Da Popoff Quotidiano
Messico, il giorno dell’indignazione
Le resistenze sociali sono unite. Decine di migliaia di persone in piazza in Messico nell’anniversario della strage di Ayotzinapa
Malgrado le nuvole minacciose ed una pioggia insistente, più di centomila persone hanno invaso Città del Messico nell’ambito della Giornata dell’Indignazione lanciata ad un anno dalla strage di Iguala e dalla sparizione forzata dei 43 normalisti di Ayotzinapa dai familiari delle vittime.
Partito dopo mezzogiorno dalla residenza presidenziale de Los Pinos sotto un cielo plumbeo, il corteo
ha sfilato per oltre sei ore lungo le strade della capitale ed ha visto la partecipazione di centinaia di organizzazioni provenienti da tutta la Repubblica. Sindacati, studenti medi e universitari, gruppi aderenti alla Sexta zapatista, collettivi femministi e comunità religiose hanno animato la manifestazione, caratterizzata da un’importante presenza giovanile.
Presenti in piazza anche storiche realtà di lotta per la difesa dei beni comuni, come il Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra di Atenco e diverse comunità aderenti al Congreso Nacional Indígena. Da segnalare, infine, la partecipazione di intere famiglie e di tantissime individualità non organizzate, nonché di gruppi di artisti e musicisti, che hanno accompagnato la mobilitazione con canzoni, balli, letture di poesie e performance di diversi
Durante il corteo sono state ribadite le esigenze del movimento nato a partire dall’indignazione prodotta dalla strage: verità e giustizia per le sei persone assassinate ed gli oltre venti feriti, uno dei quali in coma irreversibile; presentazione in vita dei 43 giovani desaparecidos; castigo ai funzionari responsabili di aver costruito a tavolino una verità ufficiale che ha avuto come unico scopo quello di chiudere il caso e frenare la protesta.
In una Plaza de la Constitución piena di manifestanti, si sono tenuti gli interventi dei portavoce dei genitori e degli studenti della Normale Isidro Burgos, i quali, soddisfatti e commossi dalla straordinaria partecipazione hanno ringraziato le persone che durante quest’anno di lotta hanno accompagnato il movimento dentro e fuori i confini messicani.
In diverse occasioni, hanno poi sottolineato come la lotta che stanno portando avanti non sia solo per i normalisti ed i loro familiari, “ma per tutti i desaparecidos del Messico”. Nei loro interventi anche Vidulfo Rosales, avvocato dei familiari, e Felipe de la Cruz, portavoce dei genitori, sono andati nella stessa direzione sostenendo che la battaglia iniziata ad Ayotzinapa deve diventare una lotta per la trasformazione del Paese, a cominciare dalla caduta del governo in carica.
Per fare questo “nessuna lotta deve restare isolata”, ed è necessario unire le resistenze attive sui territori per iniziare la costruzione di un movimento di massa che possa andare al di là della protesta ed iniziare a pensare alla costruzione di un’alternativa. Di fronte alle migliaia di persone che affollavano l’enorme piazza nel centro della capitale, il comitato dei genitori ha convocato organizzazioni e singoli individui solidali a partecipare alla Convención Nacional Popular che si terrà dal 16 al 18 ottobre nella normale di Ayotzinapa per iniziare a ragionare su questi temi.
La giornata di mobilitazione ha coinvolto tutto il territorio nazionale. Dallo stato di Sinaloa allo Yucatán sono state segnalate decine di manifestazioni, presidi e iniziative di protesta. Quelle più significative si sono verificate nel Guerrero, dove ci sono stati cortei in diverse città e blocchi intermittenti del traffico sull’Autopista del Sol e sulla statale Tixtla-Chilpancingo; ed in Chiapas, con cortei partecipati nelle principali località dello stato e la massiccia mobilitazione delle comunità autonome zapatiste, in cui si sono tenute diverse iniziative solidali.
Nel caracol di Oventik migliaia di basi d’appoggio hanno ricordato le vittime ed espresso il loro sostegno ai familiari a partire dalle 7 di mattina. Piazzati ai lati della strada statale che costeggia i territori autonomi, gli zapatisti si sono manifestati per oltre cinque ore con striscioni, cartelli, altari e ceri, ribadendo che le comunità indigene ribelli sentono come propri il dolore e la rabbia dei genitori e dei compagni dei normalisti. Verso le 12 gli indigeni sono rientrati nel caracol per iniziare in seguito un evento in cui “ricordare Ayotzinapa, e anche le altre Ayotzinapa che hanno martoriato il Messico de abajo” nel corso degli ultimi anni.
L’anniversario della strage di Iguala, è stato ricordato anche in diversi Paesi del mondo, confermando così la natura ormai globale del movimento. Il successo della Giornata dell’Indignazione è stato sancito anche in rete, dove l’hashtag #DiaDeLaIndignacion è diventato trending topic a livello mondiale.
Il grande successo delle giornata di sabato è senz’altro il prodotto di un anno di mobilitazione costante ed instancabile da parte dei genitori che sono diventati un esempio di lotta e dignità per buona parte della popolazione. Tuttavia, a questo risultato hanno contribuito anche i risultati del rapporto del Gruppo Interdisciplinare di Esperti Indipendenti (GIEI) della Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH), il quale non solo ha messo in luce gravissime irregolarità nello svolgimento delle indagini (prove distrutte o smarrite, video cancellati, uso sistematico della tortura) ma ha letteralmente fatto a pezzi quella che l’ex-procuratore Murillo aveva definito “la verità storica” sui fatti e che invece si è rivelata priva di fondamento scientifico. La tesi della PGR secondo cui i normalisti sarebbero stati cremati nella discarica di Cocula, di conseguenza, non è più sostenibile.
Il documento del GIEI, inoltre, dimostra la presenza sul campo anche dell’esercito e di altre forze di polizia (statale, federale e ministeriale), il che mette in dubbio la natura puramente locale del crimine di lesa umanità su cui hanno spergiurato per otto lunghi mesi inquirenti e alti funzionari governativi. E fa pensare invece ad un operazione più ampia che difficilmente avrebbe potuto passare inosservata ai vertici, considerato sia il numero di elementi in azione che il fatto che i giovani sono stati monitorati dalle forze dell’ordine prima, durante e dopo l’attacco. Insomma, la “verità storica” che avrebbe dovuto spingere i familiari alla rassegnazione non ha retto di fronte all’analisi scientifica, la quale ha confermato tutti i dubbi sulla veridicità della versione ufficiale sollevati da movimenti, giornalisti ed accademici indipendenti nei mesi scorsi.
Un ultimo elemento da segnalare rispetto al rapporto ha a che fare con un quinto autobus che, per quanto fosse parte delle testimonianze dei sopravvissuti, è stranamente rimasto fuori dai documenti e dalle ricostruzioni ufficiali, e che potrebbe aprire una nuova pista sul movente dell’assalto agli studenti. Questi, secondo l’ipotesi dei periti, avrebbero occupato un autobus che doveva essere usato dai narcos per trasportare droga, per cui, a loro insaputa, si sarebbero trovati sul mezzo di trasporto sbagliato nel momento sbagliato e perciò sarebbero stati attaccati da criminali e forze dell’ordine.
Oltre a deludere quanti speravano che il tempo e la propaganda avrebbero diluito la rabbia e l’indignazione sorte in seguito all’ennesima strage di stato, la straordinaria giornata di sabato scorso rappresenta senz’altro un importante risultato per il movimento, il quale inizia così l’autunno nel migliore dei modi e promette di continuare ad essere una fastidiosa spina nel fianco per un governo sempre più in crisi di legittimità.
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