“America nel caos”, titola infatti un articolo del Sole 24 Ore di oggi, e la causa è l’arrivo del fascioimperialista Trump alla presidenza che ha gettato benzina sul fuoco di un’economia mondiale già in profondissima crisi.
La banca d’affari “JP Morgan
porta al 40% le probabilità di recessione”, ma di recessione in arrivo parla lo
stesso Trump che “evoca sacrifici sulla strada di ‘qualcosa di grande’”.
E gli “analisti delle banche”
portano appunto fino al 40% la possibilità di recessione della quale sono
preoccupati oramai “decine di protagonisti della Corporate America” che “hanno
dato fiato ad allarmi, nei commenti sui bilanci e nei documenti depositati alla
SEC, per effetti a cascata non solo di guerre commerciali o retate anti-immigrati,
ma anche di tagli indiscriminati a spese federale e pubblica amministrazione.”
Non bastano i dazi già messi in campo da Trump, ora arrivano quelli che possono fare davvero male alla
produzione, quelli sull’acciaio e l’alluminio: “Nuovi dazi, salvo sorprese date le recenti altalene, sono in arrivo già domani, del 25% su acciaio e alluminio. Il commissario al commercio dell'Unione europea, Maros Sefcovic, ha detto che la Casa Bianca non sembra impegnata per un accordo. Altri sono previsti il 2 aprile, comprese tariffe reciproche universali.”JP Morgan Chase che “guida la
carica del pessimismo tra i colossi della finanza” dice: “Vediamo rischi
materiali di caduta in recessione quest'anno a seguito di politiche estreme.” Chi
più chi meno, dalla Goldman Sachs alla Morgan Stanley, banche d’affari tra le
più grandi del mondo, parlano tutti di recessione in arrivo.
Le aziende americane sono
preoccupate e si fanno sentire: “Paura e incertezza create dallo yo-yo dei dazi
dominano: la US Chamber of Commerce, principale associazione di business, ha
invitato l'amministrazione a retromarce denunciando impennate dei costi … In
affanno sono settori dall'auto, con le sue catene integrate di produzione,
al retail, che dipende dai fornitori globali.”
E anche la “rivoluzione” di Musk
con i suoi mega licenziamenti nella pubblica amministrazione e in altri i campi
viene criticata: “il Washington Post ha censito decine di moniti pubblici di
società sui danni al business dei caotici cambiamenti nei programmi federali,
sotto l'egida del Doge di Elon Musk. Compresi i gruppi che avevano scommesso
su un'era d'oro con Trump: dalla tecnologia alla farmaceutica,
dall'immobiliare alla difesa.”
Gli amministratori delegati di
marchi dell’alta tecnologia come Ibm e Intel sono scossi dai dazi e dalle “gelate
sugli incentivi”.
Mentre i “risparmi rivendicati
dal Doge (il dipartimento di Elon Musk) sono stati spesso smentiti dai fatti, ma
i tagli sono reali: dalla cancellazione dei contratti “non essenziali” (senza
chiare definizioni) a licenziamenti di massa in enti cruciali, quali la Food
and Drug Administration, che paralizzano nuovi medicinali. Colossi degli uffici
evocano svalutazioni quale ricaduta dell'esodo di dipendenti pubblici.”
Le enormi contraddizioni interne dell’imperialismo
americano, tra colossali profitti, crisi economica profondissima e
peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle grandi masse, compreso
i migranti, Trump prova a scaricarle all’esterno con accaparramento di mercati che
significa più guerre.
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