Genova, il gip non archivia la denuncia contro il padre di Renzi
Tiziano RenziIl pm ha chiesto che venga scagionato ma il giudice ha accolto le richieste di un creditore
Non si archivia l’inchiesta a carico di Tiziano Renzi. Nonostante la Procura della Repubblica abbia chiesto che il padre del premier sia scagionato, il gip Roberta Bossi non intende chiuderla senza un approfondimento: ha accolto le richieste di uno dei creditori della “Chil Post”, l’azienda della famiglia Renzi che secondo una prima ipotesi del pm Marco Airoldi sarebbe stata svuotata, per poi essere dichiarata in fallimento. Lo stesso magistrato, però, subito dopo ha cambiato parere, sostenendo che il dissesto sia stato prodotto da chi gli era subentrato.
Il gip ha fissato almeno due udienze, facendo sue le richieste di Vittorio Caporali, il creditore genovese che con il suo avvocato si oppone all’archiviazione. In una delle udienze il giudice intende ascoltare Tiziano Renzi, poi Mariano Massone (genovese di 44 anni) e Antonello Gabelli (alessandrino di 53 anni). Secondo la Procura dei Genova questi due sarebbero i veri autori della distrazione dei capitali, tanto da averne chiesto il rinvio il processo. Per il gip, però, le responsabilità non sarebbero chiare. Tant’è che vuole chiedere un supplemento di indagini, una consulenza da affidare ad un commercialista, a un fiscalista sappia leggere meglio di un magistrato dentro i registri contabili, i bilanci della società esercente attività di marketing e distribuzione di prodotti pubblicitari (tra cui alcuni giornali).
Sulla bancarotta lo scorso dicembre, in gran segreto, è stato interrogato Renzi Senior, e secondo quanto trapela le sue dichiarazioni avrebbero convinto sia il sostituto procuratore Airoldi che il procuratore aggiunto Nicola Piacente. Per loro l’ex titolare (fino al 2010) della “Chil” non avrebne be partecipato allo svuotamento del ramo sano di azienda. Quantomeno, non avrebbe avuto un ruolo attivo. Il trasferimento dei soldi sarebbe avvenuto dopo la cessione. Anche se Tiziano Renzi rimane indagato di bancarotta fraudolenta, con l’ipotesi di avere sottratto un milione e 300mila euro dalla società, per poi farla fallire e cederla appunto a Massone e Gabelli. Tanto che subito dopo la notifica dell’avviso di garanzia, si era dimesso da segretario della sezioche del Pd di Rignano sull’ Arno.
Secondo le indagini, un ramo di azienda “sano”, la “Eventi Sei”, sarebbe stato ceduto a Laura Bovoli, mamma di Matteo Renzi, e pagato poche migliaia di euro, valore ritenuto sottostimato. Va ricordato un dettaglio, anche se non ha alcuna rilevanza penale: ancor prima che la società fosse venduta, lo stesso Matteo Renzi ne era stato amministratore, e dal 1999 al 2004 anche dipendente. Questo gli aveva consentito di percepire i contributi previdenziali durante i 9 anni di aspettativa per mandato politico. Ma questa è un’altra storia.
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