lunedì 25 febbraio 2019

pc 25 febbraio - strage della Tyssenkrupp - stato italiano e tedesco impegnati a far sfuggire dalla galera i padroni assassini


ricordiamo alla madre di rosario che lo stato italiano li scarcera

“Quei manager vanno arrestati, ma Berlino continua a tutelarli”
Graziella Rodinò è la madre di una delle vittime Thyssen: disgusta che ci sia un altro appello
È la legge. Eppure è così ingiusta». Non c’è pace per Graziella Rodinò, mamma di Rosario, uno dei sette operai morti nell’incendio del dicembre 2007 allo stabilimento ThyssenKrupp. «Il dolore non si placa. Ogni volta che si parla della tragedia, la ferita si riapre», sussurra stanca. Da quel giorno, con gli altri genitori, non ha mai smesso di combattere «Chi ha ucciso Rosario deve pagare. Una madre non dovrebbe mai seppellire un figlio». E il suo aveva solo 26 anni, quando morì tra le fiamme divampate nei capannoni di corso Regina Margherita 400.
I due manager tedeschi (Espenhahn e Priegnitz) ora possono essere arrestati anche in Germania.La giustizia ha fatto un passo in avanti?
«Non lo dica nemmeno. Intanto rischiano una pena di massimo cinque anni per aver ammazzato dei lavoratori innocenti. E poi, i loro difensori hanno impugnato la sentenza. Questi saranno liberi, sino a che non si pronuncerà la Corte d’appello di Hamm. Io non sono ferrata sulle questioni giuridiche, tutto quello che so l’ho imparato in questi anni. Ma quei due assassini sono stati condannati in Italia e devono rispettare la legge italiana. Di quella tedesca non me ne importa niente. E’ possibile che i loro avvocati siano più potenti dei giudici che hanno deciso di arrestarli?»
Il ricorso è previsto dalla legge. Non è fiduciosa?
«Ma che legge è? Una legge che tutela gli assassini. Sono disgustata e non riesco immaginare che possa esserci ancora un altro appello. Sono stufa, l’Italia non deve permettere una cosa del genere. Mi parlano di diritti degli imputati, ma a mio figlio, e ai suoi colleghi morti, nessuno ci pensa. I loro diritti sono stati calpestati, li hanno fatti lavorare in condizioni indegne e così sono morti. Ci hanno preso in giro fin dall’inizio e ora, con queste lungaggini, ci stanno facendo morire uno dopo l’altro. Senza nemmeno chiedere scusa.
Avrebbe voluto parlare con Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz?
«Mi sarei almeno aspettata una frase di solidarietà, di conforto, ma non c’è mai stata. Al contrario. Li ho visti in un programma televisivo e sono rimasta a bocca aperta, ho avuto come un colpo al cuore. Erano sorridenti, parlavano della loro quotidianità, ripresi mentre correvano al parco. Le sembra rispettoso? Non hanno mai dimostrato un pizzico di rimorso. Continuano ad avere la loro vita, come se nulla fosse accaduto, e intanto noi non abbiamo più la nostra. Mi è stato anche detto che dovrei perdonare. Ma come si fa, davanti a una tale strafottenza, a una tale indifferenza. E comunque il perdono è un affare privato, qui vogliamo una cosa diversa, vogliamo giustizia».
Se le scuse arrivassero ora?
«Troppo tardi. Dovevano farlo subito. Questi devono andare in galera e starci almeno un giorno. Per non parlare dei dirigenti italiani: sono stati condannati in quattro, Raffaele Salerno, Daniele Moroni, Marco Pucci e Cosimo Cafueri. E gli ultimi due sono già fuori dal carcere».
Hanno ottenuto la messa alla prova, non sono liberi del tutto. Non pensa che stiano comunque scontando la pena?
«Alla fine hanno ottenuto quello che volevano, ci hanno presi in giro e praticamente gli hanno concesso la grazia. Vorrei chiedere al ministro Bonafede come funziona. E’ una vergogna. Tutta questa storia è una porcata. Uso parole forti, lo so. Ma non possono esprimermi diversamente. Hanno ammazzato sette persone, eppure sono stati rispettati più loro che mio figlio al cimitero».
Siete pronti ad andare in Germania?
«Siamo pronti a tutto. Vogliamo andare in Germania e vogliamo parlare con chi di dovere».




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