mercoledì 28 settembre 2016

pc 28 settembre - H&M: MIGRANTI E ITALIANI BLOCCANO LA FILIERA GLOBALE DEGLI ABITI LOW COST

(Da Terrelibere) 

La logistica tra Pavia e Piacenza era un tipico lavoro da stranieri. Oggi è uno snodo fondamentale della filiera degli abiti a basso costo tra Europa e Asia. Ci lavorano tanti italiani, in gran parte donne. Insieme ai migranti sindacalizzati, chiedono diritti per tutti. Così, un’inedita alleanza di arabi, latini, africani e italiane ha bloccato la produzione di H&M

A che ora inizia il turno? Ti avverte un sms, ma solo qualche ora prima. E puoi cominciare anche alle quattro del mattino. Quando torni a casa? Lo scopri durante la giornata. C’è chi lavora anche dodici ore di fila. La vita privata non esiste più. Chi ha figli è disperata. Nonostante condizioni di lavoro spaventose, se protesti l’azienda minaccia di andare via.

La logistica tra Lombardia ed Emilia – con epicentro Piacenza – era un tipico lavoro da immigrati. Quello che “gli italiani non fanno più”. Poi c’è stata la crisi e il boom dell’e-commerce e dei centri commerciali. È diventato un buon ripiego per tanti italiani. Però il sistema delle cooperative negli anni si è trasformato in una specie di caporalato legalizzato, denunciano alcuni sindacati. Le condizioni di lavoro sono diventate sempre più difficili.

In questo concentrato di tecnologia e filiera globale, sono gli occhi delle donne ad assicurare un percorso senza intoppi
Molte giovani donne e migranti – che da anni guidano le lotte nel settore – si stanno organizzando per conquistare diritti. In queste settimane un’inedita alleanza di arabi, latini, africani e italiane ha bloccato la produzione di H&M – una multinazionale, ma non l’unica – che usa una filiera globale per produrre abiti a basso costo.

Il magazzino italiano serve a distribuire le merci in dodici paesi nel quadrante sud dell’Europa, nell’Est e negli stati baltici. Si rifornisce dal deposito centrale europeo che si trova ad Amburgo. In Germania i pacchi arrivano dai porti del nord. Grandi cargo trasportano gli abiti direttamente dalle fabbriche asiatiche. La materia prima come il cotone arriva da mercati come quello turco.

In questo concentrato di tecnologia e mercato globale sono gli occhi di alcune donne ad assicurare un percorso senza intoppi. Quando i pacchi arrivano, occorre controllare che il codice a 12 cifre in entrata sia uguale a quello in uscita. Altri lavoratori dividono il materiale imballato per taglia e per destinazione (tecnicamente: “unpacking and allocating”).
In Turchia il cotone, in Bangladesh le fabbriche, ad Amburgo il deposito, vicino Pavia il magazzino per il Sud Europa. La sede vera è in Svezia, ma lì non c’è niente

I problemi sono legati soprattutto agli orari di lavoro. Un sms avverte la sera prima dell’inizio del turno. Spesso si comincia in piena notte. L’annuncio di fine lavoro arriva solo mezz’ora prima.
Con il meccanismo delle cooperative, non è difficile sostituire i lavoratori “ribelli”: c’è chi lavora nello stesso posto dal 2011 ed è stato assunto da quattro coop diverse. Per ottenere lavoratori flessibili, si applicano contratti part time, anche se poi l’orario di lavoro arriva a 50 ore.

Dopo un primo blocco del magazzino di Stradella, ad agosto lo sciopero si è esteso a Casalpusterlengo. Italiani e migranti si sono trovati uniti nelle richieste e hanno trovato disponibilità nelle controparti.

La filiera globale del basso costo. Una signora entra in outlet di Marsiglia (o Varsavia, o Vilnius) e sceglie il suo nuovo vestito. È bello e costa molto poco. Non sa che quella stoffa nasconde una serie di storie spaventose.
Per una serie di coincidenze sono emerse pesanti criticità nella filiera di H&M. Una Ong  ha inviato ad alcune aziende un questionario sulla possibile presenza di profughi siriani (in particolare minori) nella filiera del cotone in Turchia.
La multinazionale svedese ha risposto che è possibile e che si impegna a prendere provvedimenti. Le altre grandi aziende hanno scelto la strada del silenzio.
Tre anni dopo la tragedia di Rana Plaza, quando una grande fabbrica andò a fuoco, le multinazionali della moda non avrebbero ancora fatto abbastanza. H&M, in particolare, non avrebbe preteso la messa in sicurezza del 60% delle fabbriche da cui si rifornisce...

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