Sintetizziamo alcune importanti
considerazioni di ciò che dice Marx in questo capitolo:
Cooperazione
è “La forma del lavoro di molte persone che lavorano l’una accanto all’altra e
l’una assieme all’altra secondo un piano, in uno stesso processo di produzione,
o in processi di produzione differenti ma connessi…”
“l’impiego contemporaneo
d’un numero piuttosto considerevole d’operai effettua una rivoluzione nelle
condizioni oggettive del processo lavorativo”
“Nella cooperazione
pianificata con altri l’operaio si spoglia dei suoi limiti individuali e sviluppa
la facoltà della sua specie.”
“Qui non si tratta soltanto di aumento della
forza produttiva individuale mediante la cooperazione, ma di creazione d’una
forza produttiva che dev’essere in sé e per sé forza di massa.”
Questa “forza
produttiva sviluppata dall’operaio come operaio sociale è forza produttiva del
capitale” che se ne appropria gratuitamente!
“Con la massa degli operai
simultaneamente impiegati cresce la loro resistenza, e quindi necessariamente
la pressione del capitale per superare tale resistenza.”
“La produzione
capitalistica comincia realmente, come abbiamo veduto, solo quando il medesimo
capitale individuale impiega allo stesso tempo un numero piuttosto considerevole di operai, e quindi il processo lavorativo s’estende e si ingrandisce e fornisce prodotti su scala quantitativa piuttosto considerevole. L’operare di un numero piuttosto considerevole di operai, allo stesso tempo, nello stesso luogo (o, se si vuole, nello stesso campo di lavoro), per la produzione dello stesso genere di merci, sotto il comando dello stesso capitalista, costituisce storicamente e concettualmente il punto di partenza della produzione capitalistica…”
capitale individuale impiega allo stesso tempo un numero piuttosto considerevole di operai, e quindi il processo lavorativo s’estende e si ingrandisce e fornisce prodotti su scala quantitativa piuttosto considerevole. L’operare di un numero piuttosto considerevole di operai, allo stesso tempo, nello stesso luogo (o, se si vuole, nello stesso campo di lavoro), per la produzione dello stesso genere di merci, sotto il comando dello stesso capitalista, costituisce storicamente e concettualmente il punto di partenza della produzione capitalistica…”
“la forza lavoro è esplicazione
di una forza-lavoro media” dice Marx, benché ogni operaio sia differente, questa
differenza scompare nel lavoro in gruppo.
“Dunque la legge della valorizzazione, in genere, si
realizza completamente per il singolo produttore soltanto quando egli produce come
capitalista, impiega molti operai allo stesso tempo, e quindi mette in moto fin
da principio lavoro sociale medio”
“Anche se il modo di
lavoro rimane identico, l’impiego
contemporaneo d’un numero piuttosto considerevole d’operai effettua una
rivoluzione nelle condizioni oggettive del processo lavorativo. Edifici nei
quali lavori molta gente, depositi di materie prime, ecc., recipienti,
strumenti, apparecchi, ecc. che servono a molti nello stesso tempo o a turno,
in breve, una parte dei mezzi di produzione viene ora consumata in comune nel
processo lavorativo … Una stanza nella quale lavorino venti tessitori coi loro venti
telai dev’essere per forza più ampia della camera del tessitore indipendente
con due garzoni. Ma la produzione di un
laboratorio per venti persone costa meno lavoro della produzione di dieci
laboratori da due persone ognuno, e così in genere il valore di mezzi di
produzione concentrati in massa e comuni non cresce in proporzione del loro
volume e del loro effetto utile. I mezzi
di produzione consumati in comune cedono al singolo prodotto una minor parte
costitutiva del loro valore, in parte perché il valore complessivo che cedono si distribuisce simultaneamente su una
maggior massa di prodotti, in parte perché essi entrano nel processo della
produzione con un valore che in assoluto è maggiore, ma tenendo presente la
loro sfera d’azione è relativamente minore di quello dei mezzi di produzione
isolati. Così cala una parte costitutiva
del valore del capitale costante, e proporzionalmente alla sua grandezza cala
dunque anche il valore complessivo della merce. L’effetto è lo stesso che
se i mezzi di produzione della merce venissero prodotti più a buon mercato. Questa economia nell’impiego dei mezzi di
produzione deriva soltanto dal loro consumo comune nel processo di lavoro di
molte persone. Ed essi vengono ad avere questo carattere in quanto sono
condizioni di lavoro sociale ossia sono condizioni sociali del lavoro, a
differenza dei mezzi di produzione dispersi e relativamente costosi di singoli
operai o piccoli maestri artigiani indipendenti, anche quando i molti lavorano
insieme soltanto perchè si trovano nello stesso locale, e non lavorano l’un con
l’altro. Una parte dei mezzi di lavoro acquista questo carattere sociale prima
che lo acquisti lo stesso processo lavorativo.”
