Risposte su quello che è un loro diritto: avere, secondo quanto stabilisce il Testo Unico sull’immigrazione del 1998, i documenti di identità.
Il presidio permanente, organizzato dallo Slai Cobas, ai bordi della piazza sulla quale si affacciano i rappresentanti del Comune, raccoglie un nutrito gruppo di persone di origine africana, giovani uomini desiderosi di poter cominciare una nuova vit“Abbiamo avuto notizia che il Comune ha scritto al Prefetto per avere direttive sul da farsi – dichiara Margherita Calderazzi, dello Slai Cobas, presente in piazza al fianco dei migranti”.
Le persone in attesa di documenti da oltre un mese sono 138, alloggiate presso il Bel Sit, e 45 che invece si trovano all’Hotel Roxana. Chiedono anche il regolare pagamento del pocket money, una cifra di 75 euro mensili cui normalmente hanno diritto, un miglior trattamento nei luoghi dove sono alloggiati e il riconoscimento del diritto d’asilo.
“Ci sembra che l’associazione Salam, che gestisce questi immigrati, stia ostacolando, attraverso un’interpretazione pro domo sua della legge, il rilascio del documento di identità – dichiara Margherita Calderazzi”.
La legge stabilisce che i migranti, dopo tre mesi di permanenza nelle nostre città, in possesso di permesso di soggiorno e in attesa del riconoscimento del diritto d’asilo, abbiano diritto ad avere il documento di identità. Le persone affidate ad altre associazioni, nella nostra provincia, hanno già ricevuto la carta d’identità, assicura lo Slai Cobas. Secondo i rappresentanti sindacali, ci sarebbero anche differenze di trattamento dei “rifugiati”, che dipenderebbero dalle associazioni che li gestiscono.
“Il Bel Sit non‘è un centro di prima accoglienza – aggiunge Calderazzi – come può esserlo invece il Palaricciardi. Dopo mesi di permanenza gli ospiti hanno diritto alla carta d’identità. La Prefettura ha dato il suo nulla osta al rilascio di questi documenti ma non ha obbligato l’Associazione Salam a procedere. Perché la Prefettura consente – prosegue Calderazzi - che questa associazione continui ad applicare a suo modo le regole, provocando tensioni in tutti i centri d’accoglienza in cui è presente? Quali sono i veri interessi‘della Salam nel negare i documenti ai migranti? Non vorremmo che anche qui ci fosse un pezzo di Mafia Capitale”.
Lo Slai Cobas denuncia anche che la struttura del Bel Sit ha una licenza per 70 persone ma il centro ne ospita il doppio. Già tre volte Comune e Prefettura si sono confrontati sull’argomento, ma una soluzione al problema ancora non è stata trovata.
Questa mattina anche il Sindaco si è fermato a parlare con i migranti.
“Noi però – afferma Leo, uno dei ragazzi ospiti del Bel Sit – abbiamo bisogno dei nostri documenti. Taranto ci piace anche se abbiamo compreso che qui non c’è lavoro. Chi non ci vuole, deve sapere che non possiamo andarcene se non abbiamo la carta d’identità. Siamo bloccati qui, senza documenti e senza neanche il pocket money. Non lo riceviamo da cinque mesi – aggiunge Leo – ci consentiva di provvedere a qualche piccola spesa, per l’abbigliamento per esempio”.
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