
Infatti, “Alcuni lavoratori, per paura di essere licenziati,
stanno ripulendo i profili social da contenuti che potrebbero essere
interpretati come «sleali» nei confronti del presidente. Altri stanno invece
sistemando i curriculum, prevedendo che presto cercheranno un nuovo lavoro. Ma
tutti sono «in preda al panico assoluto», dice un altro alto funzionario.” (L’inkiesta
3/2/25).
Trump aveva promesso che avrebbe «fatto a pezzi il deep
state», il cosiddetto “stato profondo” o “stato nello stato” e cioè l’insieme
di tutto l’apparato burocratico statale che spesso passa indenne da una
amministrazione all’altra, e che secondo Trump potrebbe ostacolare i suoi
progetti (che sono quelli della borghesia moderno fascista americana), ma che
Trump, con la scusa che così taglia pure la spesa pubblica, vuole di fatto
sostituire con il suo deep state!
Sono almeno 40 mila i lavoratori che hanno presentato “volontariamente” le dimissioni …ma Trump già “ha licenziato i funzionari ritenuti non allineati, messo altri in congedo forzato, vietato il lavoro da
remoto ed eliminato interi dipartimenti e sovvenzioni già approvate dal Congresso … Trump si presenta come un monarca, più che un presidente. «King Don», come lo chiama l’Economist.”Trump si sta scatenando razzisticamente contro i più deboli,
abolendo i programmi “diversità, equità e inclusione”, perché dice “di avere
«autorità unica ed esclusiva» su assunzioni, licenziamenti e decisioni di spesa
… ha ripristinato il cosiddetto “Schedule F”, che consente di riclassificare i
lavoratori pubblici aumentando i posti sottoposti allo spoil system, in modo da
rimuovere le consuete protezioni e licenziare chi vuole. In poche ore sono
stati licenziati i responsabili dell’immigrazione, i procuratori del
Dipartimento di Giustizia che avevano indagato su di lui e diversi ispettori
generali … a queste decisioni, si è aggiunto poi un blocco completo delle
assunzioni nella maggior parte dei dipartimenti.”
Dalle lavoratrici e lavoratori del settore pubblico a quelli
del settore privato il passo è breve e si vedrà anche qui non appena ci saranno
gli effetti boomerang dell’imposizione dei dazi, della politica
protezionistica.
Insomma, la classe operaia in generale degli Stati Uniti sarà
costretta a scendere in campo prima possibile e fortemente se vuole dare le
risposte adeguate a questi attacchi spudorati alle proprie condizioni di vita e
di lavoro.
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