Titola il manifesto di martedì 10: “Tutti a scuola, ma
non a Gaza. 11.500 mancano all'appello. Istituti bombardati, studenti e
insegnanti uccisi. Inizio dell'anno da incubo nella Striscia”.
Mentre aprono le scuole nel nostro paese - su cui faremo altri articoli di denuncia della situazione sia dello stato
delle scuole ma ancor più oggi dello stato della cultura che si insegna a
scuola, dei piani didattici all'insegna del ministro Valditara, un ministro
reazionario, fascista e post fascista, che vuole portare la nostra scuola
nell'ambito di una scuola di regime - noi diciamo agli studenti, agli
insegnanti, alle masse interessate al problema della scuola: nelle scuole si
dovrà parlare della Palestina? dovrà essere il genocidio in corso in Palestina
uno dei temi su cui si formano e si educano gli studenti, le nuove generazioni?
O bisogna voltarsi dall'altra parte, dato che siamo in un paese imperialista?
Di tutto questo non si deve parlare?
A Gaza, in un quadro di un genocidio in corso di oltre 40.000 morti, di 100.000 feriti, di 1 milione di profughi, cacciati dalle loro case, rinchiusi e continuamente bombardati, siamo di fronte al disastro del
sistema scolastico che brucia di più nei giorni in cui anche i bambini e le ragazze della Striscia avrebbero dovuto avere il diritto a tornare sui banchi.“Sono 625.000 i bambini che stanno perdendo il secondo
anno consecutivo a cui vanno aggiunti 45.000 che nel frattempo hanno compiuto 6
anni e avrebbero dovuto frequentare la prima elementare, ma hanno perso case,
familiari, amici, hanno perso la loro sicurezza, la routine, il rifugio, gli
stimoli forniti dalla scuola dice la direttrice di Unicef - Il 90%
dell'edilizia scolastica risulta distrutto. Solo nell'ultimo mese si contano 16
scuole colpite. E sono 750 i morti tra gli impiegati a vario titolo. Nel
comparto dell'educazione migliaia di feriti. Il dato più impressionante
riguarda però i giovani in età scolare che mancano all'appello: 11.500 uccisi
dal 7 ottobre a oggi, secondo il ministro della Sanità di Gaza, decine di
migliaia quelli che hanno subito ferite fisiche e psicologiche”.
Lo stato delle scuole, dei ragazzi, dei bambini della Palestina
dovrebbe essere uno dei temi fondamentali nella riapertura delle scuole e per
tutti i coloro che nelle scuole non vogliono girare la testa dall’altra parte.
Sono i vostri fratelli, sorelle palestinesi, ragazzi come
voi che, invece di poter fare una vita “normale” sono sotto le bombe e muoiono
come mosche e il loro presente e il loro futuro gli viene negato.
Noi pensiamo che all'inizio della scuola, le prime mobilitazioni debbano essere dedicate alla solidarietà con la Palestina, alla solidarietà con i bambini e i ragazzi palestinesi.
Ebbene, noi pensiamo che le
prossime iniziative, pensiamo a quella di sabato a Taranto, pensiamo a Milano,
pensiamo agli appuntamenti che si vanno costruendo sul fronte delle scuole, non
facciamo una denuncia generica che non è mai generica, dato che denunciamo un
genocidio, concentriamoci nel fornire agli studenti gli elementi perché
comprendano quello che succede agli studenti come loro, ai bambini, ai ragazzi,
alle ragazze in Palestina. Che riprenda il movimento degli studenti soprattutto
nelle università, per boicottare i legami cosiddetti “culturali” ma che in
realtà sono diplomatici, politico-militari, con lo Stato di Israele. Tanti
studenti hanno occupato scuole e hanno contestato i rapporti tra le università
e lo Stato di Israele a tutti i livelli, oltre che con l'industria bellica che
sappiamo bene essere peraltro strettamente legata nel sistema mondiale
dell'imperialismo all'industria bellica israeliana.
Caratterizziamo la riapertura delle scuole, nelle sue prime
settimane, portando dentro la Palestina e chiamando gli studenti ad esprimersi
e a partecipare alle iniziative.
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