La terra ha tremato e un pezzo di
provincia italiana si è fatta polvere. Terremoti, alluvioni, tornado ci
restituiscono ogni volta la fragilità e la precarietà del nostro
essere-nel-mondo e ci ricordano – nel caso ce ne fosse bisogno – quali
siano i rapporti di forza in campo.
Fenomeni naturali, dicono. E la natura
non risponde che al suo ordine. Al massimo, se si ha la fantasia di
credere in qualche divinità ordinatrice, si possono innalzare preghiere e
riti per ingraziarsi il favore degli dei. Dei, perché nonostante il XXI
secolo, il cielo sembra più popolato che mai.
Ogni cataclisma è un atto sublime: la
feroce bellezza della natura che si riprende i suoi spazi, il terrore e
l’orrore dei cadaveri che restituisce nel farlo. “Qui comanda l’acqua,
comanda il vento, il moderno ha un ruolo subalterno”, cantava qualcuno.
Se è veramente così, se non possiamo che
essere subalterni e quindi accettare
che la relazione tra uomo e natura si dia in termini di mero destino, allora, non dobbiamo fare altro che voltare lo sguardo verso i nostri cari, abbracciarli, ringraziare la buona sorte e andare avanti. Per Grazia Ricevuta.
che la relazione tra uomo e natura si dia in termini di mero destino, allora, non dobbiamo fare altro che voltare lo sguardo verso i nostri cari, abbracciarli, ringraziare la buona sorte e andare avanti. Per Grazia Ricevuta.
La grazia estingue la colpa (il debito),
ma le responsabilità restano. Forse a questo pensava un nostro
connazionale, il geologo Antonio Stoppani, quando nel 1873 disse che
esisteva una nuova forza tellurica: l’attività umana e che ad essa vanno
attribuite le cause principali delle modifiche territoriali,
strutturali e climatiche. Antropocene, dicono dagli ’80 del secolo
scorso gli studiosi. Ecco allora che il moderno ci appare meno
subalterno.
Da un punto di vista ontologico, l’uomo è
stato, è e sarà natura. L’essere-in-vita è il punto di intersezione tra
ciò che genericamente chiamiamo natura e uno dei suoi specifici,
l’individuo concreto. L’essere umano però ha come elemento costitutivo –
ancora ontologia – la capacità di modificare la natura; quella tensione
prometeica di “trans-formare”, cioè di dare forma al mondo che lo
circonda. A propria immagine e somiglianza, mutuando un noto
best-seller.
Se questo è vero, allora, cade ogni
distinzione tra artificiale e naturale. E’ la così detta natura umana a
creare artifizio, a essere produttiva, ad oggettivare necessità e
desideri. In ultima istanza a determinare potere.
Il punto è proprio questo, il potere,
ovvero il sistema economico-produttivo che tiene in-forma il nostro
tempo: capitalismo estrattivo. Cosa sono le trivellazioni che rendono i
fondali marini una groviera se non estrazione di valore finalizzato al
profitto privato? Ecco perché la ricerca di idrocarburi tra
Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia tramite la tecnica
dell’air-gun è un atto criminale, soprattutto ora che gli olandesi hanno
dimostrato il nesso tra queste tecniche estrattive e l’aumento dei
terremoti.
Il territorio, cioè quello straordinario
intreccio tra natura e cultura, è oggi considerato una merce, un
carburante per poter mandare avanti la macchina del profitto. E’ la vita
stessa, al di là della forma in cui si manifesta, che è diventata
merce. Parole di uso quotidiano come “riqualificazione”, cioè la
valorizzazione delle risorse disponibili in un determinato territorio o
come “gentrificazione”, cioè il restauro di un’area degrada tramite il
cambio di destinazione d’uso, oggi hanno lo stesso timbro tetro della
parola “riforma”. Tutte comportano, nella realtà, un peggioramento
complessivo delle condizioni comuni di vita, a favore del miglioramento
dei profitti delle “cricche”, delle “caste” e dei vari comitati
d’affari.
“Quando cade un uomo si rialzano i
mercati”, diceva il poeta. Quanto sia vera questa frase lo sanno bene
gli aquilani che hanno sentito gli sciacalli ridere e brindare, mentre
309 persone morivano sotto le macerie di un cemento fatto con troppa
sabbia. Per risparmiare, ovviamente. E visto che ci siamo, rivedere le
facce di Bertolaso e Berlusconi è insopportabile quanto la bile vomitata
da Moroni e amplificata dai social network contro i migranti.
Lo spazio urbano, le zone rurali, il
paesaggio che dai monti passa alle colline, attraversa le pianure,
arrivando fino al mare sono diventati dei luoghi di consumo e non di
radicamento, fatti a misura di utente e non di abitante. Di conseguenza,
se le misure antisismiche in zone sismiche sono considerate, nei fatti,
un costo eccessivo è perché, ancora una volta, il male è banale.
Infatti, è la logica dell’emergenza come
nuovo strumento di normazione sociale e di accumulazione di profitto ad
assolvere con formula piena ogni divinità e ogni ordine cosmologico.
Dio è morto ed è morto innocente, perché le catastrofi naturali non
esistono più. Esiste qualcosa di umano, troppo umano, che si dà sotto la
forma di un potere securitario e gestionale, completamente svincolato
da ogni norma, fondato su decisioni e disposizioni che affrontano le
situazioni come specifiche – logica dell’evento – e che riguardano
l’ordine funzionale delle diverse parti della struttura urbana e del
copro sociale. E’ la necessità, l’emergenza, a giustificare l’eccezione
trasformandola in regola. E’ l’eccezione che permette poi di addurre
“plusvalenza a colpi di cemento, Pm10 e connivenza”.
Di solidarietà non saremo mai sazi e
quella che ha investito la nostra regione come le altre colpite dal
sisma, così come fu due anni fa per l’alluvione, è straordinaria. Ma
ogni volta che si cura una ferita bisogna sapere sia qual era la mano
che ha mosso il fendente, che come far sì che non si riapra. Bisogna
sapere che il problema è il sistema e non il clima e che la quota di
distruzione, dolore e morte che terra, aria, acqua e fuoco ciclicamente
ci impongono, non sono che una delle tante orribili facce dello
sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Centri Sociali delle Marche
Nessun commento:
Posta un commento