Riportiamo alcuni passaggi, più emblematici, di un'intervista a Landini sul "Patto sul lavoro".
La linea è dell'unità di interessi tra padroni e operai, per cui il bene dei primi è condizione del "bene" dei secondi (leggi, delle "briciole" solo per un'aristocrazia operaia sempre più ristretta e peggioramento in termini di lavoro, condizioni di lavoro, salari, diritti per la maggioranza dei lavoratori).
Il "nuovo clima tra imprese e sindacati", tra Boccia/Confindustria e la Cgil di Landini si basa, quindi, su questo nuovo patto corporativo (dopo il "Patto di fabbrica), la cui contropartita per la Cgil, e Cisl e Uil, è la riaffermazione, questa volta formalmente registrata, del monopolio sindacale dei sindacati confederali per far fuori i sindacati di base e organismi autorganizzati dei lavoratori che lottano realmente.
Per il padronato si tratta di avere in questi sindacati una spalla "sempre più fedele" e utile, sia per tenere sotto controllo lotte e proteste dei lavoratori, sia nei confronti di un governo, al momento ancora non affidabile, soprattutto per i lavori delle grandi opere (vedi Tav, ecc.) che vogliono dire grandi profitti.
Su questo i padroni trovano nella Cgil di Landini il loro supporter, che addirittura - vedi la risposta sulla riforma del sistema degli appalti - fa una separazione tra il subappalto (mafioso) e le grandi imprese, quando dietro ogni subappalto ci sono le grandi imprese.
La Cgil di Landini su questo è la più attiva, più realista del re. Tutta la "grinta" movimentista di Landini ora viene usata non per spostare più a sinistra la Cgil, ma per questo nuovo "patto col capitale".
Landini dice che "insieme possiamo mettere al centro il tema del lavoro", proprio quando il lavoro è attaccato dai padroni, grandi, medi, piccoli, proprio quando il "lavoro normale" diventa sempre più, a partire dalle grandi imprese, a termine, "usa e getta", con salari sempre più impoveriti, in cui al massimo i minimi aumenti/elemosine sono legati all'assoggettamento fisico e anche mentale (perchè il padrone vuole tutto), all'accettazione di maggior produttività/sfruttamento. Quindi, per un sindacato che si dica tale il tema del "lavoro" non può essere "insieme" ma "contro" - Ma su questo è significativa la risposta che Landini dà sulla situazione nelle fabbriche Fiat/Fca, in cui l'unico appunto è che non sarebbe chiara la "strategia" e la mancanza di un "indirizzo politico del governo" (contrapponendo a questa mancanza "l'impulso" dato dai governi degli altri paesi, arrivando a citare come positiva la situazione degli Usa a guida Trump...), quando ciò che è chiaro è invece proprio la strategia, di tagli, ridimensionamenti, cassintegrazione perenne, o carichi, turni di lavoro insopportabili, contro cui gli operai di Pomigliano hanno scioperato, trovando proprio i sindacati confederali contro.
Ultima nota. La posizione espressa da Landini sull'Europa, dove nell'intervista arriva a dire sulla questione dei migranti le stesse cose del governo razzista Salvini/Di Maio: "Servono poi politiche di condivisione vera dell'immigrazione (l’Italia non può essere lasciata sola come è stato fatto finora)".
DALL'INTERVISTA
di Alberto Orioli 03 marzo 2019
Si sta creando un clima nuovo tra imprese e sindacati? Dove vede le maggiori convergenze?
So che insieme possiamo mettere al centro il tema del lavoro, il lavoro di qualità e non quello precario che nel frattempo è aumentato. E so che per fare questo bisogna prima dare attuazione al
Patto della fabbrica con cui abbiamo già concordato nuove regole per la rappresentanza e per tracciare nuovi perimetri dei contratti (anche per ridurli di numero). Bisogna che sindacati e imprese chiedano con forza al ministero di applicare le convenzioni che, tramite Inps, possano certificare la reale rappresentanza di chi firma gli accordi...
