Documento. Accordo Malta-Libia: insieme daranno la caccia ai migranti. Con i soldi Ue
Centrali operative e pattugliamenti congiunti. Fonti
Onu: è una regolazione dei respingimenti illegali. Intanto Frontex
smentisce l’inchiesta di Malta sulla “Strage di Pasquetta”
Dopo la scoperta degli accordi segreti con Tripoli, siglati tre anni fa, Malta ha deciso di uscire allo scoperto negoziando un memorandum
siglato dal premier Robert Abela, fresco di archiviazione per le accuse
di respingimento, e il presidente libico Fayez al Sarraj.
E’ prevista la creazione di "centri di coordinamento" nel porto di Tripoli e a La Valletta che saranno operativi da luglio. In realtà le operazioni congiunte andavano avanti da anni, ma adesso sono state ufficializzate. Le strutture congiunte "forniranno il sostegno necessario alla lotta contro l'immigrazione clandestina in Libia e nella regione del Mediterraneo", si legge. Inizialmente Malta finanzierà interamente l’attivazione delle centrali operative, ognuna delle quali sarà guidata da tre funzionari dei rispettivi governi. Fin da subito, però, il premier Abela si impegna a ottenere
dall’Ue fondi aggiuntivi da destinare alla cosiddetta Guardia costiera libica, che verrà ulteriormente equipaggiata.
Nessuna menzione si fa riguardo alla necessità di ristabilire il rispetto dei diritti umani nei campi di prigionia libici.
L’unico scopo, come del resto è sempre stato in questi anni anche per Italia e Ue, è quello di trattenere i profughi in cattività, a qualunque costo. "L'UE ha la responsabilità di raggiungere un accordo globale con la Libia", c’è scritto nell’accordo che, di fatto, appalta a Malta e Libia il controllo dell’intero Canale di Sicilia, ad esclusione delle ultime 12 miglia territoriali dalla costa di Lampedusa. Malta, lo stato più piccolo dell'Unione Europea (Ue) per dimensioni e popolazione, si è lamentato da tempo di essere costretto ad assumere da solo la responsabilità dell'arrivo dei migranti dalla Libia, un paese in guerra che secondo l’Onu in alcun modo può essere ritenuto un “porto sicuro”.
Nelle settimane scorse una nuova serie di inchieste giornalistiche internazionali ha permesso di accertare che non solo Malta ha messo in mare da tempo una flottiglia di “pescherecci fantasma” incaricati di intercettare i barconi e ricondurli in Libia, ma che spesso le Forze armate dell’isola equipaggiano i gommoni, anche con motori nuovi, affinché raggiungano le coste siciliane.
Nei
giorni scorsi il Tribunale dell’isola aveva archiviato il procedimento
contro il premier laburista Robert Abela e il capo delle forze armate,
accusati della morte di 12 migranti nella “strage di Pasquetta”. Forte
di questa “assoluzione”, Abela si è recato a Tripoli per sigillare
l’intesa con il presidente al-Sarraj. Ma proprio uno dei punti
chiave utilizzati dal giudice Joe Mifsud per cestinare le accuse, ieri è
stato categoricamente smentito dall’agenzia Ue Frontex che ha risposto
per iscritto alle domande di Avvenire. Secondo il
magistrato, infatti, il coordinamento dei soccorsi in qualche misura era
attribuibile non a Malta ma a Frontex che aveva individuato con un suo
aereo i barconi. Da Varsavia, rispondendo con una nota ad “Avvenire”,
l’agenzia ha precisato che “è il centro di salvataggio appropriato, non
Frontex, a decidere se chiedere assistenza a qualsiasi nave della zona. E
Frontex non aveva navi vicino a quest'area”. La responsabilità di
intervenire, dunque, era di innanzitutto di Malta che invece per giorni
ha ignorato gli Sos e ha poi inviato un motopesca quando oramai 7
persone erano affogate e altre 5 sono morte di stenti durante il
respingimento dalle acque maltesi verso la Libia.
Nel
fine settimana di Pasqua l’aeroobile Eagle 1, tracciato e segnalato dal
giornalista Sergio Scandura di Radio Radicale “stava svolgendo -
spiegano da Frontex - una missione di sorveglianza ben al di fuori
dell'area operativa dell'Operazione Themis di Frontex”. Nella nota
un portavoce dell’agenzia Ue precisa poi che “Frontex gestisce
operazioni congiunte, nonché la sorveglianza pre-frontaliera, che veniva
eseguita dall'aereo in questione”. Secondo questa ricostruzione, che
avrebbe meritato maggiore puntiglio investigativo anche per accertare
eventuali responsabilità esterne a Malta, “in linea con il
diritto internazionale, Frontex ha avvisato i centri di soccorso
competenti dell'avvistamento di una nave che riteneva necessitasse di
assistenza”, si legge ancora. Parole che hanno un significato
preciso e costituiscono un’accusa verso chi era stato informato e doveva
prestare quell’assistenza negata per giorni. Le
autorità italiane hanno apposto il segreto alle comunicazioni
intercorse. Silenzio che potrebbe essere presto scardinato da indagini
giudiziarie. Lo stesso per Malta, che neanche nell’atto conclusivo
dell’inchiesta ha voluto rendere pubbliche le comunicazioni con Roma e
con Frontex che a sua volta ribadisce ad Avvenire che “è il centro di
salvataggio appropriato, non Frontex, a decidere se chiedere assistenza a
qualsiasi nave della zona. Tuttavia, desidero sottolineare qui che
Frontex non aveva navi vicino a quest'area”.
Il memorandum sta creando non poco dibattito nei
vertici della Marina militare italiana. A Tripoli, infatti, si trova la
nave Gorgona, ufficialmente incaricata di assistere la cosiddetta
guardia costiera libica per conto di Roma. E certo i marinai italiani
non vogliono finire a fare gli addetti alla manutenzione delle
motovedette donate dall’Italia ma che tra pochi giorni si coordineranno
con Malta. «Mentre l’obiettivo dichiarato nell’accordo vi è il
benessere del popolo libico e di quello maltese, il benessere delle
principali vittime, cioè migranti, richiedenti asilo e rifugiati, non
viene mai menzionato», ha commentato sul portale cattolico
Newsbook il giudice maltese Giovanni Bonelli, già membro della Corte
europea dei diritti dell’uomo. «Si potrebbe pensare - aggiunge - che
questo memorandum si riferisca all'estrazione di minerali, non a degli
esseri umani».Fonti delle Nazioni Unite contattate da
“Avvenire” hanno reagito a caldo considerando l’intesa come una
«regolamentazione di fatto dei respingimenti illegali».
Negli anni scorsi più volte Avvenire ha documentato, anche con
registrazioni audio, il collegamento diretto tra la Marina italiana e
la Guardia costiera libica. Ma ora Malta si spinge oltre,
ufficializzando una alleanza operativa che inoltre rischierà di causare
conflitti con l’operazione navale europea Irini a guida italiana. Fonti
delle Nazioni Unite contattate da Avvenire hanno reagito a caldo
considerando l’intesa come una “regolamentazione di fatto dei
respingimenti illegali”.
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