giovedì 13 marzo 2025

pc 13 marzo - Stellantis Cassino: dall'auto al militare - Economia di guerra in action - Urge presa di posizione operaia

Stellantis Cassino, il dibattito strisciante sulla riconversione militare del sito e dell’indotto

L'ultima maniglia di un territorio marginale e in desertificazione industriale pare proprio sospesa sulla scelta tra disoccupazione e cannoni

Una domanda che si fa strada anche nel Cassinate dove lo stabilimento di Piedimonte San Germano è

ridotto ad essere la spettrale rappresentazione di quel che è stato per 50 anni: mezzo stabilimento desertificato con capannoni abbandonati e perfino la palazzina uffici messa in mostra sulla bacheca delle agenzie immobiliari. L’occupazione diretta è stata dimezzata dai tempi di Marchionne ad oggi: da 4300 a 2400 lavoratori. Sono in contratto di solidarietà 700 persone che restano fisse a casa anche quando lo stabilimento è in funzione. Del totale dei dipendenti, 1200 sono gli addetti a presse e plastica che lavorano anche per altri stabilimenti del gruppo. Quanto alla produzione diretta dei modelli cassinati – Alfa Stelvio, Alfa Giulia e Maserati Grecale – in carrozzeria restano 1300 dipendenti mentre, settimanalmente quando si accendono le linee, in officina va solo il 50% di questa forza lavoro. Siamo, insomma, ai titoli di coda qualunque cosa dicano i top manager Stellantis ed il governo italiano.

I sindacati non ne discutono ufficialmente ma il dibattito si fa sempre più pressante: cercarsi un altro lavoro o sperare nelle armi? Brutta cosa a dirsi ma il lavoro che manca, intanto, fa saltare i nervi e impoverisce le famiglie. “Non si passa dalle auto ai carrarmati”: scandisce senza esitazione Andrea Di Traglia, segretario generale della Fiom-Cgil che nega come nel futuro dello stabilimento Stellantis di Piedimonte San Germano possa esserci l’adeguamento delle linee alle esigenze della Difesa. “Lo escludo – aggiunge – anche perché le ultime notizie che giungono dall’Europa parlano di investimenti e finanziamenti per il settore automotive. Risposte destinate non alla corsa al riarmo ma all’industria del settore. Era quanto abbiamo chiesto a Bruxelles, il 5 febbraio scorso, quando metalmeccanici e chimici hanno sollecitato interventi a sostegno dei comparti manifatturieri”. Di Traglia è convinto che non sarà una riconversione a salvare il sito cassinate, “ma investimenti ed un piano industriale vero. Non quello degli annunci che abbiamo ascoltato anche al ministero del made in Italy. Un altro tavolo ministeriale è convocato per il 14 marzo – aggiunge il segretario Fiom – e non è disinvestendo e desertificando industrialmente il territorio che ci salviamo. Servono soldi sull’automotive e non sui tank”.

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