Come Rete nazionale sicurezza lavoro e salute territorio – nodo di Palermo abbiamo seguito l’udienza del 21 febbraio che si è tenuta presso il tribunale di Gela del processo contro il disastro ambientale causato dall’Eni, oggi Raffineria di Gela S.p.a.
Questa udienza ha
riguardato la costituzione delle parti civili. Tutti assenti i 23 imputati, tra
ex dirigenti e responsabili della sicurezza dello stabilimento dell’Eni,
accusati di disastro ambientale.
L'udienza si è svolta nello stesso giorno in cui è scattato il provvedimento di sequestro, emesso dal gip del Tribunale di Siracusa, degli stabilimenti di Versalis nell'impianto Petrolchimico di Priolo Gargallo, Sasol di Augusta e dei depuratori Tas di Melilli e Ias di Priolo per emisisoni inquinanti.
L'udienza si è svolta nello stesso giorno in cui è scattato il provvedimento di sequestro, emesso dal gip del Tribunale di Siracusa, degli stabilimenti di Versalis nell'impianto Petrolchimico di Priolo Gargallo, Sasol di Augusta e dei depuratori Tas di Melilli e Ias di Priolo per emisisoni inquinanti.
Erano presenti un gruppo di anziani ex lavoratori
della Raffineria di Gela S.p.a., diversi avvocati in rappresentanza sia di ex
operai, cittadini e associazioni ambientaliste; le richieste sono di
risarcimento per i danni subiti sia a livello personale che ambientale.
Nell’attesa
dell’inizio dell’udienza abbiamo parlato con gli ex operai della Raffineria
presenti che ci hanno raccontato di come si svolgeva il lavoro dal punto di
vista delle condizioni di insicurezza e di inquinamento ambientale: gli
sversamenti illegali avvenivano di notte e i prelievi di controllo invece al
mattino in modo tale che risultassero sempre a posto; non solo è di fatto
inquinato tutto l’ambiente circostante, ma “sotto la superficie dell’azienda
c’è una quantità di agenti inquinanti da fare paura”. Alcuni di questi ex
operai oramai in pensione aspettano da 14 anni un risarcimento poiché si sono
ammalati ai
polmoni e respirano molto male, avevano già fatto la causa per l’amianto il cui “beneficio” gli era stato riconosciuto ai fini pensionistici… alcuni avvocati rappresentavano gli eredi perché nel frattempo gli operai sono morti.
polmoni e respirano molto male, avevano già fatto la causa per l’amianto il cui “beneficio” gli era stato riconosciuto ai fini pensionistici… alcuni avvocati rappresentavano gli eredi perché nel frattempo gli operai sono morti.
Agli operai, facendo
dei paralleli in tema di sicurezza e salute sul lavoro in fabbrica e
nell’ambiente circostante, abbiamo riportato alcuni fatti relativi alla
condizione degli operai alla Fincantieri Palermo ma anche della ex Ilva, oggi
Arcelor Mittal, di Taranto, dando loro il volantino relativo al prossimo
convegno che si terrà a proprio a Taranto il 13 marzo.
Il collegio penale del tribunale (presieduto dal
giudice Miriam D’Amore e a latere Tiziana Landoni e Angela Di Pietro) ha
accolto in parte le richieste di costituzione di parte civile, come quelle per
esempio delle associazioni Amici della Terra Gela e Aria Nuova, che secondo i
giudici hanno i requisiti dello Statuto e della territorialità per un interesse
differenziato non solo diffuso. Non sono state ammesse tra le altre invece
l’associazione Farc, composta da donne che hanno superato la malattia del
tumore, nonostante l’avvocato rappresentante aveva chiesto l’ammissione, in
quanto nello statuto sia prevista la tutela di interessi lesi dai reati
contestati agli imputati e puntualizzando che la richiesta non era relativa
genericamente a tutti i cittadini di Gela ma quelli dei luoghi contigui allo
stabilimento, così come sono state respinte anche le richieste
dell’Osservatorio nazionale amianto – sezione locale e dell’associazione
Codici. Non accolte per “interessi generici” ha letto il giudice.
Accolte invece le richieste di costituzione di parte
civile del Comune di Gela, del Ministero dell’ambiente e della Regione.
La controparte Eni, rappresentata da una serie di
avvocati, compreso una avvocatessa che veniva da fuori, ha posto tutta una
serie di eccezioni mirate a negare la legittimità della costituzione, tra cui
la citazione in giudizio dell’Eni perché non ci sarebbe stato nessun rapporto,
il nesso, con i danni all’ambiente e alle persone, semmai poteva essere citata
la Raffineria visto che l’Eni poteva esser considerato al massimo ente controllante.
Da parte di tutte le parti ammesse alla costituzione
delle parti civili vi è stata la richiesta di far entrare nel processo, come
responsabile civile ai fini del risarcimento, la società Raffineria di Gela,
accolta dai giudici.
Durante la pausa in attesa del pronunciamento dei
giudici sull’ammissione delle parti civili, abbiamo avuto modo di ascoltare uno
degli avvocati che rispondeva ad alcune domande degli ex operai, ansiosi di
sapere come potesse andare il processo e quanto potesse durare: l’avvocato di
riferimento ha detto che bisogna aspettare l’inizio del dibattimento per vedere
come procede e i tempi possono essere lunghi, anche se ci è parso che il collegio
dei giudici abbia espresso l’intenzione di procedere con tempi meno lunghi.
Abbiamo parlato anche con uno degli avvocati dell’associazione Amici della
Terra Gela, l’avvocato Donegani, e con un docente antropologo dell’Università
di Catania, esperto in tema di inquinamento ambientale, con i quali abbiamo
scambiato i contatti, mettendoli a conoscenza del prossimo convegno di Taranto,
a cui sono stati invitati, che si terrà nel mese di marzo su Processo
ambiente svenduto ex ilva - Sentenza corte di Strasburgo - contro
immunità penale per padroni e inquinatori - esposto denuncia
contro l'accordo Mittal/governo/sindacati.
In questa udienza è mancata
la partecipazione popolare, di tutte e tutti quelli colpiti dagli immani
disastri dell’inquinamento assassino causato dall’Eni che sta provando a
scaricare le responsabilità sui dirigenti della Raffineria; è mancata anche,
secondo noi, la partecipazione delle associazioni ambientaliste che hanno
delegato gli avvocati. Queste presenze sono necessarie, come pressione
oggettiva, che serva da un lato ad arginare i tentativi degli avvocati della
controparte di prendere tempo, e dall’altro sui giudici stessi per provare a
incanalare il processo nei binari giusti, quelli del riconoscimento dei diritti
pretesi da chi subisce e ha denunciato il disastro.
La prossima udienza è stata fissata per l’11 luglio.
Rete nazionale sicurezza lavoro e salute territorio – nodo di Palermo
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