Lei parla anche di investimenti. Che sono anche la priorità delle imprese.
Gli investimenti sono la via principale per creare il lavoro, quello vero. Servono investimenti pubblici in dosi massicce e anche investimenti privati. Che non sono stati sufficienti nonostante le imprese abbiano avuto incentivi in quantità mai vista prima...
...In questi anni di forti incentivi non tutto è tornato agli investimenti, alcune imprese hanno preferito la speculazione finanziaria o le scelte immobiliari. E il lavoro si è impoverito e si è allargata anche l’area del lavoro precario e poco remunerato.
Resta il fatto che bisogna affrontare il tema della produttività da cui dipende anche quello dei salari. E su questo le parti sociali possono fare molto.
Bisogna però intendersi su cosa sia la produttività. Quella del lavoro è già alta. Non c'è più spazio per organizzare la competitività con la riduzione continua dei costi e dei diritti. Manca l’investimento in innovazione, nel miglioramento del processo di produzione, nell’organizzazione. Mancano spesso nuove sfide produttive che guardino alla sostenibilità e alle tecnologie digitali.
Anche in questo caso non si può generalizzare. Manca anche la produttività che deriva dall’efficienza complessiva del Paese. Dal suo livello di istruzione, di infrastrutture, di qualità del capitale umano. Conta anche la politica fiscale. E il rilancio dei salari e degli investimenti passa anche dalla riduzione del famigerato cuneo fiscale.
Non ho problemi a discutere su come abbattere il cuneo fiscale sulle imprese sul lavoro...
È la patrimoniale?
Non mi voglio impiccare alle definizioni. Penso che vada affrontato il tema dell’evasione fiscale e della tassazione non solo dei redditi. Ci sono moltissimi esempi di altri Paesi europei e non solo, l'importante è il risultato e credo abbia anche senso parlare di tassa di successione...
Il Governo che segnali vi ha dato?
Sembrano continuare in una sorta di autoreferenzialità. Del resto non si consultano con nessuno nemmeno con il Parlamento, che è stato del tutto bypassato in occasione della legge di stabilità. Che resta un legge sbagliata e del tutto inadatta a far cambiare verso alla crescita economica. Il governo pensa alla disintermediazione sociale come hanno fatto anche altri governi che non mi pare abbiano lasciato un grande ricordo. Discutere e trattare con il sindacato è utile perché la complessità dei temi è tale che occorrono interlocutori in grado di comprendere i problemi e le conseguenze delle scelte sulla vita vera.
E allora cosa farete per farvi ascoltare?
... Il 15 marzo è previsto uno sciopero degli edili: è un settore bloccato in una stasi drammatica. Tutti i cantieri sono fermi per colpa delle incertezze del governo sulle infrastrutture. Non c'è un indirizzo strategico.
E quando c'è, come con la Tav, si torna indietro (e anche lei non è mai stato favorevole).
La Tav è sicuramente uno dei temi. Ma la cosa principale è che conosciamo una molteplicità di analisi di costi benefici e di report di segni opposti ma non sappiamo ancora che vuole fare davvero il Governo. Che ha il compito istituzionale di decidere e non lo fa. È questa la cosa più grave. Ma ciò che è più drammatico è che questa incertezza ha bloccato tutti i cantieri e paralizzato un intero settore.
È allo studio la riforma del codice degli appalti proprio per sbloccare almeno una parte di quei lavori. Che ne pensa?
Che se quella riforma serve a ridurre un po' di burocrazia va bene. Ma se serve a ripristinare i subappalti, le finte cooperative le rincorse al ribasso sui costi allora non va bene per niente. Non dimentichiamo che attraverso il subappalto la malavita è riuscita a controllare interi pezzi dell’economia e di territorio. Noi, con le imprese, dovremmo fare una battaglia comune per evitare questa deriva pericolosa...
Gli ultimi dati sul mercato del lavoro consentono di trarre un bilancio del decreto dignità. Come è andata?
