pc 12 marzo - La lotta alla FCA di Pomigliano mostra cos'è il moderno fascismo padronale - all'interno del regime moderno fascista del capitale - La lotta sindacale in queste condizioni deve diventare guerra di classe e resistenza in forme di lotte e di organizzazione diverse dal sindacato tradizionale anche di base
Lo Stampaggio è un reparto
di circa quattrocento operai che lavorano su tre turni per cinque
giorni alla settimana. In passato, in concomitanza di picchi di
richiesta di auto da parte del mercato, lavoravano anche qualche sabato,
in “straordinario”. E’ un reparto che ha sempre lavorato anche perché
non produceva solo per le Panda, ma anche per altri stabilimenti,
compreso quello, super produttivo, di Atessa dove si producono furgoni.
Negli ultimi dieci anni questi operai hanno fatto poca cassa
integrazione e sono stati coinvolti solo relativamente nei “contratti di
solidarietà”, come quelli del Montaggio, mentre più di
duemilacinquecento operai perdevano più di 40.000 euro per gli
ammortizzatori sociali.
Ad un certo punto, la
FIAT, applicando una clausola contrattuale del contratto separato
firmato da Fim Uilm Ugl Fismic e Unione quadri, ha portato i turni da 15
a 18, con il recupero del lavoro di sabato in un giorno a rotazione
infrasettimanale. Praticamente ha tolto la possibilità di lavorare in
“straordinario” e conseguentemente, ha tolto la possibilità di
guadagnare qualcosa di soldi in più agli operai.
Lo stesso tipo di
operazione, per conseguenza, l’ha fatta negli altri reparti, portando i
turni da 10 a 12, con le stesse condizioni.
Gli operai dello
Stampaggio si sono messi in sciopero con la copertura sindacale della
FIOM che, nel reparto, ha una esigua minoranza di iscritti rispetto ai
“firmatari”.
Lo sciopero, che ha
coinvolto due turni su tre, perché uno non ha mai scioperato, ha portato
nel giro di due giorni al blocco della produzione negli altri reparti e
sicuramente problemi anche agli altri stabilimenti che dipendevano
dalle produzioni di Pomigliano.
Rispetto a questa
situazione, la FIAT, come al solito, ha risposto a muso duro, negando
anche la possibilità di discutere e ha sguinzagliato tutto quello che
aveva a disposizione per piegare gli operai.
La fabbrica è diventata
una caserma. All’interno i “vigilanti” hanno sistematicamente vietato
che gli operai dello Stampaggio entrassero in contatto con quelli degli
altri reparti. I capi, insieme ai sindacalisti “firmatari”, hanno
iniziato una campagna di “persuasione” nei confronti degli operai dello
Stampaggio telefonando, o contattando personalmente ognuno, per
convincerli a desistere. “Togliti da mezzo altrimenti alla fine sei tu
che paghi”, il succo della “persuasione”. Quelli individuati come i
promotori hanno avuto pressioni più esplicite. Alcuni operai si sono
trovati con “vigilanti” costantemente vicini mentre erano in fabbrica.
I sindacalisti “firmatari”
hanno volantinato contro lo sciopero. I loro dirigenti nazionali hanno
fatto a gara a denunciare il comportamento “irresponsabile” dei
“facinorosi” e la politica disfattista della FIOM che avrebbe avuto
conseguenze gravi per la sopravvivenza dello stabilimento proprio nel
momento in cui la FIAT “stava per partire” (?) con il piano per l’auto
elettrica anche a Pomigliano.
Le dichiarazioni di
costoro sono state riprese dalla stampa e nei salotti televisivi, e sono
diventati il fulcro di tutti gli interventi degli “addetti ai lavori”
sulla questione.
All’esterno dello
stabilimento la polizia è diventata una presenza costante e ogni volta
che il gruppo del SI COBAS di Mignano è intervenuto a sostegno degli
operai in sciopero ha identificato tutti i militanti con la scusa che
quella era “occupazione di suolo privato”.
La FIOM, sotto il fuoco di
tutte queste pressioni, non ha retto e ha sospeso lo sciopero. Ma
l’attività repressiva non si è calmata. Sabato 9 marzo, ad una settimana
dagli eventi, la FIOM ha convocato un’assemblea all’interno per
discutere con gli operai il da farsi. Troppo tardi. Le contromisure
dell’azienda avevano già raggiunto lo scopo: fermare gli operai. Alla
presenza dei capi in completo assetto a bordo campo si sono tenute le
assemblee. Gli operai hanno capito il clima. Nelle prime due nessuno ha
più parlato di scioperi e nell’ultima non si è presentato quasi nessuno.
Molti iscritti FIOM degli altri reparti si sono trovati stranamente in
“contratto di solidarietà” proprio nel giorno dell’assemblea, quando non
gli toccava.
Un piccolo gruppo di
operai si è messo in sciopero perché di fronte ad un aumento dei carichi
di lavoro ha reagito. “Se devo sacrificare il sabato voglio più soldi”.
Questa è stata la loro semplice constatazione.
Non hanno discusso i tre
miliardi che gli azionisti si sono messi in tasca in questi giorni. Non
hanno messo in discussione i ritmi elevati, le pause ridotte, il consumo
fisico che lavorare a questi ritmi provoca nel corpo. Non hanno messo
in discussione i privilegi di quelli che vivono bene sulle loro spalle.
Hanno fatto una semplice richiesta sindacale: Per più lavoro più soldi.
Per solo questo, tutto il
sistema dei padroni si è mobilitato. Anni di mistificazioni sul concetto
“siamo tutti cittadini con gli stessi diritti”, non ci sono differenze,
sono saltati in un attimo.
Tutti quelli che non
lavorano, che non producono niente, ma vivono sulle spalle del lavoro
operaio si sono mobilitati. Gli azionisti, i dirigenti, i capi, i
sindacalisti filo aziendali, la stampa, le istituzioni.
Tutti costoro sono corsi in aiuto di quelli che comandano in questo sistema: i padroni.
Nessun commento:
Posta un commento