La resistenza di Máxima Acuña contro violenze e miniere
Nel
nord del Perù, precisamente nella regione di Cajamarca,
si trova Yanacocha: la più grande miniera d’oro a cielo aperto
di tutta l’America latina.
In questi ultimi anni la multinazionale statunitense Newmont
Mining ha tentato più volte di ampliare questa miniera,
un progetto che avrebbe limitato la libertà dei popoli nativi,
oltre a rappresentare un rischio per l’integrità delle risorse
idriche della zona, per la biodiversità vegetale e animale.
Nel nord del Perù, però, vive anche Máxima Acuña,
una donna che ha posto il suo corpo a difesa della
Terra sino a costringere la multinazionale statunitense
si trova Yanacocha: la più grande miniera d’oro a cielo aperto
di tutta l’America latina.
In questi ultimi anni la multinazionale statunitense Newmont
Mining ha tentato più volte di ampliare questa miniera,
un progetto che avrebbe limitato la libertà dei popoli nativi,
oltre a rappresentare un rischio per l’integrità delle risorse
idriche della zona, per la biodiversità vegetale e animale.
Nel nord del Perù, però, vive anche Máxima Acuña,
una donna che ha posto il suo corpo a difesa della
Terra sino a costringere la multinazionale statunitense
alla sospensione del progetto.La lotta condotta da Máxima, raccontata nel documentario Aguas de Oro,
oltre a rallentare l’ennesimo atto di violenza mosso ai danni della
Terra, è stata anche insignita del premio Goldman 2016 (l’equivalente
del premio Nobel per l’ecologia) per la difesa dell’ambiente.
Ma
persone come Máxima rappresentano un grande ostacolo per gli interessi
di chi specula sulla salute della Terra, in quella che è una corsa
quotidiana al monopolio di ogni risorsa di cui il Pianeta dispone e che
può fruttare un qualche tipo di guadagno.
Máxima,
come capita spesso a chi si impegna direttamente per la difesa della
Terra, in questi anni ha subito spesso atti di violenza e intimidazione,
da parte di emissari della multinazionali mineraria, allo scopo di
farle abbandonare la lotta e la terra abitata.
Poche
ore fa, nella mattinata di domenica 18 settembre, Máxima è stata
vittima dell’ennesima aggressione da parte dei lavoratori della miniera
che la vorrebbero fuori da queste terre.
La
notizia è stata diffusa da Isidora Chaupe Acuña, la figlia di Máxima,
che in lacrime ha denunciato il nuovo atto di violenza subito dalla
madre che ha riportato gravi ferite sopratutto alla testa.
La resistenza condotta da Máxima, come quelle espresse da Berta Caceres e Lesbia Yaneth Urquía (entrambe
uccise dal governo honduregno per la loro lotta contro i progetti
minerari e idroelettrici che minacciano la libertà del popolo indigeno
Lenca), non devono perdersi nel silenzio, ma risuonare forti in tutto il
mondo come esempi di lotta per la difesa e per la liberazione della
Terra.
Attivisti/e,
popoli indigeni, persone che non devono rimanere nell’ombra, la cui
lotta e sacrificio, anche a costo della vita, non deve perdersi nel
silenzio, perché il loro impegno permette la sopravvivenza di
quell’ideale chiamato libertà, che troppo spesso viene dato per scontato
senza rendersi conto che c’è chi quotidianamente combatte al fine di
preservarlo.
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