di trasporto ed
evacuazione di feriti, velivoli che per operare con un certo livello
di sicurezza dovrebbero però essere scortati da elicotteri da
combattimento. Riguardo le truppe, le ipotesi di cui si parlava al
vertice di Napoli variano da alcune decine di incursori di Esercito
(9° reggimento Col Moschin), Marina (GOI) e Aeronautica (17°
stormo) con elementi del GIS dei Carabinieri a un reparto più ampio
e composito, simile alla Task Force 45 schierata per anni
nell’Afghanistan Occidentale, e composto da circa 150/200 effettivi
includendo anche unità dei reparti per operazioni speciali quali i
Ranger (4° reggimento Alpini paracadutisti).
Il 21 maggio il
ministro Di Maio ha chiesto l’appoggio USA per questa operazione,
che non poteva certo mancare perché la linea USA è quella di
ridurre la sua presenza militare nell’area.
“Intendiamo
incrementare la nostra presenza in Sahel dove si assiste ad una
recrudescenza del terrorismo di matrice confessionale, i cui effetti
sono fortemente interconnessi con lo scenario libico”, così il
ministro della Difesa Lorenzo Guerini in Parlamento.
Gli imperialisti
ufficialmente dicono di volere fermare traffico di armi, droga, dei
migranti, i gruppi jihadisti. Intanto proprio le armi sono le merci
su cui si basano i profitti delle industrie capitaliste, Italia in
testa, e quindi il loro traffico è il risultato dei loro commerci.
La droga è una merce particolare ad altissimo livello di profitto ed
è funzionale al sistema borghese ed un vero contrasto non potrà mai
essere messo in campo dagli imperialisti. Come contropartita per la
partecipazione italiana Macron, secondo il sito affaritaliani, ha
assicurato di farsi carico di parte del flusso di migranti in arrivo
dal Mediterraneo. In Niger ci occupiamo –
l’Italia imperialista- del controllo dell’immigrazione
che passa attraverso la rotta africana che dall’Africa centrale e
il Sahel arriva fino in Libia, dove i migranti cercano poi di
imbarcarsi per raggiungere l’Europa". I migranti in fuga
da guerre e fame prodotti dall’imperialismo, morti nel deserto del
Sahara, arrestati, incarcerati, violentati e respinti dai governi
europei non saranno certo “aiutati” dai militari in campo come
dimostra tutto l’orrore degli accordi Italia-Libia. Riguardo ai
“gruppi jihadisti” è l’esito di quello che gli imperialisti
hanno fatto in Libia (2011) e in Mali (2012): la jihad dei tuareg
continua e si ramifica. Dopo la caduta di Gheddafi alcune unità
dell’esercito fedeli al Rais, principalmente tuareg, hanno cercato
nuovi spazi nella regione dove poter combattere e imporre la propria
influenza e, infatti, su entrambi i fronti del conflitto in Libia
sono presenti mercenari dal Sahel. E che hanno contribuito alla
crescita di Al-Qaeda e dello Stato islamico del Grande Sahara (ISGS).
Dietro le solite
menzogne che giustificano le guerre, i veri interessi da difendere
per gli imperialisti sono i traffici commerciali nel settore
minerario, petrolifero dei grandi gruppi industriali e forte è la
presenza di ENI nel Golfo di Guinea, zona non a caso presidiata da
una fregata italiana.
Questo intervento
militare non farà altro che peggiorare la condizione delle masse
africane, sfollate, rifugiate, schiacciate tra le organizzazioni
dell'integralismo islamico, che spesso sono un tutt'uno con i governi
corrotti antipopolari, e l'imperialismo e le sue truppe militari
USA/Europa/Onu, masse già provate dalla carestia e dalla siccità,
dalle conseguenze dirette e indirette della pandemia di COVID-19 che
ha portato alla chiusura delle frontiere, così come dei servizi
sanitari. “6,9 milioni di persone nel Sahel sono alle prese con le
terribili conseguenze dello sfollamento forzato. Quasi 4,5 milioni di
persone sono sfollate o rifugiate internamente - un milione in più
rispetto al 2018 - e 2,5 milioni di rimpatriati stanno lottando per
ricostruire la propria vita ". 9,7 milioni di bambini sono a
rischio di malnutrizione acuta, di cui 3 milioni di malnutrizione
acuta grave. Di questo è responsabile l’imperialismo ed è su
questo terreno che si dovrà misurare un movimento antimperialista,
contro la guerra e le basi, in questo paese. Non un soldo né un
soldato, per le vostre guerre!
Fuori l’Italia
e la Francia dal Sahel!
Morte
all’imperialismo UE/USA!
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