Gli operai della Bridgestone Bari dicono NO a padroni-istituzioni e sindacati confederali ipocriti - ma senza organizzarsi per la lotta nello Slai cobas per il sindacato di classe a settembre l'accorso passerà
.. gli operai hanno
respinto il dimezzamento dei salari. i sindacati confederali e prima del referendum
hanno concordato con l’azienda una bozza di intesa, lasciando credere agli
operai che in cambio del dimezzamento del salario, sarebbero stati cancellati
187 esuberi dopo che 190 si sono già autolicenziati con l’incentivo.
Ha vinto il no al
referendum: gli operai della Bridgestone di Bari sono indisponibili a trattare
sul taglio degli stipendi. Il risultato della consultazione interna
all’azienda sulla riduzione degli elementi salariali ad personam(come gli
scatti di anzianità) per 683mila euro su una riduzione totale di 4
milioni 185mila euro, da avviare dal primo gennaio prossimo, è netto: su 582
votanti (altri 166 non
hanno partecipato alla consultazione), pari al 77,8 per cento dei dipendenti, si contano 343 no, 235 sì e quattro bianche.
hanno partecipato alla consultazione), pari al 77,8 per cento dei dipendenti, si contano 343 no, 235 sì e quattro bianche.
Il no prevale quindi con
il 58,93 per cento dei voti, contro il 40,37 per cento dei sì.
Si chiude così una un
mese infuocato nello stabilimento barese alle prese con gli ultimi tagli da effettuare
entro fine anno per rispettare l’accordo del 2013, quello che salvò la fabbrica dalla
chiusura. Ora la palla passa di nuovo all’azienda. “La riduzione di emolumenti personali –
dice Filippo Lupelli (Uil) – per legge spetta solo al lavoratore, non all’azienda con atto
di imperio. Noi avevamo avvisato Bridgestone di togliere questi elementi dal tavolo della
discussione. Il timore è che ora questo sia un pretesto dell’azienda per
mascherare la volontà di andar via a prescindere, scaricando sui lavoratori la scelta della
chiusura di Bari”.
Quel che è certo è che
con il referendum si mette a rischio una bozza di intesa, una ipotesi di accordo che
l’azienda aveva sottoposto ai sindacati appena una settimana prima al
ministero dello Sviluppo economico. In quell’occasione la trattativa fra le parti
era andata avanti fino a sera inoltrata. Sul tavolo la questione che scotta di più
riguarda i 187 esuberi che l’azienda vorrebbe confermare entro la fine dell’anno.
Il problema risale all’accordo del settembre 2013, nel quale, per evitare la
chiusura definitiva dello stabilimento barese, si concordò l’esubero
incentivato di 377 dipendenti. A oggi però
sono andati via
volontariamente dall’azienda in 190. Restano quindi altri 187 esuberi
da risolvere.
Al tavolo del Mise
l’azienda si era mostrata inflessibile sia sul numero sia sulla data
finale di chiusura degli esuberi, ovvero il 31 dicembre 2015, ma si
era mostrata più dialogante sull’indennizzo da corrispondere ai
lavoratori disponibili a uscire dall’azienda, proponendo loro ulteriori
20mila euro a dipendente oltre agli incentivi già previsti nel vecchio
accordo. Prima di chiudere la vicenda già in quella sede, però, i
sindacati avevano deciso di chiedere la parola ai dipendenti sull’altro
pezzo di tagli previsto dall’accordo, quello da oltre 600mila euro in
emolumenti personali sugli stipendi dei lavoratori.
In questo senso il
risultato del referendum è inequivocabile.ora chiude lo stabilimento, si va in
ferie. Il prossimo incontro fra le parti fissato in agenda è quello del 2
settembre a Roma al Mise.
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