Per i soldati americani in Italia un regime d’eccezione che li rende impuniti
(da Osservatorio Repressione) - Disastri, stupri e sequestri: gli
impuniti a stelle e strisce. Dal Muos alle violenze nelle basi passando
per gli incidenti stradali: perché non pagano mai.
Un
militare statunitense incarcerato in Italia su 200 accusati. La
statistica arriva dagli stessi americani, dal giornale Stars &
Stripes, Stelle e Strisce, distribuito tra i militari Usa: “Negli ultimi
cinque anni ci sono state 200 indagini per accuse che vanno
dall’aggressione, allo stupro fino all’omicidio colposo, ma solo una
persona è stata incarcerata in Italia”, scrive la giornalista Nancy
Montgomery in un articolo dal titolo “Le truppe americane sotto accusa
in Italia spesso sfuggono la pena”.
Un fenomeno noto da decenni e, però, taciuto: in Italia la giustizia
per i militari americani è meno uguale. Quando compiono reati in
servizio, ma anche quando si rendono responsabili di reati comuni:
incidenti stradali, botte e stupri. E oltre le statistiche emergono
storie dolorose. Una in particolare è diventata un simbolo: quella di
Jerelle Lamarcus Grey, un ragazzone americano di 22 anni che prestava
servizio presso la base a stelle e strisce di Vicenza, la Del Din (ex
Dal Molin) nota per le proteste dei vicentini.
È il 9 novembre 2013, al Disco Club Cà di Denis alla periferia della
città è in programma una festa: musica reggae, champagne e porchetta. Ci
sono giovani del posto e militari americani reduci da missioni di
guerra. Magari vogliono sfogare la tensione pazzesca che si portano
dentro. Quando una ragazzina sudamericana di 17 anni esce dal locale si
trova davanti un soldato che la spinge in un angolo buio. La stupra.
I carabinieri sono convinti di averlo identificato: è Jerelle.
L’accusato resta a piede libero – non ci sarebbe pericolo di
reiterazione del reato – finché pochi mesi dopo ecco un altro stupro:
una prostituta incinta di sei mesi viene aggredita e violentata. E
l’indagine porta di nuovo a lui, a Jerelle e a un suo commilitone:
Darius Mc-Cullough. Sarebbero loro i responsabili. Ma com’è possibile,
si chiedono in tanti a Vicenza, che Jerelle sia libero?
La Procura intanto dispone per lui gli arresti domiciliari. Dove?
Nella base Del Din, dove pare girasse indisturbato. Ma la storia non è
ancora finita: una notte del dicembre scorso, Jerelle riempie il suo
letto di stracci, per far credere di dormire. E senza difficoltà scappa.
Viene infine arrestato vicino a un residence frequentato da prostitute:
ne avrebbe picchiato un’altra, sempre incinta, pretendendo prestazioni
sessuali. Jerelle alla fine riesce a finire nelle galere italiane. “Mi
risulta che siano i primi, lui e il suo complice”, non nascondono la
loro soddisfazione Alessandra Bocchi e Anna Silvia Zanini, avvocati
delle presunte vittime.
Oggi Jerelle attende il processo per il primo stupro, mentre per il
secondo è stato condannato (sei anni in primo grado, come il suo
presunto complice Darius Mc-Cullough). E i casi non si contano. Spesso
sono reati di violenza. L’ultimo è di pochi giorni fa: un parà di 22
anni accusato di violenza sessuale nei confronti della figliastra di
sette anni. Militari, ma non solo. C’è un civile americano, Mark
Gelsinger, tra gli otto indagati nell’inchiesta per reati ambientali
relativi alla costruzione del Muos, l’impianto satellitare della Marina
Usa di Contrada Ulmo a Niscemi (Caltanissetta). Le autorità americane
hanno chiesto subito che sia sottoposto alla loro giurisdizione.
I pm italiani indagano, le autorità americane chiedono di sottoporre i
loro cittadini alla giurisdizione statunitense. E la risposta finora
era quasi sempre scontata: 91 sì su 113 domande in quindici mesi fino al
marzo 2014. Perché? Pesava una sudditanza dell’Italia nei confronti
degli Stati Uniti, ma contano anche i tempi della giustizia.
“Nelle more del processo i militari vengono rispediti a casa. E
addio”, racconta l’avvocato vicentino Paolo Mele. Alla base di tutto la
Convenzione di Londra ratificata nel 1956, quella chiamata
“familiarmente” patto di benevolenza. Prevede che per i reati commessi
dai militari Nato si tenda a concedere la giurisdizione del Paese
d’origine. In pratica un accordo ricamato addosso ai soldati americani.
Per decenni a migliaia si sono sottratti alla nostra giustizia. Con
due casi clamorosi: “Il 3 febbraio 1998″, racconta Mele, “due avieri
americani – il pilota Richard Ashby e il navigatore Joseph Schweitzer –
volando come Top Gun tranciarono i cavi della funivia del Cermis. Venti
persone morirono. I due militari furono sottratti alla giustizia
italiana e processati in America dove vennero assolti per l’incidente.
Furono radiati e condannati a pochi mesi solo perché distruggendo il
video del volo avevano ostacolato la giustizia”, conclude Mele.
Poi ecco il caso Abu Omar, l’imam egiziano sequestrato dalla Cia nel
centro di Milano e portato nel suo paese dove fu incarcerato e
torturato. Il pm Armando Spataro e la Digos di Milano arrivarono a
identificare i responsabili: 23 agenti condannati in Cassazione. Ma
tutti si sottraggono alla giustizia italiana. E il responsabile della
struttura Jeff Romano ottiene la grazia dal presidente Giorgio
Napolitano. Se non ci pensano gli americani, facciamo noi. Nessuno dei
nostri governi ha mai chiesto l’estradizione per le spie condannate.
Violenze, disastri e spionaggio. Ma anche marines in fuga dai loro
impegni familiari. Già, perché in Italia ci sono 59 installazioni
militari americane. Solo a Vicenza una persona su dieci vive nella base.
Nel 1959 ogni mese si celebravano dieci matrimoni misti. Poi qualcosa è
cambiato: divorzi, mariti in fuga, irrintracciabili che lasciano le
compagne sole e senza un soldo. Un reato, ma nessun militare paga:
l’America li tutela a qualunque costo.
“Qualcosa, però, negli ultimi mesi sembra cambiato, non so se per
merito dell’Italia o dell’amministrazione Obama”, sostiene Alessandra
Bocchi. Conclude: “Noi non ce l’abbiamo con gli americani, anzi. Ma
dobbiamo tutelare le vittime”. Il ministro della Giustizia, Andrea
Orlando nel luglio 2014 ha twittato: “I due militari americani accusati
di stupro saranno processati in Italia”. Jerelle e Darius per il momento
sono in carcere. Si capirà presto se è un primo passo.
Ferruccio Sansa da Il Fatto Quotidiano
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