lunedì 10 marzo 2025

pc 10 marzo - Dalle e nelle fabbriche: contratto, lotta, no al riarmo! - Editoriale

Da  - ORE 12 Controinformazione Rossoperaia - 

Torniamo a mettere al centro la questione degli operai delle fabbriche, la necessità di uno sciopero generale dal basso.

Dobbiamo fare un bilancio della situazione reale dopo tre mesi dallo sciopero generale del 29 novembre, in cui la situazione era quella della ventilata “rivolta sociale” di Landini, ma dove abbiamo portato con chiarezza quello che era il passaggio per rendere effettivamente concreta questa parola d'ordine e, in particolare, riprendendo l’appello che avevamo portato proprio alle fabbriche, che è la questione centrale da cui partire, per quanto riguarda i comunisti, il lavoro dello Slai Cobas per il sindacato di classe per organizzare i lavoratori, che è quella di fare chiarezza tra i lavoratori.

Avevamo appunto scritto che: “le strade sono due: o si fa l'interesse dei lavoratori o si fa l'interesse delle multinazionali che anche nella crisi aumentano i profitti, mentre non danno nessuna soluzione alle grandi vertenze nelle fabbriche - Acciaierie, Stellantis - mettono tantissimo in cassa integrazione che in questa fase diventa anticamera degli esuberi.

Ma non basta, il governo ci sta trascinando in una guerra imperialista mondiale. Si parla di miliardi di evasione fiscale, ma quanti miliardi vanno per gli armamenti, per ammazzare, per il genocidio in Palestina, per finanziare le guerre? Per questo ci sono i soldi, mentre niente soldi per risolvere i problemi delle masse e della classe operaia e degli operai!”.

Questo oggi diventa ancora più attuale, diventa un problema su cui gli operai, la classe operaia devono fare i conti e devono inserirlo in questa battaglia che stanno facendo quotidianamente per non farsi

schiacciare dai padroni, e devono prendere coscienza che siamo un sistema capitalista imperialista in crisi in cui avanza la guerra di spartizione per ritagliarsi nuovi mercati.

Le grandi multinazionali, ad esempio il padrone Rocca della Tenaris, grande azienda leader mondiale dei tubi del petrolio continua a fare profitti, e rispetto alla situazione post Trump e dei dazi (che, non dimentichiamo, la guerra commerciale è sempre e comunque un aspetto in cui c'è sempre la guerra effettiva dietro), dice chiaramente che “i dazi sono anche un'opportunità per nuovi mercati, per le sfere di influenza”. Questa è praticamente proprio la logica che sta al centro degli interessi dei padroni e ovviamente dei governi che li sostengono sempre più apertamente, come frazione nera, come parte nera del Capitale, apertamente fascista, razzista che odia le masse e gli operai, gli immigrati. E questo deve essere tenuto in conto per poter rispondere effettivamente con la guerra di classe, rispetto a questa guerra quotidiana che viene fatta sotto tutti gli aspetti - basterebbe solamente citare la questione degli infortuni, del sangue operaio che quotidianamente viene versato sui posti di lavoro, un aspetto che dimostra che questo sistema necessita di un suo superamento.

Tornando a Landini, siamo partiti dalla “rivolta sociale” per arrivare al referendum per cancellare la precarietà, in cui Landini dice espressamente che “il voto è la nostra rivolta”. E questo è interno alla concezione di questi sindacati che sono sempre stati parte del sistema e ancora oggi cercano di tenere all'interno delle compatibilità borghesi la lotta operaia, dimenticando che in questa fase c'è stato un cambio di passo, c'è un governo Meloni che utilizza qualsiasi provvedimento, qualsiasi azione, qualsiasi parola, per rafforzare questo suo aspetto di governo fascista, per andare sempre più verso un regime di moderno fascismo che attacca a 360 ° ogni aspetto della vita sociale, politica, lavorativa, culturale, delle masse popolari e delle masse lavoratrici e degli operai.

Con questi presupposti di Landini non si va verso la guerra di classe necessaria contro la guerra del

governo, dei padroni agli operai. L'unico modo per difendere il lavoro, la sicurezza e il salario è quello di lottare contro questo governo che dà forza ai padroni e che è rappresentante di un sistema sociale sempre più reazionario in cui al potere ci sono i fascisti che vogliono attaccare il diritto di sciopero, il diritto di organizzazione sindacale, il diritto di manifestazione.

Ci troviamo di fronte ai sindacati ufficiali che hanno una linea riformista e non adeguata, una linea che fa il paio con quella della cosiddetta “falsa sinistra” - perché di sinistra non c'è niente nell'opposizione - che proprio in questi giorni si allinea alla fine alla politica che da Trump arriva a tutti i governi, a tutti gli Stati, tra cui anche il nostro, che è quella comunque di salvaguardare gli interessi delle borghesie nazionali e non certo della classe operaia. E con questa concezione riformista perdente si arriva poi anche a condizionare quella che potrebbe essere invece un detonatore molto importante in questa fase, che è la lotta per il contratto dei metalmeccanici, a fronte a un attacco diretto, una provocazione diretta del padronato e della Federmeccanica che si sente forte con questo governo e che non solo abbandona i tavoli, ma propone una piattaforma che, come dicono gli stessi sindacalisti, in particolare De Palma della Fiom, riporta indietro di cinquant'anni la storia.

