Il dramma del G8 di Genova raccontato in un docu-film con il figlio di Ormezzano
Anche l’ex editorialista de La Stampa,
nella pellicola presentata al parco del Po a Casale, spiega i suoi timori di
padre
Dimostranti feriti al G8 di Genova
07/06/2015
franca nebbia
casale monferrato
Un viaggio a ritroso nel tempo fino al 2001 con i fatti del G8 di Genova e il
pestaggio alla caserma Diaz. E’ il docu-film “Ottopunti” realizzato da Danilo
Monte con Timothy Ormezzano, figlio del più noto Gian Paolo, ex editorialista de
La Stampa ed ex direttore di Tuttosport, che era a Genova in quell’afoso luglio
2001 : il titolo si riferisce ai punti di sutura per le ferite riportate dello
stesso Ormezzano.
Il racconto nella Genova di oggi
Il docu-film è stato proiettato il 5 giugno nel salone del Parco del Po a Casale alla presenza del protagonista e dell’avvocato Claudio Novaro, che si è occupato della difesa dei manifestanti di quel G8. Il film non ha voluto riportare le immagini trasmesse da video amatoriali, documentate da giornali e televisioni, semplicemente è il viaggio a ritroso, a undici anni di distanza, dei due amici, appunto Timothy e Danilo (all’epoca di 26 e 25 anni) nella Genova di oggi, ma ripercorrendo le vie diventate campo di battaglia accanto al luogo dove si riunivano i grandi della terra.
Le testimonianze
Il racconto fluisce, sottolineato dalla colonna sonora di Radio Popolare che riportò la cronaca dal 19 al 22 luglio. «E’ stato l’unico G8 – dice Timothy – dove c’è scappato il morto». E il morto è Carlo Giuliani, ucciso in piazza Alimonda (corretta dai dimostranti in piazza Carlo Giulani) che ancora oggi alla ricorrenza di quella data vede il raduno di tante persone attorno alle figure di Giuliano e Haidi Giuliani, i genitori di Carlo.
Il dramma di un padre
Oltre al racconto di Timothy che ci ha messo tanti anni per superare il trauma di quei giorni spicca la figura proprio di Gian Paolo Ormezzano, un padre in ansia che sa che il figlio è stato arrestato, ma non riesce ad avere notizie «nemmeno appellandomi, controvoglia, alla mia professione di giornalista». Aspettandolo fuori dal carcere di Pavia, dove Timothy è stato portato «pensai – dice nel film - che mio figlio potesse dirmi: ”Andate a farvi fottere per tutto quello che mi avete insegnato”».
Botte, manganellate, manette strette ai polsi, ore trascorse in piedi senza mangiare, dormire o accedere al bagno, accuse, «false», di avere posseduto uno scudo di plastica e manganellate di cui, ancora oggi gli resta il segno sul sopracciglio destro.
L’avvocato
Le parole dell’avvocato Claudio Novaro, che aveva assistito i 93 della Diaz non rasserenano gli animi: «Processi che non hanno inchiodato i colpevoli, responsabilità che non sono venute a galla, mistificazioni e omertà dalle forze dell’ordine e infine, poiché nel nostro ordinamento non è previsto il reato di tortura, la prescrizione».
C’era anche Bruno Pesce
A Bruno Pesce, dell’Afeva di Casale che ha sulla pelle ancora la “bruciatura” della prescrizione della Cassazione per il processo Eternit , non resta che abbracciare Timothy. Il film, come ha spiegato Laura D’Amore, produttrice è di Distribuzioni dal basso (distribuzionidalbasso.com) ed è stato finanziato tramite crowdfunding. Il file si può scaricare con una piccola offerta.
Il racconto nella Genova di oggi
Il docu-film è stato proiettato il 5 giugno nel salone del Parco del Po a Casale alla presenza del protagonista e dell’avvocato Claudio Novaro, che si è occupato della difesa dei manifestanti di quel G8. Il film non ha voluto riportare le immagini trasmesse da video amatoriali, documentate da giornali e televisioni, semplicemente è il viaggio a ritroso, a undici anni di distanza, dei due amici, appunto Timothy e Danilo (all’epoca di 26 e 25 anni) nella Genova di oggi, ma ripercorrendo le vie diventate campo di battaglia accanto al luogo dove si riunivano i grandi della terra.
Il racconto fluisce, sottolineato dalla colonna sonora di Radio Popolare che riportò la cronaca dal 19 al 22 luglio. «E’ stato l’unico G8 – dice Timothy – dove c’è scappato il morto». E il morto è Carlo Giuliani, ucciso in piazza Alimonda (corretta dai dimostranti in piazza Carlo Giulani) che ancora oggi alla ricorrenza di quella data vede il raduno di tante persone attorno alle figure di Giuliano e Haidi Giuliani, i genitori di Carlo.
Oltre al racconto di Timothy che ci ha messo tanti anni per superare il trauma di quei giorni spicca la figura proprio di Gian Paolo Ormezzano, un padre in ansia che sa che il figlio è stato arrestato, ma non riesce ad avere notizie «nemmeno appellandomi, controvoglia, alla mia professione di giornalista». Aspettandolo fuori dal carcere di Pavia, dove Timothy è stato portato «pensai – dice nel film - che mio figlio potesse dirmi: ”Andate a farvi fottere per tutto quello che mi avete insegnato”».
Botte, manganellate, manette strette ai polsi, ore trascorse in piedi senza mangiare, dormire o accedere al bagno, accuse, «false», di avere posseduto uno scudo di plastica e manganellate di cui, ancora oggi gli resta il segno sul sopracciglio destro.
L’avvocato
Le parole dell’avvocato Claudio Novaro, che aveva assistito i 93 della Diaz non rasserenano gli animi: «Processi che non hanno inchiodato i colpevoli, responsabilità che non sono venute a galla, mistificazioni e omertà dalle forze dell’ordine e infine, poiché nel nostro ordinamento non è previsto il reato di tortura, la prescrizione».
C’era anche Bruno Pesce
A Bruno Pesce, dell’Afeva di Casale che ha sulla pelle ancora la “bruciatura” della prescrizione della Cassazione per il processo Eternit , non resta che abbracciare Timothy. Il film, come ha spiegato Laura D’Amore, produttrice è di Distribuzioni dal basso (distribuzionidalbasso.com) ed è stato finanziato tramite crowdfunding. Il file si può scaricare con una piccola offerta.
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