martedì 11 marzo 2025

pc 11 marzo - Dazi, tagli a tutti i servizi sociali, caccia agli immigrati… gli Stati Uniti nel caos economico e sociale

 

“America nel caos”, titola infatti un articolo del Sole 24 Ore di oggi, e la causa è l’arrivo del fascioimperialista Trump alla presidenza che ha gettato benzina sul fuoco di un’economia mondiale già in profondissima crisi.

La banca d’affari “JP Morgan porta al 40% le probabilità di recessione”, ma di recessione in arrivo parla lo stesso Trump che “evoca sacrifici sulla strada di ‘qualcosa di grande’”.

E gli “analisti delle banche” portano appunto fino al 40% la possibilità di recessione della quale sono preoccupati oramai “decine di protagonisti della Corporate America” che “hanno dato fiato ad allarmi, nei commenti sui bilanci e nei documenti depositati alla SEC, per effetti a cascata non solo di guerre commerciali o retate anti-immigrati, ma anche di tagli indiscriminati a spese federale e pubblica amministrazione.”

Non bastano i dazi già messi in campo da Trump, ora arrivano quelli che possono fare davvero male alla

produzione, quelli sull’acciaio e l’alluminio: “Nuovi dazi, salvo sorprese date le recenti altalene, sono in arrivo già domani, del 25% su acciaio e alluminio. Il commissario al commercio dell'Unione europea, Maros Sefcovic, ha detto che la Casa Bianca non sembra impegnata per un accordo. Altri sono previsti il 2 aprile, comprese tariffe reciproche universali.”

JP Morgan Chase che “guida la carica del pessimismo tra i colossi della finanza” dice: “Vediamo rischi materiali di caduta in recessione quest'anno a seguito di politiche estreme.” Chi più chi meno, dalla Goldman Sachs alla Morgan Stanley, banche d’affari tra le più grandi del mondo, parlano tutti di recessione in arrivo.

Le aziende americane sono preoccupate e si fanno sentire: “Paura e incertezza create dallo yo-yo dei dazi dominano: la US Chamber of Commerce, principale associazione di business, ha invitato l'amministrazione a retromarce denunciando impennate dei costi … In affanno sono settori dall'auto, con le sue catene integrate di produzione, al retail, che dipende dai fornitori globali.”

E anche la “rivoluzione” di Musk con i suoi mega licenziamenti nella pubblica amministrazione e in altri i campi viene criticata: “il Washington Post ha censito decine di moniti pubblici di società sui danni al business dei caotici cambiamenti nei programmi federali, sotto l'egida del Doge di Elon Musk. Compresi i gruppi che avevano scommesso su un'era d'oro con Trump: dalla tecnologia alla farmaceutica, dall'immobiliare alla difesa.”

Gli amministratori delegati di marchi dell’alta tecnologia come Ibm e Intel sono scossi dai dazi e dalle “gelate sugli incentivi”.

Mentre i “risparmi rivendicati dal Doge (il dipartimento di Elon Musk) sono stati spesso smentiti dai fatti, ma i tagli sono reali: dalla cancellazione dei contratti “non essenziali” (senza chiare definizioni) a licenziamenti di massa in enti cruciali, quali la Food and Drug Administration, che paralizzano nuovi medicinali. Colossi degli uffici evocano svalutazioni quale ricaduta dell'esodo di dipendenti pubblici.”

Le enormi contraddizioni interne dell’imperialismo americano, tra colossali profitti, crisi economica profondissima e peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle grandi masse, compreso i migranti, Trump prova a scaricarle all’esterno con accaparramento di mercati che significa più guerre.

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