mercoledì 18 marzo 2020

pc 18 marzo - CORONAVIRUS - DALLE FABBRICHE DI AMADORI

Da La Bottega del Barbieri
di Davide Fabbri

Occorre rallentare la produzione. Occorre ridurre il numero degli operai e degli impiegati sul posto di lavoro. Sia nei reparti dello stabilimento Avi.Coop a San Vittore di Cesena, che nello stabilimento di Santa Sofia. E’ urgente la messa in sicurezza dei reparti.
Al primo posto – in maniera assoluta – viene la salute. Solo dopo vengono il profitto e la rendita del Gruppo Amadori. Nessuna commessa vale più della salute dei lavoratori.
La situazione emergenziale da Covid-19 deve imporre ad Amadori misure scrupolose per garantire la sicurezza e la salute di chi si reca al lavoro.
I lavoratori sono fortemente preoccupati per le scarse condizioni di sicurezza. Il loro stato d’animo è di forte paura, angoscia, incertezza.
Molti di loro sono arrabbiati poiché stanno chiedendo inutilmente provvedimenti urgenti e massime
garanzie per lavorare a contatto con altri colleghi senza ammalarsi di Covid-19.
Ai sensi dell’accordo nazionale sulla sicurezza del 14 marzo scorso fra Governo, Imprese e Sindacati, le aziende non sono obbligate a sospendere la propria attività a causa della pandemia ufficializzata dall’OMS. Chi rimane aperto – però – deve garantire tutte le misure di sicurezza per i lavoratori, garanzie attualmente non presenti all’interno degli stabilimenti di Amadori: distanze di sicurezza e presidi necessari per non essere contagiati.
Questo perché il luogo di lavoro non può trasformarsi in un luogo di contagio. Se non si è in grado di garantire rigorosamente la sicurezza dei lavoratori, l’azienda deve sospendere la propria attività.
Nello stabilimento di San Vittore di Cesena i dipendenti sono circa 2.600 e lavorano suddivisi in diversi reparti produttivi (macello, taglio polli, tacchini, elaborati crudi, wurtstel, prodotti speciali, spedizioni, magazzini).
Tanti lavoratori del gruppo Amadori lavorano a Santa Sofia, nello stabilimento dell’ex “Pollo del Campo” (azienda acquisita nel 2005).
Le forti criticità segnalate dai lavoratori sono:
– Difficoltà a garantire le distanze di sicurezza degli operai all’interno delle linee produttive (e negli uffici) poiché non sono state allargate le postazioni di lavoro nelle linee di produzione.
– Le mascherine protettive consegnate ai lavoratori non sono adeguate al caso: sono quelle antipolvere FFP1, insufficienti per proteggere dal virus.
– I lavoratori devono avere tutti i DPI (Dispostivi di Protezione Individuali) adeguati; è possibile infatti che si rechino al lavoro persone contagiate positive asintomatiche o con sintomi simil influenzali lievi, che possono inconsapevolmente provocare danni gravi; pertanto è necessario utilizzare mascherine adeguate e omologate FFP3 o FFP2 con marcatura CE.
– Assembramento dei lavoratori nelle aree comuni: spogliatoi nei cambi/turno e sale ristoro/mensa non molto capienti.
– Organizzazione e turni di lavoro. In diversi reparti vi sono tre turni di lavoro giornaliero, con un turno notturno; tutto ciò sta servendo a poco, non è sufficiente: quello che serve è il rallentamento della produzione e il ridimensionamento del numero dei lavoratori presenti sul posto di lavoro.
Occorre pertanto ridurre il numero dei lavoratori da far convogliare sul posto di lavoro, rallentare la produzione, sospendere parzialmente le attività non ritenute prioritarie.
In gioco non c’è “solo” la salute dei tanti lavoratori che si recano sul posto di lavoro a San Vittore di Cesena e a Santa Sofia, ma di tutte le nostre comunità; perché continuare a uscire di casa per andare al lavoro aumenta notevolmente il rischio di contagio.
Cesena, 17 marzo 2020

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