“Astrazion fatta dal
nuovo potenziale di forza che deriva dalla fusione di molte forze in una sola
forza complessiva, il semplice contatto
sociale genera nella maggior parte dei lavori produttivi una emulazione e una
peculiare eccitazione degli spiriti vitali (animal spirits) le quali
aumentano la capacità di rendimento individuale dei singoli, cosicchè una
dozzina di persone insieme forniscono in una giornata lavorativa di 144 ore un
prodotto complessivo molto maggiore di quello di dodici operai singoli che
lavorino ognuno dodici ore, o di un operaio che lavori dodici giorni di seguito.
Questo deriva dal fatto che l’uomo è per natura un animale, se non politico,
come pensa Aristotele, certo sociale.”
“… Per esempio, quando
dei muratori fanno catena per passare le pietre da costruzione di mano in mano
dai piedi fino alla cima d’una impalcatura, ciascuno di essi fa la stessa cosa,
ma tuttavia le singole operazioni costituiscono parti continue d’una operazione
complessiva, fasi particolari che nel processo lavorativo debbono esser
percorse da ogni pietra da costruzione, e attraverso le quali per esempio le
ventiquattro mani dell’operaio complessivo la mandano avanti più alla svelta
delle due mani di ogni singolo operaio che salga e scenda per l’impalcatura.
L’oggetto del lavoro percorre lo stesso spazio in un tempo più breve.”
“Poichè in generale non
si può avere cooperazione diretta fra lavoratori senza che stiano insieme, e
quindi il loro agglomeramento in uno spazio determinato è condizione della loro
cooperazione, non si può avere
cooperazione fra salariati senza che lo stesso capitale, lo stesso capitalista,
li impieghi nello stesso tempo, cioè comperi nello stesso tempo le loro
forze-lavoro. Il valore complessivo di queste forze-lavoro, ossia il totale
del salario per il giorno, la settimana, ecc. dev’essere quindi riunito nella tasca del capitalista prima che quelle
forze-lavoro vengano riunite nel processo produttivo. Il pagamento di
trecento operai d’un sol tratto, anche per un giorno solo, esige un esborso di
capitale maggiore del pagamento di pochi operai settimana per settimana durante
tutto l’anno. Dunque, il numero degli operai impegnati nella cooperazione,
ossia la scala della cooperazione, dipende in primo luogo dalla grandezza del
capitale che il capitalista singolo è in grado di sborsare per l’acquisto di
forza-lavoro; cioè, dipende dalla misura nella quale ogni singolo capitalista
dispone di volta in volta dei mezzi di sussistenza di molti operai.”
“E
per il capitale costante le cose stanno come per il capitale variabile.”
“In principio era
apparsa necessaria una certa grandezza minima del capitale individuale affinché
il numero degli operai simultaneamente sfruttati e quindi la massa del
plusvalore prodotto, fosse sufficiente a esimere dal lavoro manuale la persona
che impiegava gli operai, e a farne da piccolo mastro artigiano un capitalista,
istituendo così formalmente il rapporto capitalistico. Adesso, quella grandezza minima si presenta come
condizione materiale della trasformazione di molti processi lavorativi
individuali dispersi e indipendenti gli uni dagli altri in un processo
lavorativo sociale combinato.”
“Così pure in principio
il comando del capitale sul lavoro
si presentava solo come conseguenza formale del fatto che l’operaio, invece di
lavorare per sè, lavora per il capitalista, e quindi sotto il capitalista. Con
la cooperazione di molti operai salariati il
comando del capitale si evolve a esigenza della esecuzione del processo
lavorativo stesso, cioè a condizione reale della produzione. Ora l’ordine del capitalista sul luogo di
produzione diventa indispensabile come l’ordine del generale sul campo di
battaglia.”
“Ogni lavoro sociale in
senso immediato, ossia ogni lavoro in comune, quando sia compiuto su scala
considerevole, abbisogna, più o meno, d’una direzione che procuri l’armonia
delle attività individuali e compia le funzioni generali che derivano dal
movimento del corpo produttivo complessivo, in quanto differente dal movimento
degli organi autonomi di esso. Un singolo violinista si dirige da solo,
un’orchestra ha bisogno di un direttore. Questa funzione di direzione,
sorveglianza, coordinamento, diventa funzione del capitale appena il lavoro ad
esso subordinato diventa cooperativo. La funzione direttiva riceve note
caratteristiche specifiche in quanto funzione specifica del capitale.”
