mercoledì 8 agosto 2012

pc 8 agosto -“Emilia Romagna regione dove si registrano più feminicidi”


 Il Fatto Quotidiano


A dirlo un recente rapporto curato dalla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna: su 120 casi ben 16 sono avvenuti in quella zona. Eppure il Comune ha tagliato i fondi all'associazione che solo per il servizio base di protezione spende già più del doppio dei 70 mila euro a disposizione

di Antonella Beccaria | 7 agosto 2012




Piacenza, Cesena e Copparo, in provincia di Ferrara. Sono le tre località in cui si sono consumati alcuni dei più recenti “femicidi” (termine da non confondere con “femminicidi”, usato per le violenze di stampo misogino), omicidi ai danni di donne da parte di uomini con cui avevano avuto relazioni più o meno lunghe. A questi casi – le vittime erano Kaur Balwinder, 27 anni, Sabrina Blotti, 44, e Ludmilla Rogova, 43 – se ne devono aggiungere molti altri, avvenuti prima e dopo. Come quello, per esempio, di Camilla Auciello, 36 anni, uccisa a Baricella, nel bolognese, nell’aprile 2011 dal compagno, Claudio Bertazzoli, un appuntato dei carabinieri quarantaseienne che lo scorso 31 luglio è stato condannato con rito abbreviato a 16 anni di carcere.

L’Emilia Romagna, raccontano i dati ricavati dalle cronache e confluiti in un recente rapporto curato dalla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna, è una delle regioni in cui più di frequente una donna può venir ammazzata da un marito, da un ex fidanzato o da un corteggiatore respinto. Per ricordarlo – e per ricordare anche l’omicidio di Sandra Lunardini, assassinata a Milano Marittima il 24 luglio – l’associazione Linea Rosa ha organizzato nei giorni scorsi a Cervia una fiaccolata, secondo evento nel giro di pochi giorni dopo quello di Palermo, dove un corteo ha sottolineato quella che ormai ha assunto i contorni di un’emergenza sociale.

Sedici delitti su 120 in Emilia Romagna. Si legge nello studio bolognese “Uomini che uccidono le donne. Indagine sul femicidio in Italia. I dati del 2011”, lo scorso anno a livello nazionale le donne ammazzate sono state 120, 16 delle quali nella sola Emilia Romagna. A seguire, in una classifica della violenza omicida sulla componente femminile della società, la Lombardia (12), il Veneto (10), il Lazio (9), Abruzzo, Calabria e Piemonte (8), Campania e Sicilia (7). Su base provinciale prima viene Roma (7 casi), poi Milano (6) e Prato, Genova e Venezia, con 4 delitti. In Emilia Romagna, sono 5 quelli commessi in provincia di Bologna, 4 in quella di Modena mentre 2 sono i casi a Forlì-Cesena, Parma e Reggio Emilia. Infine uno rispettivamente a Rimini e Piacenza.

Ripercorrendo quanto avvenuto nel 2011, il primo caso si verifica il 6 febbraio nel capoluogo di regione. A essere uccisa con il figlio di 2 anni è la cittadina marocchina Ilham Azounid, che già si era rivolta alla Casa delle donne di Bologna, e ad agire è stato il marito Marcello Pistone, che alla fine si è suicidato. Il 20 marzo, invece, a Piacenza Giovanni Badalotti, 42 anni, già con precedenti, ha assassinato la vicina di casa, la novantunenne Stella Paroni, cercando poi di occultarne il cadavere. Due giorni più tardi, a Carpi (Modena), Giuseppa Caruso, 41 anni, è stata accoltellata dal marito, Dario Solomita.

In ordine cronologico il 2 aprile c’è stato poi il caso già citato di Camilla Auciello, quello giunto a sentenza pochi giorni fa, e una settimana più tardi a Parma l’etiope Gouesh Gebrehiwot, 24 anni, colpita a morte con un’arma da fuoco dall’ex, Enrico Croci, 46. È di nuovo una donna straniera a morire poco dopo. È il 26 aprile e si tratta di Maria De Assis Johnson, 50 anni, d’origine brasiliana e trapiantata a Modena. Il suo assassino è il compagno di un decennio più anziano, Stefano Moruzzi, che poi si è tolto la vita. Teresa Anna Urbaniek, che veniva dalla Polonia e che aveva 46 anni, è stata aggredita il 7 maggio a Vignola da Francisco Celio Silva, individuato poi dalle tracce di Dna lasciate sul cellulare della donna.

