“E'
assolutamente necessario avvertire ancora una volta i compagni
interessati, dir loro che sono scivolati nella palude, che tali
“idee” non hanno niente in comune né col marxismo nè con la
socialdemocrazia rivoluzionaria. Non è possibile che la questione
resti più a lungo “sotto il moggio”, si favorirebbe così la
confusione ideologica, che verrebbe orientata nella pessima direzione
delle reticenze, dei conflitti “personali”, delle “frizioni”
interminabili, ecc. E' invece nostro divere insistere nel modo più
reciso e categorico sull'obbligo di studiare a fondo e di chiarire
definitivamente i problemi sollevati”. - Lenin – da “Una
caricatura del marxismo”.
*****
Il programma presentato da Je sò pazzo
per la lista “potere al popolo” è un programma, da un lato,
scontato, che, in pezzi, si ritrova in tante altre realtà, programmi
elettorali della “sinistra” riformista e non solo, e che non
hanno né prima, né in futuro, mai cambiato la realtà per i
proletari e le masse popolari. Quale raggruppamento, non di centro
destra, non parla oggi di “attuazione della Costituzione”, o di
“lavoro”, o di redistribuzione della “ricchezza, facendo pagare
le tasse ai patrimoni”, o di “una lotta seria alle grandi
evasioni fiscali”, di “migranti e accoglienza”, la
cancellazione dell'obbligo di pareggio di bilancio, ecc.?
Dall'altro, è espressione di un cambio
di natura dei compagni e compagne di Je sò pazzo, vedi per esempio,
le parti del programma in cui si affermano cose sull'Unione Europea
che non erano fino a poco tempo fa nel Dna politico di Je sò pazzo.
Sull'Europa vengono usate formulazioni mediate (“vogliamo rompere
l'Unione Europea dei trattati”, quando è più coerente, come fa
l'area Eurostop,
dire fuori dalla Ue...), che nei fatti diventano comunque una difesa dell'Italia contro l'intrusione della UE; posizione che è oggettivamente socialsciovinista detta in un paese imperialista come è il nostro.
dire fuori dalla Ue...), che nei fatti diventano comunque una difesa dell'Italia contro l'intrusione della UE; posizione che è oggettivamente socialsciovinista detta in un paese imperialista come è il nostro.
Dall'altro ancora, si tratta di un
“copia-incolla” di altri programmi. L'esempio più clamoroso (lo
scivolone) è stato il copia-incolla del piano femminista di Nudm,
poi ritirato dopo le critiche di alcune di Nudm, ma sostituito con
una dichiarazione-piano che in un certo senso nella sua genericità è
meno del 'piano femminista' (che esprime un riformismo concreto, con
obiettivi e richieste chiare dal punto di vista dei settori sociali
che lo portano avanti, la piccola e media borghesia).
Je sò pazzo aveva scritto, in premessa
al programma, che non voleva fare “un lunghissimo elenco di
promesse e proposte ma pochi punti forti”, ma poi hanno fatto il
lunghissimo elenco, perchè devono tenere tutti.
La Rivoluzione d'Ottobre ha dimostrato
che gli operai, i soldati, i contadini hanno fatto la rivoluzione e
costruito la società socialista, a partire da tre parole d'ordini:
pace, terra ai contadini, produzione in mano agli operai.
Nella luno elenco della lista “potere
al popolo” dove sono i “pochi punti forti”?
Il programma poi è un miscuglio di
illusioni riformiste che affossano tutta l'analisi marxista del
sistema capitalista, insieme a sciocchezze socialdemocratiche, tipo:
“recupero dei capitali e delle rendite nascoste”, perchè quelle
ufficiali potrebbero rimanere...?
Delle lotte che pur Je sò pazzo
alimenta a Napoli, soprattutto quelle dei migranti e sul lavoro nero,
non portano nel programma lo spirito di opposizione ai piani di
padroni, governo, Stato, ma la favola (riformista) del “controllo
popolare”; senza neanche un'ombra di ripensamento che questo
“controllo”, lanciato già come bandiera dal basso durante
l'elezione di De Magistris, poi ha portato a “lasciare in pace il
manovratore” (De Magistris) senza minimamente
“controllare”/contrastare la sua politica che ha avuto, insieme a
dichiarazioni positive, una pratica di interventi o non-interventi di
opposizione alle lotte dei disoccupati, sul lavoro, alla repressione
da parte della polizia, come di “chiusura degli occhi” rispetto a
clamorose realtà pubbliche di lavoro nero, ecc.; contrasto verso il
Comune che, invece, in qualsiasi altra città, durante lotte che
riguardano problematiche locali è normale che si sviluppi.
