lunedì 13 maggio 2024

pc 13 maggio – Morti sul lavoro: una sentenza di cassazione che fa arrabbiare i padroni

Il Sole 24 Ore del 16 aprile, la voce dei padroni italiani riuniti in Confindustria, ha pubblicato un articolo su una sentenza della Corte di cassazione del 26 marzo che riguarda la sicurezza sul lavoro.

La sentenza ribalta un luogo comune, quello che al giornalista al servizio del padrone, e naturalmente a tutti i padroni, sembra normale, e cioè che se è appurato che il lavoratore non tiene conto delle misure di sicurezza, allora è colpevole!

La sentenza, come riportata dal giornale, dice infatti: “In tema di infortuni sul lavoro, la negligenza del lavoratore nell'adempiere alle prescrizioni della normativa antinfortunistica potrebbe non essere sufficiente a esimere da responsabilità il datore di lavoro nel caso di lesioni causate da un incidente cui il lavoratore stesso abbia contribuito col suo comportamento.”

“Scritta così” dice il giornalista “l'affermazione potrebbe sembrare un po’ controintuitiva: se il dipendente non ha seguito le istruzioni, ponendo in essere un comportamento irresponsabile, perché mai l'impresa dovrebbe esserne responsabile?”

“Eppure” continua sorpreso lo scribacchino “la giurisprudenza sembra seguire, seppure con diverse sfumature, questa linea di ragionamento, come dimostra la sentenza della Corte di cassazione 12.326/2024 del 26 Marzo che ha confermato la condanna a carico del datore di lavoro per un incidente mortale occorso a un dipendente, nonostante quest'ultimo avesse violato le direttive

ricevute seguendo attività espressamente vietate.”

Questo “ribaltamento” il quotidiano dei padroni non riesce proprio a mandarlo giù! Ma le ragioni della Corte sono abbastanza chiare: “La Corte, infatti, ha affermato che, qualora l'evento sia riconducibile alla violazione da parte dell'imprenditore «di una molteplicità di disposizioni in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro, il comportamento del lavoratore che abbia disapplicato elementari norme di sicurezza non può considerarsi eccentrico o esorbitante dall'area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia, in quanto l'inesistenza di qualsiasi forma di tutela determina un ampliamento della stessa sfera di rischio».

Quindi se il padrone non tiene conto, nella sostanza, di tutto ciò che riguarda la sicurezza sul lavoro, il lavoratore non è colpevole di “negligenza”.

“Anzi,” continua l’articolo “la Suprema Corte ha precisato che, perché si possa considerare il comportamento negligente, imprudente e imperito da parte del lavoratore («pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate») come «concretizzazione di un rischio eccentrico con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia predisposto anche le cautele che sono finalizzate proprio alle discipline governo del rischio di comportamento imprudente».”

“La condotta del lavoratore deve essere insomma particolarmente sconsiderata perché essa venga ritenuta un esimente della responsabilità datoriale. Infatti, l'imprenditore dovrebbe aver previsto ed essere in grado di conoscere pure la possibile distrazione o imperizia del dipendente (le cosiddette «prassi elusive eseguite dai lavoratori») nell'approntare le misure di sicurezza: avrebbe dovuto, cioè essere super previdente. Non solo: avrebbe dovuto vigilare per impedire l'instaurazione di prassi contra legem foriere di pericoli per i lavoratori. Anche la giurisprudenza precedente parla difatti, di comportamenti abnormi e al di fuori delle mansioni assegnate al lavoratore, imprevedibili, qualcosa cioè di «radicalmente ed ontologicamente lontano dalle ipotizzabili e quindi prevedibili imprudenti. scelte del lavoratore nell'esecuzione del lavoro».”

Dunque, secondo la Corte di cassazione, il padrone conosce i rischi e deve prevenirli, controllando che il lavoratore non faccia cose che vanno contro la sicurezza!

“Addirittura,” continua il giornalista sempre più arrabbiato “in presenza di violazioni della materia infortunistica da parte del datore (nel caso specifico, mancanza di formazione, assenza di strumenti di salvaguardia o di un secondo lavoratore che assistesse il primo) è irrilevante pure che il dipendente abbia violato le direttive concretamente impartite se il comportamento non sia stato abnorme e che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento».

Vista la chiarezza dei contenuti della sentenza, “che sposta la responsabilità del danno su chi è più in grado di prevenirlo e ha maggior conoscenza dei possibili rischi, ossia l'imprenditore” il giornalista si sente in dovere di chiudere l’articolo con un “consiglio” ai magistrati dicendo che è “desiderabile prevedere altresì un certo livello di concorso di colpa per non deresponsabilizzare completamente il dipendente” e un altro ai padroni, con un linguaggio degno dei peggiori burocrati, avvertendoli che “Nel clima di particolare attenzione che nel paese si registra sulla questione degli infortuni sul lavoro è probabile che l'allocazione della responsabilità al datore di lavoro sia una tendenza destinata a crescere e sarà perciò bene che di ciò le imprese ne tengano sempre più conto.”

Purtroppo il “clima di particolare attenzione” nel paese c’è quando i morti sono a gruppi e non quando c’è il singolo! Sono le lavoratrici e i lavoratori che devono tenere conto della sicurezza nei posti di lavoro e organizzandosi, prendendo l’iniziativa, per evitare questa guerra che continua a mietere vittime da una parte sola, dalla parte del proletariato, e ribaltando non solo le frasi fatte e i luoghi comuni del padrone, ma tutto il sistema capitalista-imperialista che produce infortuni, invalidità e morti.

Nessun commento:

Posta un commento