Il Sole 24 Ore del 16 aprile, la voce dei padroni italiani riuniti in Confindustria, ha pubblicato un articolo su una sentenza della Corte di cassazione del 26 marzo che riguarda la sicurezza sul lavoro.
La sentenza ribalta un luogo comune, quello che al giornalista
al servizio del padrone, e naturalmente a tutti i padroni, sembra normale, e
cioè che se è appurato che il lavoratore non tiene conto delle misure di
sicurezza, allora è colpevole!
La sentenza, come riportata dal giornale, dice infatti: “In
tema di infortuni sul lavoro, la negligenza del lavoratore nell'adempiere alle prescrizioni
della normativa antinfortunistica potrebbe non essere sufficiente a esimere
da responsabilità il datore di lavoro nel caso di lesioni causate da un
incidente cui il lavoratore stesso abbia contribuito col suo comportamento.”
“Scritta così” dice il giornalista “l'affermazione potrebbe
sembrare un po’ controintuitiva: se il dipendente non ha seguito le istruzioni,
ponendo in essere un comportamento irresponsabile, perché mai l'impresa
dovrebbe esserne responsabile?”
“Eppure” continua sorpreso lo scribacchino “la giurisprudenza sembra seguire, seppure con diverse sfumature, questa linea di ragionamento, come dimostra la sentenza della Corte di cassazione 12.326/2024 del 26 Marzo che ha confermato la condanna a carico del datore di lavoro per un incidente mortale occorso a un dipendente, nonostante quest'ultimo avesse violato le direttive
ricevute seguendo attività espressamente vietate.”Questo “ribaltamento” il quotidiano dei padroni non riesce
proprio a mandarlo giù! Ma le ragioni della Corte sono abbastanza chiare: “La
Corte, infatti, ha affermato che, qualora l'evento sia riconducibile alla violazione
da parte dell'imprenditore «di una molteplicità di disposizioni in materia di
prevenzione e sicurezza del lavoro, il comportamento del lavoratore che
abbia disapplicato elementari norme di sicurezza non può considerarsi
eccentrico o esorbitante dall'area di rischio propria del titolare della
posizione di garanzia, in quanto l'inesistenza di qualsiasi forma di tutela
determina un ampliamento della stessa sfera di rischio».
Quindi se il padrone non tiene conto, nella sostanza, di
tutto ciò che riguarda la sicurezza sul lavoro, il lavoratore non è colpevole
di “negligenza”.
“Anzi,” continua l’articolo “la Suprema Corte ha precisato
che, perché si possa considerare il comportamento negligente, imprudente
e imperito da parte del lavoratore («pur tenuto in esplicazione delle mansioni
allo stesso affidate») come «concretizzazione di un rischio eccentrico con
esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia
predisposto anche le cautele che sono finalizzate proprio alle discipline
governo del rischio di comportamento imprudente».”
“La condotta del lavoratore deve essere insomma
particolarmente sconsiderata perché essa venga ritenuta un esimente della
responsabilità datoriale. Infatti, l'imprenditore dovrebbe aver previsto ed
essere in grado di conoscere pure la possibile distrazione o imperizia del
dipendente (le cosiddette «prassi elusive eseguite dai lavoratori») nell'approntare
le misure di sicurezza: avrebbe dovuto, cioè essere super previdente. Non solo:
avrebbe dovuto vigilare per impedire l'instaurazione di prassi contra legem foriere
di pericoli per i lavoratori. Anche la giurisprudenza precedente parla difatti,
di comportamenti abnormi e al di fuori delle mansioni assegnate al lavoratore,
imprevedibili, qualcosa cioè di «radicalmente ed ontologicamente lontano dalle
ipotizzabili e quindi prevedibili imprudenti. scelte del lavoratore
nell'esecuzione del lavoro».”
Dunque, secondo la Corte di cassazione, il padrone
conosce i rischi e deve prevenirli, controllando che il lavoratore non faccia
cose che vanno contro la sicurezza!
“Addirittura,” continua il giornalista sempre più arrabbiato
“in presenza di violazioni della materia infortunistica da parte del datore (nel
caso specifico, mancanza di formazione, assenza di strumenti di salvaguardia o
di un secondo lavoratore che assistesse il primo) è irrilevante pure che il
dipendente abbia violato le direttive concretamente impartite se il
comportamento non sia stato abnorme e che proprio questa abnormità abbia dato
causa all'evento».
Vista la chiarezza dei contenuti della sentenza, “che sposta
la responsabilità del danno su chi è più in grado di prevenirlo e ha maggior
conoscenza dei possibili rischi, ossia l'imprenditore” il giornalista si
sente in dovere di chiudere l’articolo con un “consiglio” ai magistrati dicendo
che è “desiderabile prevedere altresì un certo livello di concorso di colpa
per non deresponsabilizzare completamente il dipendente” e un altro ai
padroni, con un linguaggio degno dei peggiori burocrati, avvertendoli che “Nel
clima di particolare attenzione che nel paese si registra sulla questione degli
infortuni sul lavoro è probabile che l'allocazione della responsabilità al
datore di lavoro sia una tendenza destinata a crescere e sarà perciò
bene che di ciò le imprese ne tengano sempre più conto.”
Purtroppo il “clima di particolare attenzione” nel paese c’è quando i morti sono a gruppi e non quando c’è il singolo! Sono le lavoratrici e i lavoratori che devono tenere conto della sicurezza nei posti di lavoro e organizzandosi, prendendo l’iniziativa, per evitare questa guerra che continua a mietere vittime da una parte sola, dalla parte del proletariato, e ribaltando non solo le frasi fatte e i luoghi comuni del padrone, ma tutto il sistema capitalista-imperialista che produce infortuni, invalidità e morti.
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