“La Libia è una
polveriera”, tornano a scrivere i giornali dopo l'attacco
all'oleodotto che dai campi della Cirenaica, 400 Km a sud di Bengasi
porta petrolio grezzo al terminale di El Sider sulla costa. Si tratta
di un oleodotto gestito dalla compagnia Al waha Oil che è una
sussidiaria della Noc – National Oil Corporation – compagnia di
Stato che opera in Joint Venture con le compagnie americane Hess
Corp, Marathon Oil Corp e Conocophillips.
L'attacco viene addebitato
all'Isis. Ma non è questo il problema. E' un attacco giusto e
necessario. Tutti coloro che lottano contro i signori della guerra,
le multinazionali imperialiste e gli Stati imperialisti presenti in
Libia devono intensificare la loro lotta e i loro attacchi al cuore
del problema della questione libica: il controllo del petrolio.
L'attacco smentisce
apertamente il generale Haftar che si vuole accreditare come colui
che aveva preso in mano il controllo dei siti strategici in
Cirenaica; Haftar è il referente del governo italiano e di Minniti
nella gestione dell'intervento imperialista italiano in Libia; Haftar
è al centro della contesa e della collusione tra Italia e Francia,
ed è uomo anche legato ad Al Sisi-Egitto.
Per questo noi siamo
favorevoli che la polveriera Libia esploda e diventi un inferno per i
signori della guerra e gli imperialisti.
Proprio in questi giorni
il direttore della Noc, la Compagnia di Stato attaccata, si era
incontrato a Tripoli con il responsabile dell'Eni per l'oleodotto
upstream per il Nord Africa. L'incontro era per
riavviare i progetti,
ed è a questi interessi che serve l'intervento italiano in Libia,
altro che “terrorismo”, “gestione migranti”...
In Libia l'Eni gestisce
attualmente l'impianto di Mellitah Gas proprio insieme alla Noc, e
qui per la sicurezza dell'impianto si avvale di forze locali –
leggi bande locali – e contractor-mercenari. E' questo insieme di
interessi economici e strategici che hanno reso la Libia un campo di
battaglia, è questa presenza economico militare che fa da ragione
finale all'inferno schiavistico e di morte dei migranti che alla
Libia devono arrivare nella loro “fuga per la libertà” da tutto
il centro Africa.
Noi alla luce anche di
quello che sta succedendo in queste ore torniamo a chiedere forte il
ritiro immediato di ogni presenza italiana in Libia, ma ben sapendo
che il governo imperialista italiano, qualunque sia il suo colore e
il suo nome, qualunque sarà l'esito delle elezioni, non vuole
rinunciare alla presenza in Libia e alla contesa che in essa si
sviluppa.
Per questo noi sosteniamo
tutti gli attacchi agli interessi imperialisti nella zona, tutti gli
attacchi alle multinazionali italiane e alle truppe italiane
presenti, e vogliamo che l'imperialismo italiano affondi nel pantano
libico.
Mentre nello stesso tempo
ci battiamo e facciamo appello perchè in Italia si sviluppi un
autentico movimento contro l'intervento imperialista in Libia (e ora,
naturalmente, anche in Niger – di cui parliamo a parte).
Ma questo movimento ancora
non si sviluppa anche per le posizioni presenti nel movimento di
opposizione alla guerra nel nostro paese; e qui non ci riferiamo
solamente al pacifismo impotente che sempre c'è, ma soprattutto a
quelle forze che conducono la lotta ma su posizioni sbagliate. Il
fronte Eurostop è sì attivo nel movimento contro la guerra e
l'imperialismo, ma la posizione erronea che vede nell'Europa la causa
di tutto assolve di fatto il ruolo specifico dell'Italia imperialista
e non contribuisce a una lotta reale che lo individui come nemico
principale. Così come appare chiaro che la dispersione di forze per
la campagna elettorale è un modo per non cogliere la vera battaglia
da fare che non può essere, su questo terreno, in nessuna maniera
elettorale.
Ma non basta questo.
Costruire un movimento contro l'intervento imperialista necessita che
l'obiettivo politico di questo intervento sia il governo, lo Stato e
in particolare gli uomini impegnati in prima fila in questo
intervento, Minniti, la Pinotti, le strutture militari di questi
interventi e infine l'Eni padrino di tutto questo.
Questo corrisponde al vero
internazionalismo, è questo l'obiettivo che bisogna porsi nello
sforzo di organizzare un movimento di massa.
Infine, altre due
questioni sono importanti. Prima di tutto la questione dei migranti.
Il controllo della Libia da parte dell'imperialismo è una nuova
grande prigione omicida dei migranti, e quindi è l'habitat della
mobilitazione nel nostro paese che ha visto anche recentemente una
manifestazione molto partecipata a Roma. Esiste un legame organico
tra difesa delle condizioni dei migranti, accoglienza, diritto
d'asilo, Ius soli, ecc. e battaglia antimperialista come questa della
Libia. Separarle non è possibile.
Secondo, l'attacco
all'oleodotto, da cui siamo partiti, ha gettato immediatamente nel
panico il mercato mondiale del petrolio, con rialzi del prezzo;
quindi esso ha un nesso inestricabile con la crisi economica
mondiale. Coloro che parlano di ripresa sappiano che questa ripresa è
legata indissolubilmente alla pacificazione imperialista nelle aree
del petrolio, ma la pacificazione impossibile è la mina vagante del
suo nuovo acutizzarsi, perchè in Libia, come altrove, si combatte
anche una guerra interimperialista per interposta persona.
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