Nella sua celeberrima opera "Che fare?", il compagno Lenin afferma:
"1) non potrà esservi un movimento rivoluzionario solido senza
un'organizzazione stabile che ne assicuri la continuità; 2) quanto più numerosa
è la massa entrata spontaneamente nella lotta, la massa che è nella base del
movimento e partecipa ad esso, tanto più impetuosa è la necessità di siffatta
organizzazione e tanto più questa organizzazione deve essere solida (sarà
facile, altrimenti, ai demagoghi trascinare con sé gli strati arretrati della
massa); 3) tale organizzazione deve essere composta principalmente di uomini i
quali abbiano come professione l'attività rivoluzionaria; 4) in un Paese
autocratico sarà tanto più difficile 'impadronirsi' di siffatta organizzazione
quanto più ne ridurremo gli effettivi, fino ad accettarvi solamente i
rivoluzionari di professione, educati dalla loro attività rivoluzionaria alla
lotta contro la Polizia politica; 5) in tal modo tanto più numerosi saranno gli
operai e gli elementi delle altre classi che potranno partecipare al movimento e
militarvi attivamente".
Era il febbraio 1902, quando questo libro veniva completato; è passato più di
un secolo ed è assolutamente evidente la sua stretta attualità: soprattutto se
si leggono le righe sopra riportate in relazione con la situazione italiana.
Il compagno Lenin si riferiva ovviamente all'autocrazia
zarista del suo tempo, ma è lampante come una situazione molto simile si possa
riscontrare nella marcia spedita verso il moderno fascismo da parte della classe
politica al potere in Italia.
Genova, 08 giugno 2015
Stefano
Ghio - Proletari Comunisti Alessandria/Genova
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