Alcune voci dall'accampada universitaria a Bergamo
Ormai l’oppressione coloniale ha passato il limite. Anche agli
occhi del mondo il Sionismo e Israele si sono mostrati
definitivamente e inconfutabilmente per quello che sono: un’ideologia
dello sterminio totale e il suo necessario prodotto, con cui non ci
può essere conciliazione o pace.
Per anni il colonialismo
israeliano ha cercato di tenere bassa l'attenzione sulla Palestina
per poter continuare indisturbato la propria opera di pulizia etnica.
Ma il popolo palestinese ha rialazato la testa, e da tutto il mondo
abbiamo risposto, scendiamo regolarmente nelle piazze per
questo.
Nelle ultime settimane i politici e i media occidentali
hanno provato a dividerci, a distinguere tra resistenza buona e
cattiva, ma il nostro popolo si tiene stretto e unito sotto la
propria bandiera, quella della lotta di liberazione con ogni mezzo
necessario.
Nemmeno la popolazione di Gaza, brutalmente
massacrata dalla rappresaglia israeliana, smette di inneggiare alla
resistenza, nemmeno sotto le bombe, nemmeno davanti alle famiglie
dilaniate e alle case distrutte. Perché la popolazione di Gaza,
anche a costo della vita pur così disumanamente schiacciata, vuole
la libertà: vuole vivere e non sopravvivere.
Vogliamo riunirci
per fermare il massacro, per chiedere un “cessate il fuoco”
facendo pressione ai nostri politici, ma sappiamo benissimo che il
massacro non si fermerà finché in Palestina esisterà uno Stato
coloniale animato da un’ideologia razzista, armato dal secondo
esercito più grande al mondo e che gode della totale e
incondizionata impunità davanti a ogni legge internazionale e a ogni
principio morale. Vogliamo
spezzare l’assedio a Gaza, vogliamo che passino il confine gli
aiuti umanitari necessari per la sopravvivenza, chiediamo questo ma
non solo, sappiamo che l’unico modo per ottenere ciò è e sarà
sempre la totale liberazione della Palestina, dal fiume al mare, e
per questo dobbiamo supportare incondizionatamente la lotta di
liberazione palestinese.
Quello che sta avvenendo al sistema educativo di Gaza è un vero e proprio scolasticidio. Nel corso di questi mesi sono stati uccisi più di 100 accademici 4500 studenti 250 insegnanti e più di 300 scuole sono state danneggiate o distrutte, tutte le università della striscia di Gaza sono state rase al suolo. Ad oggi Israele ha ucciso più di 35000 persone e continua a mietere vittime. L’invasione di terra di Rafah è solo l’ultimo step del genocidio che va avanti da più di 75 anni e noi non possiamo che opporci con tutte le nostre forze a questo progetto. Come comunità studentesca di Bergamo abbiamo raccolto l’appello di Bir Zeit in Palestina facendo nostro l’esempio delle compagne degli Stati Uniti e di tutto il mondo. Da mesi anche a Bergamo ci stiamo mobilitando per denunciare la complicità della nostra università con il sistema coloniale israeliano e le sue pratiche fasciste, ma come risposta abbiamo ottenuto solamente un muro di indifferenza e ipocrisia. La nostra volontà è chiara: fuori Israele dall’università di Bergamo, nessuna complicità con il sionismo, intifada studentesca.
Il movimento studentesco in lotta sta mettendo sotto stress questo sistema mostrandone tutti i punti deboli e preludendo una mobilitazione di massa contro i governi portatori di valori corrotti e di politiche doppiogiochiste nei confronti della situazione in Palestina, oltre che complici, se non vero motore propulsore del progetto coloniale sionista in terra araba palestinese. Nonostante la repressione delle proteste nelle università americane, gli universitari continuano la loro lotta più determinati che mai e noi lotteremo con loro e con la resistenza palestinese. Dopo l’ingresso dell’esercito israeliano a Rafah non possiamo fare altro che mobilitarci con tutte le nostre forze e scendere in piazza per fermare concretamente il massacro.
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