Si azzera di un colpo – proprio
nell'anno del centenario della rivoluzione d'ottobre e del suo sempre
attuale insegnamento – la semplice lezione della storia del
proletariato, anche in Italia, che questo potere o si prende
attraverso la lotta armata e si esercita con la dittatura del
proletariato, o è candidarsi, che lo si voglia o no, ad essere parte
dell'ampia schiera dell'opportunismo che vorrebbe soltanto cambiare
il potere borghese.
Ma questo azzeramento è il risultato
di un azzeramento dell'analisi di classe, proletaria, marxista della
realtà – fatto da giovani compagni e compagne che sono nati
abbeverandosi al marxismo, ma che oggi scrivono bellamente a premessa
del programma di “potere al popolo” che il lavoro che sfrutta e
umilia, la povertà... i migranti da annegare... i disastri
ambientali, ecc. sono conseguenza di “scelte politiche che hanno
trasferito poteri e risorse ai ricchi e ai potenti...”. Quindi
niente “analisi del capitale”, delle sue leggi inevitabili; ma
“scelte politiche”, che, pertanto, come vengono fatte così
possono essere cambiate (come dice da sempre il riformismo) dal
popolo che si riappropria della “sovranità popolare”, in questo
sistema; tant'è che nel programma si parla di “alternativa alle
politiche degli ultimi tre decenni”, citando, tra l'altro, come
esperienza positiva, confermatrice, quei movimenti in Europa e nel
mondo che, invece, dimostrano esattamente il contrario: o l'impotenza
o l'inglobamento nel potere borghese.
Fermo restando che poi questo “potere
al popolo” si eserciterebbe nel “controllo sulla produzione,
sulla distribuzione della ricchezza...” per “realizzare la
democrazia nel suo senso vero e originario”;
quindi non in funzione del potere di
uno Stato proletario, nato con la rivoluzione sulle spoglie dello
Stato borghese e della democrazia borghese, ma in funzione di una
politica riformista - impotente nei suoi risultati a favore delle
masse, illusoria e fallimentare nella “prospettiva di società
alternativa al capitalismo”, ma molto utile per la politica
reazionaria del sistema del capitale.
L'abbandono dell'analisi marxista,
inevitabilmente, va di pari passo con un “potere al popolo” per
cui e in cui la classe operaia non esiste. Ultimi arrivati al tavolo
dei “sinistri” illuminati e dei riformisti/populisti che fanno
riferimento al popolo per annullare gli operai, questi compagni
partiti da “Dove sono i nostri?” sono arrivati a non cercarli
più...
Je sò pazzo nella presentazione del
programma della lista “potere popolare” parla di “mutualità e
solidarietà”, che diventano la strada della “resistenza
all'attacco dei ricchi e potenti” e quindi per ottenere le cose che
ci negano. Questa ottica è frutto della pratica dell'ex Opg, dove,
insieme a un'organizzazione di lotte (dei settori precari, migranti,
in particolare) da apprezzare, il centro del lavoro è fatto nella
logica di “servizio”; una pratica encomiabile per lo spirito di
“servizio al popolo” che i giovani, le donne di Je sò pazzo ci
mettono, ma che via via ha pesato nello spegnere lo spirito
rivoluzionario di queste compagne e compagni, lasciando sul campo
tanta energia positiva, tanta dedizione – in cui le compagne sempre
anche in questo caso hanno una “marcia in più” - ma sprecata e
oggi controproducente, perchè si porta ad esempio, a dimostrazione
che è possibile determinare per questa strada la realtà del sistema
borghese.
Poi tutta questa “palestra dove le
classi popolari si abituano a esercitare il potere di decidere,
autogovernarsi e autodeterminarsi mettendo in discussione le
istituzioni e i meccanismi che le governano” - che Je sò pazzo
chiama appunto “controllo popolare”, altro non sono che azioni
normali, fatte tantissime volte da lavoratori, disoccupati,
popolazioni dei territori, migranti, di denuncia, pressione, verifica
delle politiche, degli interventi di Istituzioni, Enti (tipo
Ispettorato del Lavoro). Non è che ora chiamando tutto questo
“controllo popolare con cui le masse si abituano ad esercitare il
potere”, si elevano a “potere” azioni, mobilitazioni che sono
sindacali, sociali.