In effetti è vero, ma questo vuol dire che torniamo a quello che abbiamo già visto in forme moderne, ossia un moderno fascismo in perfetta sintonia con la questione della crisi imperialista mondiale e con i padroni che vogliono legare sempre di più gli interessi operai ai loro interessi per continuare a fare i profitti, aumentare la competizione per nuove fette di mercato. 

In questo quadro, però, va inserito un ulteriore elemento di chiarezza sulla divisione all'interno della classe operaia, che comunque è l'altra questione centrale: il corporativismo fascista, il discorso della Cisl, il sindacato giallo che sta dando ragione al governo e che vuole portare i lavoratori all'unità con i padroni e governo; e non è un caso che il governo Meloni individui nella conflittualità una tossica divisione, perché appunto sa benissimo che comunque è all'interno della lotta, della ripresa della lotta autonoma degli operai, degli scioperi prolungati come in Francia, come sta avvenendo anche in questi in questi giorni in Grecia, la strada per poter difendere veramente le condizioni di lavoro e addirittura anche ottenere dei contratti che possano essere migliorativi e non peggiorativi.

E qui è vero che da un lato c'è un aumento delle ore di sciopero che non si vedevano dal 1999 come ad esempio la stampa di pseudo sinistra come il manifesto scrive, il problema è che questi scioperi non sono visti come uno scontro, ma - vedi lo sciopero dei metalmeccanici che i sindacati intendono mettere in campo - è inteso come un atto di democrazia. Tra l'altro – lo dice espressamente lo stesso De Palma della Fiom - sono i lavoratori che con gli scioperi 'stanno lottando per salvare l'industria del nostro paese' e che i padroni devono assumersi la responsabilità di riaprire il tavolo.

Ma non diciamo fesserie! I lavoratori non hanno alcun interesse nazionale da difendere, i lavoratori hanno i loro interessi che sono inconciliabili con quelli dei padroni e in questa crisi non possono che accentuare la lotta contro questo governo, organizzarsi oltre la lotta sindacale, per abbattere questo sistema capitalista. Questi sono le gli interessi degli operai! Invece quello che si vuole portare all'interno degli scioperi è sempre nell'ottica della conciliazione tra interessi operai e interessi del Capitale, una linea perdente a difesa dell'economia nazionale o, come dice la falsa sinistra, a difesa dell'Europa. Ma “Europa” vuol dire difesa dei padroni europei non degli interessi delle masse e dei lavoratori in Europa!

Lo stesso Segretario della Fiom dice che le ragioni per rinnovare il contratto si sono moltiplicate anche per la situazione geopolitica che si è determinata. Bravo, fortunatamente se n'è accorto”! Il problema è che queste questioni non vengono portate nelle assemblee dei lavoratori perché non si può fare nessuna lotta senza avere una linea strategica anche sindacale di classe rispetto alla situazione che viene avanti e ha la necessità conseguente di lottare contro tutti gli aspetti dell'attacco di padroni e governi del Capitale.

Così l'altro aspetto, sempre per quanto riguarda la logica delle segreterie confederali di Fiom, Fim e Uilm di riaprire il tavolo, di riportare i padroni a farsi carico della situazione più generale dell'economia del paese, anche tutte queste affermazioni sono balle che non servono. Quello che invece serve non viene neanche messo in campo, perché anche nell'ultima mobilitazione si sarebbe dovuto portare lo scontro nei posti di lavoro, nelle fabbriche, adottare una strategia vincente tipo quella che è stata adottata negli scioperi dell'auto negli Stati Uniti di qualche tempo fa, per colpire con i blocchi le aziende che stanno tirando la produzione in questo momento, per mettere in ginocchio veramente il padronato e fargli aprire quindi, su una base di forza dei lavoratori, il contratto. Tutte queste cose non vengono fatte.

C’è inoltre la questione delle vertenze aziendali di centinaia di fabbriche, grosse fabbriche, e sono decine quelle che comunque sono aperte nei vari tavoli del governo - e che tra l'altro vengono ulteriormente rese inutili a livello nazionale per le aziende sotto un certo numero di dipendenti; si tratta di centinaia di fabbriche in crisi anche nei settori strategici, ma con questa norma del governo non c'è nessun confronto con le organizzazioni sindacali. Quindi è una situazione che è impossibile da recuperare da questo punto di vista.

Quello che serve è ribaltare questo ragionamento anche tra gli operai sulla necessità di mettere in campo e preparare le condizioni attraverso una Piattaforma Operaia e una linea di unità tra le varie realtà operaie e di lotta, anche in collegamento con gli altri operai europei e nel mondo su quel punto centrale che abbiamo detto all'inizio: serve uno sciopero generale contro i padroni e il governo e lo Stato che vanno verso la guerra, la reazione e il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari e delle masse popolari.

E’ su questa base che dobbiamo lavorare anche all'interno dello sciopero dei metalmeccanici, all'interno di tutte le vertenze aziendali aperte, all'interno di tutti gli aspetti che vengono attaccati da padroni o governi, per uno sciopero generale dal basso, uno scontro prolungato che dica chiaramente: “lavoro non guerra!”, che metta al centro gli interessi dei lavoratori, della classe operaia, contro gli interessi dei padroni e dei loro governi, senza avere alcuna fiducia nelle forze dell'opposizione parlamentare e meno che mai nella trappola della demagogia fascio-nazista e reazionaria.

Senza questa chiarezza anche le stesse mobilitazioni e gli stessi scioperi non possono diventare l'innesco di una scintilla che possa veramente incendiare la prateria in questo momento.

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