Non passa nemmeno un mese e mezzo e a Modena viene uccisa Barbara Cuppini, 40 anni, dal compagno, Alessandro Persico, mentre il delitto successivo si verifica il 5 settembre. La vittima è Beatrice Mantovani, che morirà all’ospedale Maggiore di Parma, e a spararle nel cortile di casa sua, a Reggiolo, è l’ex marito, Ivano Ferrais, che poi rivolge l’arma contro se stesso. È più o meno la stessa dinamica di quanto si verifica il 3 ottobre successivo a Sala Baganza (Parma). Perde la vita Simonetta Moisé, 56 anni, da anni immobilizzata da una malattia, e anche stavolta è il coniuge ad agire, Pietro Amighetti, 63, che l’aveva assistita fino a quel momento.

Il giorno successivo, a Cesenatico, Luca della Valle (accusato e poi assolto per insufficienza di prove per l’omicidio della prima moglie, Cinzia Maldini) strangola la compagna Gaetana Dama, 39 anni, e poi la fa finita impiccandosi. Morirà a Bologna per dissanguamento invece Augusta Alvelo, nata 50 prima nella Repubblica Dominicana, colpita con un coltello dal fidanzato Loris Castelli, che tenta il suicidio. Lo stesso giorno, il 19 novembre, a Brescello (Reggio Emilia) muore Rachida Radi, 35 anni, una donna marocchina che voleva separarsi dal marito, Mohamed El Ayani. Infine l’anno di sangue si chiude il 3 dicembre 2011 con una storia di malattia e disperazione che si consuma a Bologna, dove Elsa Boni, 67 anni, malata di Alzheimer, che muore con il marito, Orlando Di Domenica, entrambi “volati” dalla finestra di casa.

Negli ultimi 5 anni aumentate del 50% le richieste di aiuto. “In questa ricerca – fa rilevare Roberta Granelli, della Casa delle donne per non subire violenza – la regione Emilia Romagna risulta avere una media più alta (38,2%) rispetto a quella italiana (31,9%) anche per la violenza fisica o sessuale”. Queste percentuali, pubblicate nel 2007 dall’Istat e relative all’anno precedente, riguardano il fenomeno dei maltrattamenti e dunque sembrano avere un andamento parallelo rispetto gli omicidi. “Tra il 2006 e il 2007 – aggiunge Angela Romanin, responsabile della formazione e dell’ufficio stampa della onlus bolognese – le donne che si sono rivolte a noi sono aumentate del 50% e siamo a più di 600 persone all’anno che cercano il nostro aiuto, tra persone nuove e chi invece è già seguita da noi. In parte questo incremento deriva da una maggiore consapevolezza, ma anche da un maggior coraggio perché, per denunciare, ce ne vuole molto”.

“In Italia non accade come in Spagna o in Gran Bretagna, dove gli uomini vengono processati da tribunali specializzati”, aggiunge. “Qui è la donna che si deve far carico di attivare la procedura giudiziaria e le relative spese legali e solo chi ha un reddito inferiore ai 10 mila euro lordi all’anno ha diritto al gratuito patrocinio. Questa è solo una delle difficoltà di un fenomeno che cresce facendosi più acuto da sud a nord. I ricercatori dicono che una ragione è la maggior propensione femminile a ribellarsi nelle aree settentrionali, a cui conseguono con maggior frequenza le ritorsioni maschili. Ma solo ipotesi perché i dati vengono raccolti dai centri anti violenza mentre il ministero dell’Interno finora non ha mai fornito dati disaggregati sulla violenza di genere da analizzare”.

Come intervenire? “È una questione complessa – conclude Angela Romanin – Occorre proteggere meglio le vittime, fermare gli autori sanzionandoli in modo ancor più rigoroso e combattere una cultura misogina e maschilista forte e radicata nel tempo, come rileva anche l’Onu dando la sua definizione di violenza di genere”. Per questo, per lavorare su informazione e consapevole, nella seconda metà di novembre tornerà a Bologna il festival “Violenza illustrata”, giunto alla settima edizione e articolati su 15 giorni di eventi.

Casa delle donne di Bologna: il Comune taglia i fondi.  Per quest’anno, come per il 2011, il Comune di Bologna ha tagliato 25 mila euro alla Casa delle Donne. Per l’associazione femminile ci si dovrà accontentare dei 70 mila euro comunali di base, più i 45 mila della Provincia di Bologna e alcune migliaia dai comuni della provincia bolognese. Ma il servizio base di protezione alle donne, che comprende ospitalità e supporto nell’accudimento dei bambini, costa già più del doppio dei 70 mila euro comunali. Così la Casa delle Donne navigherà anche quest’anno a vista: un po’ con il 5 per mille e un po’ con il fundraising. A Ravenna con 200 mila euro, come a Reggio Emilia, il fabbisogno minimo delle omologhe strutture locali, è coperto dai finanziamenti comunali. La presidente della sede bolognese, Susanna Bianconi: “Noi siamo la cenerentola della Regione”.

Nessun commento:

Posta un commento