Possiamo capire l'entusiasmo giovanile
delle compagne e compagni di Je sò pazzo, verso cui abbiamo anche
rispetto e affetto, ma questo non legittima una trasfigurazione della
realtà, né a prendere “fischi per fiaschi”, per dare spessore
alla propria linea.
In questo, permetteteci di dirlo, c'è
una strana assonanza con le concezioni dei Carc, che chiamano “guerra
popolare già in atto” normali lotte, e se ne autoconvincono sempre
più.
Qualcuno dice che si tratta di una
'politica dei due tempi', questa di Je so pazzo. Ok. Ma quando deve
arrivare il “secondo tempo”? Quando di parla al “popolo” del
“secondo tempo”?
Ancora sul programma. Citiamo qui solo
alcune questioni che “saltano agli occhi”. Anche perchè è
inutile entrare nel merito di tutti i punti del programma che, cari
compagni e compagne, non possono che fare la fine di tutti i
programmi e buone intenzioni elettorali.
Sulla Costituzione. Uno, si spargano
illusioni tra le masse che sia possibile, fermo restando questo
sistema economico e politico capitalista, applicare la Costituzione,
nata dopo una guerra di popolo; due si enfatizza la stessa
Costituzione, che sì nacque dalla Resistenza e fu improntata dallo
spirito della Resistenza, ma fu una mediazione con i partiti della
democrazia borghese, in primis la Democrazia Cristiana – e questo
nessuno lo può dimenticare. Oggi, che non è neanche più una
mediazione perchè manca la “gamba comunista”, non è
rivendicando la sua applicazione che si “ritorna alle origini”,
perchè contro il “moderno fascismo” ci vuole oggi una Nuova
Resistenza.
Sull'Unione Europea, senza un'analisi
leninista dell'imperialismo si diffondono banalità o peggio si
assumono posizioni socialscioviniste travestite da “sinistra”,
secondo cui vi sarebbe una “Europa” che decide per l'Italia, e
quindi il contrasto diventa “chi decide, cosa”, invece che lotta
all'imperialismo, a partire dal nostro.
Su pace e disarmo, si avvalora la
favola che l'Italia fa la guerra, si arma, perchè è “subordinata”,
da cui la proposta – vecchia solfa dei partiti riformisti da sempre
- di “fuoriuscita dai trattati militari” e di una diversa
“politica di disarmo, neutralità e cooperazione internazionale”.
L'interesse in proprio dell'Italia imperialista sparisce. Questo
porta a mistificare la realtà e a fare un programma presentato come
espressione nuova delle battaglie ma che in realtà è vecchio e
logoro ed è fatto incollando “programmi elettorali” di forze che
hanno finalmente trovato una realtà giovane, dinamica che li
rivernicia per farli apparire loro e i loro programmi come nuovi.
Sulle donne. Si considera NUDM, la
“forza politica che tiene insieme e traduce percorsi di liberazione
dal dominio di classe, di genere, di razza e orientamento sessuale”
- cosa affatto vera, soprattutto per quanto riguarda la “classe”.
Nudm è espressione ed esprime nei programmi, nelle stesse
mobilitazioni, le posizioni e le aspirazioni del femminismo piccolo
borghese, e anche medio borghese. Le proletarie sono al massimo
“individue della marea” o fanno da sfondo. Questo è emerso
chiaro anche nello “sciopero delle donne” dell'8 marzo scorso, in
cui ciò che era realmente “invisibile” per queste femministe era
la condizione e la lotta delle operaie, delle braccianti, delle
immigrate dei servizi, delle precarie ultrasfruttate, ecc. Il
movimento che Nudm ha messo in campo è effettivo, ma all'interno c'è
una sinistra, un centro, una destra; un femminismo borghese, piccolo
borghese e (poco) femminismo proletario, Ma questo viene coperto,
taciuto dalle compagne e compagni di Je sò pazzo. E ciò che unisce
la lista di “potere al popolo” a quella di Nudm è la
logica-guida, quella di cambiare dall'interno questo sistema
capitalista, anzi il “dominio” di questo sistema. Ma
questo, da che mondo è mondo, si chiama riformismo, che per le donne
che hanno doppie catene e tutta la vita da cambiare, dalla terra al
cielo, è una doppia fregatura.
Sull'ambiente.
