Ci occuperemo con una analisi dettagliata di ciò che sta succedendo nei vari stabilimenti della Stellantis dove, in particolare, interverremo direttamente con un presidio, con delle iniziative alla Stellantis di Melfi e a quella di Mirafiori.
La crisi dell'automobile mondiale si estende, la Volkswagen annuncia chiusure di di stabilimenti in Germania trovando subito l'immediato no dei sindacati, così come il gruppo Stellantis è sotto attacco anche negli Stati Uniti, dove gli operai pensano a un nuovo sciopero.
Nel nostro paese gli incontri e gli scontri tra il management della Stellantis e il ministro Urso sono state pure chiacchiere, o meglio, dietro le chiacchiere, c’è la sostanza che il piano della Stellantis marcia a tappe forzate.
La produzione è crollata in tutti gli stabilimenti del paese e sono finora 3000 gli operai che hanno perso il lavoro in varie forme in quest'ultimi tempi. Lo stabilimento di Melfi, ad esempio, ha visto crollare
drasticamente i volumi produttivi del 2024 passando da 99.085 vetture a 56.935. Questo calo ha già messo in ginocchio l'intero indotto che si trova a fronteggiare licenziamenti e cassa integrazione.La transizione verso l'elettrico in realtà è un cammino pieno di licenziamenti e di attacchi alle condizioni dei lavoratori. D'altra parte la Stellantis lo ha messo in chiaro: privilegia i mercati e i modelli che gli diano una possibilità di profitti e questo avviene in altri paesi. Invece negli stabilimenti italiani abbiamo dei numeri che preoccupano i lavoratori. A Cassino si è passati da una produzione di 30.000 vetture a 18.000, a Mirafiori da 52.000 a 18.000, a Modena da 600 a 160. L'unico stabilimento dove attualmente la situazione sembra meno negativo è quella di Pomigliano.
Dal 2014 ad oggi sono 11.500 i lavoratori diretti usciti dagli stabilimenti italiani di Stellantis di cui 2800 dagli enti centrali. Nel 2024 sono previste ulteriori 3800 uscite incentivate che in realtà sono licenziamenti mascherati a cui vanno aggiunti gli oltre 3000 lavoratori in somministrazione che risultano già licenziati a giugno 2024.
Siamo di fronte da un lato a un piano internazionale di Stellantis che privilegia gli stabilimenti dove può avere massimi profitti, dall'altro un piano in Italia che è di ridimensionamento obiettivo, tant'è vero che il governo con il ministro Urso ha spesso minacciato che è necessario in Italia far entrare una nuova industria automobilistica, in particolare un gruppo cinese. Ma è Stellantis stessa che ha deciso di fare un accordo per la vendita in Italia di macchine cinesi della Leapmotor.
Quindi gli effetti di questa crisi e di questo scontro mondiale che avviene nell'auto vengono scaricati sugli operai e i lavoratori.
I lavoratori sono sotto ricatto. Stellantis vuole trasferirne una parte direttamente in Polonia e chiaramente gli operai come possono rispondere a questa richiesta dell'azienda? La stampa parla anche di operai disponibili ad accettare perché meglio avere un salario anche in Polonia che rimanere in cassa integrazione e, in prospettiva, rimanere in esubero in Italia. Ma la linea che occorre opporre è quella che i sindacati confederali finora non hanno opposto, vale a dire unire tutti gli stabilimenti in una lotta reale che punti alla tutela reale del lavoro, del salario, con lo sciopero. Senza lo sciopero unitario dei lavoratori della Stellantis non si possono mettere in discussione i piani del padrone né tantomeno si riesce a cambiare l'orientamento del governo che dice una cosa ma nella sostanza finora ha fatto provvedimenti sotto dettatura richiesti dalla Stellantis.
Ora si tratta in qualche maniera di costruire l'autonomia operaia rispetto alla linea che viene proposta dai sindacati tutta spostata nelle richieste di incontri al governo, tutta spostata nel coinvolgere le amministrazioni regionali in piani che sono praticamente di pilotaggio delle fuoriuscite dalla Stellantis. Invece della lotta per difendere il lavoro e salario nella crisi, la linea è quella di collaborare col governo e in particolare affidare il destino dei lavoratori alle regioni e ai loro piani che sono sostanzialmente di aiutare la dismissione in atto nelle fabbriche.
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