sabato 24 agosto 2019

pc 24 agosto - Sicilia: 87 rinviati a giudizio dal tribunale di Termini Imerese, per attentato ai diritti politici e corruzione elettorale

Sono ben 87 (solo in questa inchiesta, poi ce ne sono tante altre) rinviati a giudizio per corruzione elettorale e “In cima alla lista c’è il vecchio stato maggiore della Lega in Sicilia”.

L’eterno Cuffaro, Aricò (del partito dell’attuale presidente della Regione Musumeci), Caputo (e il fratello) con un passato da fascista del Msi, Cordaro (Musumeci presidente) … insomma politica-mafia-corruzione…

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La procura di Termini Imerese vuole processare politici e amministratori del Palermitano
Voto di scambio, chiesto il giudizio per 87
Coinvolti sindaci ed ex sindaci. E leader come Aricò, i fratelli Caputo, Cordaro e Cuffaro
Le accuse sono di attentato ai diritti politici e corruzione elettorale, in aula il 4 dicembre

In cima alla lista c’è il vecchio stato maggiore della Lega in Sicilia. A partire dall’ex deputato regionale Salvino Caputo e dal fratello Mario, che il capo della Procura di Termini Imerese, Ambrogio Cartosio, non aveva esitato a definire “prestanome” del ben più noto congiunto quando si era candidato con la lista Noi con Salvini alle elezioni regionali del 2017. E per riuscire ad ottenere un posto all’Ars, i salviniani siciliani Alessandro Pagano e Angelo Attaguile avrebbero prima creato un escamotage per ingannare l’elettore, scrivendo nei manifesti solo il cognome con la dicitura “detto Salvino”, poi un sistema di corruzione basato sulla promessa di un posto di lavoro in cambio del voto. Un modus operandi che sarebbe stato perpetrato pure a favore dell’ex sindaco di Gangi, Giuseppe Ferrarello, candidato non eletto nella lista Movimento dei Territori per Micari Presidente, ma anche nelle successive elezioni comunali di Termini Imerese vinte da Francesco Giunta, poi dimessosi perché travolto dalle accuse dell’indagine, compresa quella di peculato per avere usato l’auto blu “al fine di recarsi da una donna con la quale aveva rapporti sessuali”.

Questi sono i punti cardine dell’inchiesta “Voto Connection”, per cui il pm Annadomenica Gallucci
ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti di 87 persone, perlopiù indagate a vario titolo di attentato ai diritti politici del cittadino e corruzione elettorale. 
Per loro è stata fissata l’udienza preliminare, che si terrà il 4 dicembre davanti al gip del Tribunale di Termini Imerese, Claudio Emanuele Bencivinni. In quella sede potranno costituirsi parte civile i tre enti pubblici individuati come parte offesa: la Regione siciliana, i Comuni di Termini Imerese e Gangi.
Chiesta l’archiviazione per Gioacchino Sanfilippo di Trabia perché il fatto non sussiste, gli avvocati Francesco Paolo Sanfilippo e Michela Tricomi sono riusciti a dimostrare che non aveva promesso il proprio voto a Loredana Bellavia, candidata al Consiglio comunale di Termini Imerese e dirigente scolastico, in cambio del superamento degli esami del figlio. Così come per Giuseppe Di Blasi ma per la tenuità del fatto, l’attuale consigliere comunale termitano di Fratelli d’Italia, che alle ultime regionali era candidato nella lista Alleanza per la Sicilia, aveva sì promesso ad Agostino Rio, il dipendente comunale accusato pure di assenteismo da cui si dipana la ragnatela dell’inchiesta, che “avrebbe trasferito o, comunque, fatto traferire, dalla biblioteca comunale di Termini Imerese tutti i dipendenti comunali non graditi”, ma “limitandosi ad annuire con la testa e con qualche battuta”.
Altri sette indagati, tutti termitani, accusati di avere ottenuto o accettato la promessa di un posto fisso dopo le elezioni, hanno chiesto la messa alla prova subordinata alla prestazione di un lavoro di pubblica utilità: Giulio Fortino, Francesca Egiziano, Agostino Lo Presti, Filippo D’Angelo e Giovanni Lo Cascio. Così come hanno fatto Antonino e Giuseppe Amodeo, padre e figlio, una volta sostenitori dell’ex senatore Beppe Lumia per poi passare tra le file di Totò Cuffaro.
Quante promesse. Che bastano per configurare il voto di scambio. E se poi si concretizzano è ancora peggio. Come quelle che avrebbe fatto l’assessore regionale al Territorio e ambiente Toto Cordaro, il quale, “sia prima che dopo l’elezione di Francesco Giunta, più volte assicurava ad Agostino Rio il mantenimento della promessa di assunzione” come corriere di tale Giuseppe Pileri, cognato del genero Giacomo Carlisi; oppure il capogruppo di Diventerà Bellissima all’Ars, Alessandro Aricò, che il posto, sia pure come tirocinante, lo avrebbe fatto ottenere al figlio del consigliere comunale termitano Michele Galioto.
E ancora il ruolo che avrebbe assunto l’ex governatore Totò Cuffaro per fare eleggere a Sala d’Ercole il suo pupillo Filippo Maria Tripoli, attuale sindaco di Bagheria e candidato non eletto nella lista Popolari e autonomisti. “Dal contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate si evinceva che il Cuffaro è ancora uno degli esponenti politici del territorio siciliano capace di far confluire voti in favore dei candidati da lui individuati”, scrive il capitano Federico Minicucci, comandante della Compagnia dei carabinieri di Termini Imerese, che ha condotto l’attività investigativa di “Voto Connection”. Considerazioni che l’ex presidente della Regione smentisce: “So che è reato promettere posti di lavoro in cambio di voti e so di non aver promesso nessun posto di lavoro all’Ars e so anche di non avere nessun potere”.
La difesa dei fratelli Caputo, invece, è stata incentrata sulla condotta trasparente della campagna elettorale. “Effettivamente il candidato era Mario”, è stata la linea difensiva, corroborata da numerose immagini che testimonierebbero come non si sarebbe nascosto agli elettori, partecipando ai comizi pubblici. Salvino e Mario Caputo erano stati sottoposti agli arresti domiciliari, misura poi annullata in quanto è stato ritenuto che la loro condotta, pur essendo dimostrata, non configuri un reato.

Giornale di Sicilia
23 agosto ’19

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