Sono aumentati i lavori a part time sono diminuite le ore di lavoro e quindi si è creato un lavoro più povero. Non c'è stata una inversione di rotta nella precarietà. Le stabilizzazioni dei contratti a termine hanno riguardato i lavoratori più anziani mentre per i giovani la disoccupazione è aumentata.
Il reddito di cittadinanza funzionerà?
Con Cisl e Uil abbiamo sempre detto che il tema della lotta alla povertà era sacrosanto. Ma sarebbe stato meglio allargare il raggio d'azione del vecchio Reddito di inclusione. Perché per affrontare la povertà non basta solo l’idea di trovare un lavoro, servono servizi sociali. Aver mescolato questo obiettivo con le politiche attive per il lavoro rischia di far fare male entrambe le cose. Quanto ai centri per l’impiego non credo che saranno i luoghi dove si troverà il lavoro e i famosi navigator saranno dei precari incaricati di trovare ai disoccupati un lavoro stabile. Non mi pare un buon inizio.
E quota 100 è un buon inizio?
Far andare in pensione le persone è un nostro obiettivo Ma noi vorremmo cambiare tutta la legge Fornero, che poi è stata votata da tutto il Parlamento. Non è una vera quota 100 perché, ad esempio, se hai 40 anni di contributi e 60 anni di età non puoi lasciare il lavoro; poi sono state inserite delle finestre anomale, non sono stati considerati i lavori gravosi. Noi vorremmo una riforma più ampia dove immaginare una pensione di garanzia per i giovani e un anno di contributi gratis per ogni figlio di ogni lavoratrice donna e dove immaginare un'età flessibile per l'uscita dal mondo del lavoro...
Sul tema dell'Europa ci sono molte convergenze con il mondo dell'impresa.
Noi pensiamo a un'Europa sociale e dei diritti. L'Europa è un punto strategico irrinunciabile e guai a pensare di uscire dall'euro o dall'Unione. Sono solo boutade inutili. Per arrivare a questa idea di Europa però bisogna cambiare molte cose: bisogna puntare sugli investimenti su larga scala e scomputarli dal calcolo del deficit dei singoli Paesi, e poi bisogna creare strumenti finanziari come gli eurobond che consentano la condivisione del debito continentale se finalizzato alla creazione di misure di sviluppo concreto e di lungo periodo. Servono poi politiche di condivisione vera dell'immigrazione (l’Italia non può essere lasciata sola come è stato fatto finora) e diritti comuni in tema di competitività, penso ad esempio al tema delle delocalizzazioni selvagge. Dentro alla nostra idea di un'Europa sociale c'è anche, specularmente, la nostra contrarietà all'idea di autonomia differenziata di cui si sta parlando da noi. Su istruzione, salute, sicurezza, lavoro non ci possono essere differenze. I diritti sono e devono rimanere uguali per tutti. È per questo che pensiamo alla prossima Festa del 1 maggio dedicata proprio al tema dell'idea di paese e dell'idea di Europa. Entrambe devono restare centrate sulle persone e su un'idea di dignità del lavoro: questo è fondamentale.
Un'ultima domanda. Lei cosa ha imparato dalla battaglia contro Marchionne da cui la Fiom è uscita male?
Non sono d'accordo. La Fiom non ne è uscita male. La Corte costituzionale ha sancito che l’esclusione dalle trattative dei sindacati che non firmavano gli accordi non era costituzionale e serviva una legge sulla rappresentanza. Ciò che conta è vedere cosa sta accadendo ora a quel settore. Noi non abbiamo mai avuto un problema con Sergio Marchionne ma non ci pareva chiara la strategia. E oggi siamo preoccupati per la vendita di asset importanti come Magneti Marelli ad esempio e per il rischio spezzatino per un gruppo tanto rilevante per l'Italia. Manca del tutto un indirizzo di politica industriale del governo mentre i governi di Usa, Francia, Germania e Giappone danno un grande impulso agli investimenti e all'innovazione. Anche in questo caso servirebbe un tavolo di confronto, ma il governo si guarda bene dal convocarlo.
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