“Motivo
propulsore e scopo determinante del processo capitalistico di produzione è in
primo luogo la maggior possibile autovalorizzazione del capitale, cioè la
produzione di plusvalore più grande possibile, e quindi il maggiore
sfruttamento possibile della forza-lavoro da parte del capitalista.
Con la massa degli operai
simultaneamente impiegati cresce la loro resistenza, e quindi necessariamente
la pressione del capitale per superare tale resistenza. La direzione del
capitalista non è soltanto una funzione particolare derivante dalla natura del
processo lavorativo sociale e a tale processo pertinente; ma è insieme funzione
di sfruttamento di un processo lavorativo sociale ed è quindi un portato dell’inevitabile antagonismo fra lo
sfruttatore e la materia prima da lui sfruttata. Così pure, col crescere
del volume dei mezzi di produzione che l’operaio salariato si trova davanti
come proprietà altrui, cresce la necessità del controllo affinché essi vengano
adoprati convenientemente. Inoltre, la cooperazione degli operai salariati è un
semplice effetto del capitale che li impiega simultaneamente; la connessione delle
loro funzioni e la loro unità come corpo produttivo complessivo stanno al di
fuori degli operai salariati, nel capitale che li riunisce e li tiene insieme.
Quindi agli operai salariati la connessione fra i loro lavori si contrappone,
idealmente come piano, praticamente come autorità del capitalista, come,
potenza d’una volontà estranea che assoggetta al proprio fine la loro attività.”
“Dunque la direzione capitalistica è, quanto al
contenuto, di duplice natura a causa della duplice natura del processo produttivo
stesso che dev’essere diretto, il quale da una parte è processo lavorativo sociale per la fabbricazione di un prodotto,
dall’altra parte processo di
valorizzazione del capitale; ma quanto
alla forma è dispotica. Questo dispotismo sviluppa poi le sue forme
peculiari mano a mano che la cooperazione si sviluppa su scala maggiore. Prima,
il capitalista viene esentato dal lavoro manuale appena il suo capitale ha
raggiunto quella grandezza minima che sola permette l’inizio della produzione
capitalistica; ora torna a cedere a sua volta a un genere particolare di operai
salariati la funzione della sorveglianza diretta e continua dei singoli operai
e dei singoli gruppi di operai. Allo stesso modo che un esercito ha bisogno di
ufficiali e sottufficiali militari, una massa di operai operanti insieme sotto
il comando dello stesso capitale ha bisogno di ufficiali superiori (dirigenti,
managers) e di sottufficiali (sorveglianti, capireparto, controllori)
industriali, i quali durante il processo di lavoro comandano in nome del
capitale. Il lavoro di sorveglianza si consolida diventando loro funzione
esclusiva.” Ma “Il capitalista non è capitalista perché dirigente industriale
ma diventa comandante industriale perché è capitalista. Il comando supremo
nell’industria diventa attributo del capitale, come nell’età feudale il comando
supremo in guerra e in tribunale era attributo della proprietà fondiaria.”
“L’operaio è
proprietario della propria forza-lavoro finché negozia col capitalista come
venditore di essa; ed egli può vendere solo quello che possiede: la sua
individuale, singola forza lavorativa. Questo rapporto non viene in alcun modo
cambiato per il fatto che il capitalista comperi cento forze-lavoro invece di
una e invece di concludere un contratto con un singolo operaio lo concluda con
cento operai indipendenti l’uno dall’altro. Può impiegare i cento operai senza
farli cooperare. Il capitalista paga
quindi il valore delle cento forze-lavoro autonome, ma non paga la forza-lavoro
combinata dei cento operai. Come persone indipendenti gli operai sono dei
singoli i quali entrano in rapporto con lo stesso capitale ma non in rapporto
reciproco fra loro. La loro cooperazione comincia soltanto nel processo
lavorativo, ma nel processo lavorativo hanno già cessato d’appartenere a se
stessi. Entrandovi, sono incorporati nel capitale. Come cooperanti, come membri
d’un organismo operante, sono essi stessi soltanto un modo particolare
d’esistenza del capitale. Dunque, la
forza produttiva sviluppata dall’operaio come operaio sociale è forza
produttiva del capitale.”
“La forza produttiva sociale del lavoro si sviluppa gratuitamente
appena gli operai vengono posti in certe condizioni; e il capitale li pone in
quelle condizioni. Siccome la forza produttiva sociale del lavoro non costa
nulla al capitale, perché d’altra parte non viene sviluppata dall’operaio prima
che il suo stesso lavoro appartenga al capitale, essa si presenta come forza
produttiva posseduta dal capitale per natura, come sua forza produttiva immanente.”
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