Non si usa mai la parola imperialismo, leggi del capitale. Ma perchè
anche qui per Je sò pazzo, alla stregua di tanti “ambientalisti
borghesi”, il problema non è più il sistema capitalista,
imperialista in sé che va combattuto e rovesciato, ma il “modello
capitalistico predatorio”; con ancora un uso di aggettivi che di
fatto non solo attenuano la denuncia del sistema in sé per sé, ma
pongono la questione di un cambiamento dall'interno, della serie: se
c'è un modello non predatorio, allora questo sistema può
salvaguardare l'ambiente... Tant'è che si parla di “pianificazione
democratica su scala nazionale e internazionale”, sciorinando poi
una serie di obiettivi che si possono ritrovare in altre liste
elettorali e che mai hanno cambiato o anche migliorato l'ambiente.
Sulla
nuova questione meridionale. Ritroviamo la stessa concezione di
sopra. Un capitalismo, un intervento dello Stato borghese che si può
modificare. Insieme ad alcune questioni inaccettabili per chi fino a
poco tempo fa si definiva rivoluzionario: la ripresa dei “luoghi
comuni” piccolo borghesi su “modello di economia alternativo”,
con la favola che nel Sud c'è turismo e cultura. Per cui da un lato
si imbroglia come se “l'economia alternativa” non è sempre fatta
dal capitale e in essa non agisce sempre la sola logica del profitto
(con altrettante devastazioni territoriali, ipersfruttamento, ecc.);
dall'altro si fa un'analisi del Sud stereotipata, da “libro
Mondadori”, quando nel sud ci sono da vari decenni le fabbriche più
grandi e produttive dell'Italia (dall'Ilva alla Fca, alla
cantieristica, ecc.) e nel sud c'è più classe operaia che altrove.
Sulla
Giustizia. Siamo al facile della denuncia della repressione sociale.
Viene espunta la repressione politica verso le lotte politiche, verso
i rivoluzionari, verso gli antifascisti, che è il cuore dello Stato
di polizia, nel moderno fascismo.
Altre
questioni si possono aggiungere, ma il problema è la posizione,
concezione generale che guida questa scelta.
Su
essa, bisogna dire, che se con la questione della presentazione alle
elezioni, ha fatto un salto di “qualità” che rischia di portare
ad un cambio di natura definitivo dei compagni “storici” di Je sò
pazzo, CCW, non è che non ha avuto negli anni scorsi delle
avvisaglie.
E,
secondo noi, le avvisaglie, in termini analitici, teorici, politici,
sono in quel lavoro del CCW che ha prodotto il libro “Dove sono i
nostri?” (che ha avuto molto successo in una parte del movimento).
Per
questo invitiamo i compagni, le compagne, i rivoluzionari a rileggere
la critica che allora (in tempi non sospetti e in cui le cose
positive si equilibravano a cose negative) facemmo al libro.
https://proletaricomunisti.blogspot.it/2014/12/pc-8-dicembre-un-primo-commento-un.html
https://proletaricomunisti.blogspot.it/2014/12/pc-8-dicembre-un-primo-commento-un.html
Infine,
alcune precisazioni. Nelle assemblee ogni tanto si cita Lenin per
dire che anche il partito di Lenin si portò alle elezioni. Ma,
primo, qui si sorvola bellamente sulla fase storica di polarizzazione
tra espressioni organizzate del proletariato e forze borghesi (cosa
che oggi è da costruire, e non certamente sul terreno elettorale, ma
su quello della lotta politica del proletariato, diretta dai
rivoluzionari, dai comunisti); secondo, era ben chiaro il rapporto
tra tattica e strategia (cosa che attualmente invece si dà valore di
strategia alla tattica – sempre se vogliamo concedere di chiamare
“tattica” la presentazione della lista “potere al popolo”);
terzo si glissa sul fatto, centrale e strategico, che intento Lenin e
i comunisti erano impegnati nella costruzione del partito bolscevico,
nella lotta ferrea e aperta contro l'opportunismo, l'economicismo
(mentre oggi è proprio l'opportunismo riformista che ha buon gioco
nella scelta di “potere al popolo”).
Negli
anni 70 in Italia ci furono anche esperienze di presentazioni di
liste elettorali da parte di rivoluzionari, anche di comunisti mlm;
ma esse erano chiaramente in funzione di utilizzare anche gli
strumenti più ampi di “democrazia elettorale” per parlare alle
grandi masse di rivoluzione, per fare propaganda rivoluzionaria, per
abbattere le illusioni elettoraliste tra le masse. Cioè i
rivoluzionari si presentavano ma per denunciare la via elettorale e
per organizzare e chiamare i proletari e le masse popolari a scendere
sul terreno della politica rivoluzionaria.
MC
MC
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